Autore: tonino

Bezzùche

Bezzùche agg. e s.m.. = Bigotto

Bigotto, devoto, pio, timorato di Dio

Al femminile fa Bezzöche.

Il termine femminile ha assunto una valenza negativa, non perché le donne frequentassero spesso la Chiesa e tutte le funzioni.

Le donnette molto bezzöche erano ritenute chiacchierone, tagghja-tagghje, e nenie viventi.

In effetti anche i più bei canti gregoriani in bocca a loro sembravano nenie strascicate talmente tanto da far addormentare i bimbi.

Non parliamo poi della storpiatura del latino!
Et anticum documentum.. diventava com’è antico lu cunvento

Tutto un programma.

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Bettöndomàtece

 

Bettöndomàtece s.m. = Bottone automatico, bottone a pressione

La consueta capacità di sintesi del nostro dialetto.

Al plurale suona: ‘i bettündomàtece.

Il bottone automatico è costituito da due dischetti metallici che si incastrano l’uno nell’altro per pressione. Si abbottonano facilmente e altrettanto agevolmente si sbottonano. Vengono cuciti su due lembi contrapposti di tessuto o su altri supporti per tenerli uniti.

Esistono di varie misure, a seconda dell’uso cui sono destinati. Quelli piccoli per camicette di bambini; quelli medi si usano in pelletteria per calzature, borsette e giubbotti; quelli più grandi per tasche, borsoni, giacconi e stivali.

Praticissimi, si lavano insieme all’indumento. Ora vengono spesso sostituiti dal moderno Velcro®.

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Bèrefàtte

Bèrefàtte agg. = Bello, avvenente

Che attrae, gradevole per armonia, perfezione formale, grazioso, elegante, curato, dandy.

Etimo: Ben fatto, bello fatto.

Anche questo termine è spesso usato un’antìfrasi (come per esempio che furbo! detto al posto del contrario che sciocco!).

Angöre mo’ ce sté arreteranne ‘u bèrefatte! = Solo adesso si sta rincasando il bellimbusto.

Al femminile, giustamente, fa bèrafatte = ben fatta, ben formata.

Sarcasticamente: quand’jì berafàtte, jèsse! = Come è bella, lei!

La frase va pronunciata indicando platealmente il soggetto con la mano e rivolgendosi agli astanti, come per dire: “guardatela, ma che razza di richiesta sta facendo? Costei è sfacciata ed esosa!”

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Benghéle

Benghéle s.m. = Bengala, Razzo

Fuoco d’artificio dai colori vivaci; razzo luminoso usato per segnalazioni e, in operazioni belliche, per individuare i bersagli di notte; significa anche cilindro fumogeno, usato per segnalazione, e qualche volta allo stadio con fumi variamente colorati.

In dialetto ha assunto una valenza negativa perché definisce qlcu lungo e fessacchiotto.

Si diceva, per esempio: Sì pròprje accüme a ‘nù benghéle, tutte füme… = Sei proprio come un bengala, tutto fumo…

Oppure ad uno molto alto e snello, in modo accrescitivo: (clicca→) Bengalöne

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Benedüche

Benedüche loc.id. = Benedico!

Va bene anche scritto benedïche essendo le vocali ï e ü omofoni.

Nulla a che vedere con la benedizione del rito cristiano…

Si tratta di una formula consolatoria, di compiacimento o augurale rivolta verso qlcu per rassicurarlo che non si parla per invidia.  Come se significasse: bene dico, non dico male.

Mattöje, da quanda tjimbe ca nen te vöte. Sté proprje belle, benedüche! =Matteo, da quanto tempo non ti vedo! Stai proprio in forma, davvero!

Ha’vìste ‘a crjatüre de Lucjètte? Quant’jì bèlle, benedüche! = Hai visto la figlioletta di Lucia? Quant’è bella, proprio bella!

Le credenze popolari spiegavano che in omissione di benedüche la frase assumeva un carattere di sordida invidia, e perciò il soggetto osservato veniva pegghjéte ad ùcchje = “preso ad occhio”, ed era esposto a malori, a rovesci di fortuna ecc.

