Autore: tonino

Cannarüte

Cannarüte agg. = Famelico, vorace, goloso

Deriva da “canna”, il tubo dell’esofago che porta il cibo dalla bocca allo stomaco, evidentemente ben funzionante.

Il termine, alla lettera, significa dotato di ottima canna, intesa come la “gola” del goloso.

Cannarüte è riferito al mangione nel senso di famelico, ingordo, insaziabile.
Per i golosi di dolciumi esiste un aggettivo specifico: Cianguljìre

Le nostre mamme bonariamente asserivano che noi monelli avevamo la “canna longhe accüme ‘i scöpe felìnje“.
Tuttavia ci assecondava, giustificando il fatto che avevamo la “canna lunga” (nel senso di essere insaziabili), paragonando la dimensione della nostra “canna” a quelle palustri, che producono quel pennacchio usato per fabbricare le scope morbide, adatte a raccogliere le ragnatele.
Potenza di sintesi del nostro dialetto!

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Cannarüle

Cannarüle s.m. = Trachea, o anche esofago, fauci.

Accettabile anche la versione canarüle, con una sola “n”

Termine anatomico che deriva da canna.

Si intende sia la trachea che porta aria ai bronchi, sia l’esofago che porta cibo dalla faringe allo stomaco.

Il dialetto non fa troppe distinzioni, sempre “canne” sono.

Cannarüle è inteso prevalentemente come organo anatomico.
Ad esempio: Japrì ‘u cannarüle du caprètte = scannare, aprire (recidere) la trachea del capretto.

Si può dire anche ‘nganne e cannarùzzele specie in modo scherzoso, per indicare la gola in senso gastronomico, come il romanesco gargaròzzo.

‘U sàcce ca te piéce a mené jind’u cannaruzzele! = Lo so che ti piace mangiare e bere!

Un soggetto goloso è detto cannarüte, sinonimo del più noto cianguljire.

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Canìgghje

Canìgghje s.f. = Crusca.

Buccia di frumento separata dalla farina mediante il buratto (detto anche staccio).

Era usata dai contadini per fare il “pane canino” (da cui il nome).

Questi pane ammorbidito con brodaglie, era il cibo dei cani domestici, allevati in campagna per la guardia e per la caccia.

Ora la crusca sta tornando inaspettatamente in auge dopo che era stata per tanti anni vilipesa.

Usata in panetti “krusken” per favorire le funzioni intestinali e per confezionare il pane integrale, molto richiesto dalle signore che intraprendono la dieta dimagrante.

Deriva dal sostantivo maschile latino canicæ, che significa proprio crusca.

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Cangèlle

Cangèlle s.f. = Biscotto salato

Si tratta di una variante dei scavetatjille. 

Gli scaldatelli sono dei cerchietti, dal cannello di cm 1,5 di diametro.

Invece i gambi delle cangèlle non superano il centimetro di diametro, sono incrociati come una grata, un cancelletto ( # ) e si saldano al cerchio del biscotto, formato anch’esso dal cannello più sottile, della stessa misura.

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Cangé l’acque ai vulüve

Cangé l’acque ai vulüve loc.id. = Cambiare l’acqua alle olive.

Nulla a che vedere con la salamoia (←clicca) che periodicamente si sostituisce alle olive da tavola, per eliminarne l’amaro naturale e renderle commestibili.

È un eufemismo per dire che si ha bisogno di fare pipì…

Al Nord non sanno nemmeno come si conciano le olive da tavola e perciò per loro la frase, alla lettera, sembra misteriosa.

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Canganètte

Canganètte s.m. = Vite a legno

Termine meccanico: vite a gancio o vite a “L”.

Venivano fissate agli stipiti degli infissi di legno per sostenere il bastoncello delle tendine. Sono di varie misure, da 2 cm a 10 cm e più.

Viene usato indifferentemente anche il sostantivo maschile cagnulètte. 

Ora esistono in commercio le meravigliose viti a espansione (a “elle”, o a occhiello, o a gancio) con tassello di gomma o di materiale plastico, detti fischer dal nome dell’inventore tedesco Artur Fischer  .

