Mese: Aprile 2018

Copra-mesèrje

Copra-mesèrje s.m. = Soprabito

Significato letterale: copri-miseria.

Così spiritosamente, compatibilmente con le condizioni di indigenza in cui realmente si viveva, era chiamato un qualsiasi soprabito o cappotto o pastrano che si indossava d’inverno.

Il vestito di sotto spesso era lacero o rattoppato, perché le condizioni di miseria purtroppo non consentivano l’acquisto di altri capi d’abbigliamento.

Il lodato copra-mesèrje nascondeva pietosamente tutto e con quello si poteva ostentare una certa dignità nella povertà, almeno all’apparenza..

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Còppela-ròsse

Còppela-ròsse  sop. = Coppola rossa = Berretto rosso.

Era, per antonomasia, il Capo-stazione delle ferrovie.

Il nostro soprannome si riferisce al proprietario di un’osteria-cantina

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Còppe ‘u ujinde

Còppe ‘u ujinde top. = Altura del vento

Toponimo indicante una località a pochi km da Siponto in direzione Foggia, praticamente all’innesto della nuova SS 89 per Foggia.

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Conza-piatte 

Conza-piatte s.m. = Conciapiatti

Persona che per mestiere riparava non solo i piatti, come si evince dal termine, ma ombrelli e altri piccoli oggetti.

Deriva da cunzé = conciare, aggiustare e piatte, di chiaro etimo.

E’ diventato soprannome da mestiere.

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Contramalùcchje

Contramalùcchje s.m. = Amuleto, talismano, portafortuna

Contramalùcchje = contro il malocchio.

Piccolo oggetto da portare sulla persona, creduto, per superstizione, capace di proteggere da mali o da pericoli e per propiziarsi la fortuna.
Da noi specificamente ha la funzione di difenderci dall’altri invidia.

Per esempio:
-il sinuoso cornetto rosso usato come ciondolo o quello mignon d’oro attaccato alla collanina (che è blasfemo quando viene messo assieme ad un’immagine sacra);
-la mandorla doppia “siamese”, cioè attaccate alla base e somigliante a un paio di mammelle appuntite;
-un rostro mobile della chela di favollo (‘a pelöse);
-un paio di corna di ariete fissato sull’architrave dell’ingresso principale delle case di campagna;
-il ferro di cavallo attaccato all’uscio di casa;
-il vistoso corno di vacca, fissato a una base di legno che fa bella mostra di sé nelle case antiche, con un nastrino rosso annodato a fiocco alla sua base o a metà lunghezza; ecc. ecc.

In emergenza, in assenza di questi oggetti, per contramalucchje bastava “fare le corna” con una mano nascosta.
I maschietti ricorrevano ad una veloce grattatina sui “paesi  bassi”, capisci a me.

Quando si riceveva un complimento, temendo che costui o costei  lo facesse per invidia, prontamente si facevano le corna con la mano.   Sapendo l’andazzo, la pesona cerimoniosa terminava il complimento con un bel “benedüche“. dimostrando la buona fede. 

La nostra generazione è smaliziata e non corre più dietro a queste sciocchezze (almeno spero!).

Mi scompisciai dalle risate quando all’età di otto anni, razionalmente, chiesi a mia madre che cosa significasse quel corno lucido e nero che faceva in bella mostra di sé sopra il bordo dell’intavolato divisorio. Ella con un bell’italiano, impensabile per l’epoca pre-televisiva, citò un distico endecasillabo assonante che mi si è attaccato nella memoria, e che mi fa sorridere tuttora quando ci penso:
“Contro l’invidia della mia fortuna,
prendo ‘sto corno: glielo ficco in cu…..!”

Chissà dove lo aveva appreso!

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Conghe

Conghe s.f. = Tinozza, mastello, bagnarola, conca.
tinozza
Recipiente di ferro zincato, o di legno o di altro materiale usato generalmente per fare il bucato a mano o anche per fare il bagnetto ai bambini.

In dialetto era usato anche il termine tüne = tina.

Tènghe da fé ‘na conghe de pànne = Ho da lavare un’intera tinozza di biancheria.

Da jogge ca stéche ‘mbacci’a ‘nna conghe de panne = È da questo pomeriggio sono impegnata su un mastello di panni (da lavare)

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Còmete 

Còmete = Recipiente

Contenitore per raccogliere generalmente i liquidi da trasportare.

Si tratta di un sinonimo di mercjöne.

Esempio: Ha purtéte ‘u còmete? E mo’ add’jì ca t’agghja mette ‘u làtte? = Hai portato il recipiente? E adesso dove ti debbo versare il latte?

Deriva da comodo?

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Colocènze

Colocènze s.f. = Tregua

Alla lettera significa “con licenza”.

Veniva pronunciato da uno dei partecipanti ai giochi fanciulleschi, per sospendere una pena, o un inseguimento. Qualche bimbo pronunciava anche calocènze!

Si dichiarava il colocènze ad alta voce, in modo che anche gli altri bimbi potessero sentire la richiesta di scuse per l’errore commesso nello svolgersi del gioco.

Si evidenziava così l’inintenzionalità, la mancanza di dolo.

I bambini stabiliscono le regole e le seguono scrupolosamente. Cosa che i grandi, specie gli uomini politici, non sempre lo fanno.

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Cöla-cöle 

Cöla-cöle s.f. = Gazza
gazzaLa Gazza (Pica pica, o Pica hudsonia) è un uccello comune dal piumaggio nero e bianco, che si nutre di frutti, ragni, insetti, ma anche di uova e nidiacei di altri uccelli.

Viene detta Gazza ladra perché, come molti rapaci, è attratta da oggetti luccicanti e anche per la sua abitudine di depredare i nidi di altri volatili.

Vive in spazi aperti, ma da qualche lustro si spinge anche nei centri abitati alla ricerca di cibo e non è per niente spaventata dalla presenza umana.

Un po’ come fanno i gabbiani che si vedono ora numerosi nelle discariche ubicate molti km all’interno della costa. Evidentemente perché per loro è più facile reperire il cibo nell’immondezzaio, anziché procurarselo, tuffandosi reiteramente in mare, alla ricerca di qualche pesciolino.

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Cogna-lapps

temperamatite-metallo-1fCogna-lapps s.m. = Tempera-matite.

Un oggettino utile. In loro assenza si faceva ricorso al temperino (‘u curtellózze) e adesso al taglierino.

Non mancava mai dall’astuccio di legno con il coperchio a slitta, dove riponevamo la penna, la matita, la gomma e il temperalapis.

Il termine deriva da cugné, rendere appuntito come un cuneo, e da lapps = lapis, matita.

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