Ora su queste cose tutti sorridiamo, ma vi assicuro che tuttora – non è vero ma…–  qlcu dice ostentatamente la parola magica benedüche, proprio per farsi sentire dall’interlocutore…

Scherzosamente si declama benedüche! quando si vede una persona o un oggetto di dimensioni superiori alla norma: non si sa mai, dovessi causarne il deperimento!

Sempre scherzando, se si assiste ad una emissione di un sonoro rutto scappato ad un frugoletto, si commenta con un simpatico benedüche! perché da un minuscolo essere non si aspettava un grande numero di decibel. Non sia mai dovesse calare di tono!

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Benedìtte

Benedìtte s.m. = Benedetto

Non ha nulla a che vedere con la liturgia cristiana.

Il “Benedetto” è una pietanza che trae il nome dall’epoca in cui si prepara, ossia nel periodo di Pasqua.

‘U Beneditte contiene cardi, salumi affettati, caciocavallo, uova sode. Una vera bomba di calorie, adatta ai deperiti, bisognosi di una alimentazione ipercalorica.

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Bendèlle

Bendèlle s.f. = Metro a bindella

 

La bendèlle (da benda, striscia, nastro) è quella striscia di tela plastificata, segnata con tante tacche distanziate di un cm, lunga 20 m, avvolta a rotella in una custodia di cuoio, provvista di manovella per il richiamo.

Usata prevalentemente in edilizia per misurazioni manuali estese.

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Bembàtte

Bembàtte escl. = Ben fatto!

Ben fatto è la traduzione letterale, ma non rende il senso vero di questa esclamazione, perché può sembrare un segno di approvazione e di ammirazione.

Essa invece deve significare un rimbrotto, specie se qlcn ha agito come un mupacchiöne, e magari dall’impresa avventata in cui si era lanciato ne è uscito malconcio o ferito.

Insomma, vale come un solenne: “ben ti sta, così impari a comportarti da spericolato!”

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Belòcche 

Belòcche s.m. = Bioccolo

Lungo ricciolo di capelli, avvolto a spirale,

Mia nonna aveva un attrezzo di ferro, tipo forbici, con le “lame” di ferro a tondino: era l’arriccia capelli!

Riscaldava il marchingegno al fuoco del braciere e poi velocemente vi avvolgeva su una sola stecca a tondino i suoi lunghi capelli, e li fermava con l’altra lama per pochi secondi. Sfilandolo i capelli, per effetto del calore, rimanevano avvolti e tesi, come la pasta dei cannoli siciliani.

Quello era un belòcche (con la ò larga) al singolare. Al plurale si pronuncia belócche, (con la ó stretta). Normalmente si usava al plurale per indicare una capigliatura riccioluta.

Ninètte c’jì fatte i capìlle a belócche a belócche = Ninetta si è conciata la capigliatura tutta a bioccoli.

PS, in italiano il termine bioccolo definisce ciuffi di lana. Credo che per estensione possa andare bene al posto di ciocca di capelli, che mi dà l’idea di un mazzettino.
Esiste un termine in lingua più appropriato?

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Bèlle-giòvene

Bèlle-giòvene s.m. = Erba Cedrina, Limoncina

Pianta aromatica (Lippia Citriodora o Lippia thryphhilla) coltivata nei giardini di Macchia, e talvolta in vaso. Ha un intenso soavissimo profumo.

I giovinotti fino agli anni ’50 si stropicciavano un paio di foglie di cedrina sulle mani e sulla fronte e portavano addosso a lungo la sua gradevolissima fragranza, prima di andare a ballare.

Forse per questo vezzo maschile alla pianta è stato affibbiato il nome, intuibile di bèlle giòvene = bel ragazzo in cerca di conquiste.

Le nostre nonne, utilizzandone fiori e foglie, ottenevano un aromatico liquore digestivo. Ormai, con Acqua e di Colonia e Liquori di gran Marca (tutti prodotti industriali) la coltivazione di questa pianta è andata del tutto in disuso, almeno dalle nostre parti.

Ringrazio Enzo Renato per il suggerimento.

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