Alcuni  li chiamiamo sempre ‘i canganètte o cagnulètte. Altri adattandone la pronuncia del termine tedesco fisher, li chiamano fìsce

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Canelöre

Canelöre s.f. = Candelora

Festa Cattolica della Presentazione di Gesù al Tempio e della Purificazione di Maria, che cade il 2 febbraio, in cui si svolge la tradizionale benedizione delle candele. Se li contate sono proprio 40 giorni dopo Natale.

Presso gli Ebrei la donna finché non avesse ripreso regolarmente il ciclo mestruale dopo il parto, era considerata “impura”. Quindi, alla ricomparsa delle mestruazioni, andava al Tempio “purificata” a presentare il neonato.

Seguendo i rituale, lasciava in dono una tortora (ora sostituita con una candela) da offrire a Dio. Se il primogenito era maschio, il bambino, secondo la Legge di Mosè, veniva consacrato al Signore.

Anche da noi fino agli anni ’50 la puerpera restava in casa fino al 40° giorno dal parto. Difatti non presenziava mai al Battesimo del neonato, che avveniva dopo pochi giorni, e perciò era rappresentata dalla “vamméne” = levatrice, la quale, per questo motivo, era universalmente chiamata cumméreCommére Marüje, cummére Verèlle, ecc.

Ho sentito pronunciare anche cannelöre, con due ‘n’, da cannöle= candela, e anche ‘ngannelöre, forse perché il giorno successivo si festeggia San Biagio, protettore della gola.

Infatti, con le candele benedette il giorno della Candelora, il sacerdote fa un segno sulla gola per invocare la protezione del Santo, a salvaguarda dell’apparato laringo/faringeo.

Per spiegare che quel giorno si riceve con la candela quel segno in gola, si dice ‘ngànne= in gola, e da qui ‘ngannelöre.

Forse non è così, ma a me pare una spiegazione logica, e sinceramente mi garba.

Recentemente l’amico Matteo Borgia 2° ha composto una graziosa poesia per questa ricorrenza.
Cliccate qui 

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Recöne (alla)

Recöne (alla)  sf = Angolo, riparo.

Deriva dallo spagnolo recòn = angolo, e si pronuncia tale e quale.

Vòtte ‘u vinde jògge! Mettìmece alla recöne!” = Tira vento oggi! Poniamoci al riparo (dietro l’angolo)

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Candöne 

Candöne s.m. = Angolo di edificio

Si dice quando qlcu è fermo all’angolo della via, a ridosso di una casa: sté allu candöne, o a pìzze candöne o a pònde candöne.

Secondo me tutte le locuzioni si equivalgono salvo piccole differenze che si evincono più chiaramente dal contesto della frase detta.

Per esempio dire: “allu candöne” significa che casualmente c’è qualcuno fermo proprio lì, all’angolo della strada.

Dire “a ponde candöne” significa che non è casuale la sua fermata in quel punto, ma intenzionale, come se stesse fermo lì ad attendere qualcuno (ricordate quella canzone napoletana: “Stàje sempre ‘ccà, ‘mpuntato ccà, mmiezo ‘a ’sta via….”?)

Dire infine “a pizze candöne” può significare che il soggetto è sempre lì all’angolo della strada, ma come se fosse pronto a celarsi alla vista dell’osservatore, nascondendosi dietro l’angolo,ossia alla recöne(←clicca)

Il sostantivo candunéte, l’intero isolato, deriva proprio da candöne.

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Canàrje

Canàrje s.m. = Canarino (ornit.)

È un uccelletto fringillide canoro(Serinus canaria), della famiglia Passeridae, che vive in cattività, e viene facilmente allevato in casa e tenuto come animale da compagnia.

Il canarino ha il suo antenato selvatico in un uccellino verde grigiastro originario delle Isole Canarie (al largo della costa nord – occidentale dell’Africa), da cui è derivato il suo nome.

Attraverso secoli di selezione artificiale e incroci sono state sviluppate innumerevoli varietà di forma e colore

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