Mese: Gennaio 2019

Oh fìgghje!

Oh fìgghje! escl. = Oh, figlio!

Variante: Uh, fìgghje müje! o anche Códdu fìgghje!, o Figghjarjille! (femm. figghjarèlle!)

È un’esclamazione propria di affetto, di solidarietà, rivolta verso qualcuno che si è fatto male o che si lamenta per qualche torto ricevuto.

Se il frugoletto, cadendo, comincia a frignare (anche se non si è sbucciato alcun ginocchio), la mammina lo solleva, lo abbraccia premurosa e gli sussurra con voce lamentosa: Oh fìgghje!.
Segue un cerimonia consolidata:
a) un bacio taumaturgo sulla parte dolorante che rimuove istantaneamente qualsiasi sofferenza anche futura:
b) una dose vendicativa di pedate al pavimento “cattivo” colpevole di aver provocato il ruzzolone con accompagnamento vocale : “Tèh, tèh!, Cattiiivo!””

Talvolta l’esclamazione diventa uno scherno, per beffeggiare gli adulti che si lamentano per ogni minima contrarietà che la vita riserva a tutti i viventi.

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Mariandò, ‘u tarramöte!

Mariandò, ‘u tarramöte!

Questo Detto descrive una situazione tragicomica.
Una certa Maria-Antonia era una persona tranquilla, posapiano, impassibile davanti a qualsiasi situazione di emergenza o emotive.  Insomma una persona dal connaturato sangue freddo.

Si narra che un familiare della nostra eroina, nel mettersi in salvo mentre era in corso un terremoto, avesse urlato – per avvertire la congiunta del rischio che si correva rimanendo in casa –  la fatidica frase: «Mariandò, ‘u tarramöte!» = Maria-Antonia, (mettiti in salvo perché sta facendo) il terremoto!

Per tutta risposta ebbe un laconico: «Mò, mòoooo…» = Adesso vengo, aspetta un attimo, non darmi fretta…..

Nella lentezza della replica, quel Mò, mòoooo… forse voleva esprimere un concetto un po’ più articolato, come ad esempio: « Ho capito, va bene, adesso cerco il modo più agevole per mettermi al riparo dal pericolo imminente causato dal sisma».
Ovviamente senza punti esclamativi!

Così quando si chiede rapido soccorso, una mano d’aiuto per un’emergenza, e l’interlocutore si mostra smarrito perché non ne comprende immediatamente l’urgenza, o perché non sa che pesci pigliare, si ricorre spazientiti al breve enunciato, a domanda e risposta  : «Mariandò, ‘u tarramöte!…..Mò, mò!».

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Prèsèndatàrme

Presèndatàrme s.m. = Rimprovero solenne, rimbrotto

È ben noto il significato letterale. di questo Comando militare alla voce, con cui si ordina ai soldati inquadrati di “presentare le armi” (da fuoco per la truppa e la sciabola per i graduati) in segno di onore e saluto. «At-tenti! Ri-poso! Presentàt-arm!»

Nella nostra parlata ‘u presèndatàrme  per l’imperiosità della voce, assume un significato di rimprovero verbale molto forte, un vero e solenne cazziatöne fatto in pubblico.

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Mafìsce

Mafisce escl. = Finito, terminato

Si usa questo bisillabo, dall’arabo māfīš; per dire “non ce n’è più, è finito tutto, terminato” prillando la mano con l’indice e il pollice distesi.

Si riferisce a cibo o ad altro quando perviene una richiesta fuori tempo massimo.
Mafìsce, ne’nge sté cchjó nnjinde!  = Finito, non c’è sta più niente!

Talora si usa anche l’espressione  finish! una contrazione dell’inglese finished = finito, ultimato, esaurito.

A volte in silenzio, basta il solo gesto del polso per indicare che non ci sono residui….

 

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Pöte

Pötes.m. s.f. v. intr.= Piede, potatura, può

1 – Pöte – al maschile significa semplicemente piede, riferito sia  a quello umano, sia a vari oggetti (pöte ‘u ljitte = piede del letto, pöte-u-vrascjire = piede del braciere, ecc.)

2 – Pöte – al femminile (‘a pöte o anche ‘a putatüre) indica l’operazione di sfrondatura delle piante coltivate (olivi o da frutta) allo scopo di accrescerne la resa.

3 – Pöte – Con lo stesso suono si indica la terza persona singolare del verbo putì, potere.  Ad esempio:
Giuanne nen pöte venì jògge= Giovanni non può venire oggi.
Mamme nen pöte mangé ‘a frettüre = mia madre non può mangiare la frittura (peccato!)

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Passé ‘a revìste

Passé ‘a revìste loc.id. = Perquisire

Alla lettera significa “passare la rivista” ma non nel senso di porgere un “magazine”, un rotocalco…

Si avvicina di più – per assonanza – a rovistare, frugare. Questi due verbi si riferiscono all’ispezione condotta su oggetti o in ambienti (bauli, scantinati, soffitte, campi, armadi, ecc.)

Specificamente passé ‘a revìste significa perquisire, cioè ricercare sulla singola persona oggetti indesiderati (armi, droga, lame, esplosivi o altro) prima di ammettere l’ingresso in luoghi sicuri.

L’ho sperimentato al “servizio di sicurezza” dell’Aeroporto di Palese:  al mio passaggio si è acceso l’allarme del metal detector perché distrattamente non avevo cavato le bretelle. Subito un Agente (armato) mi ha invitato a seguirlo e in un altro vano mi ha passéte ‘a revìste, palpeggiandomi dappertutto….
Assicuratosi che non ero un terrorista, perché senza le bretelle addosso il metal detector non dava alcun segnale, mi ha permesso l’ingresso al gate.

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