Categoria: Proverbi e Detti

U lùche cchjù frìdde jì ‘u fucarüle

 ‘U luche cchjù frìdde jì ‘u fucarüle = il luogo più freddo è il focolare

È un Detto antico che descrive le condizioni di indigenza di una famiglia nella di cui casa il focolare – che dovrebbe essere il suo suo luogo più caldo –  è  miseramente gelido per il fatto che non si cucina da tempo.

Se il focolare, ‘u fucarüle (←clicca) è il luogo più freddo, figuratevi il resto della casa!

Purtroppo fino al 1951 non esisteva la “Cassa integrazione guadagni”, né l’indennità di disoccupazione, e se il capo famiglia si ammalava o perdeva il lavoro, in assenza del salario, in casa sua tutti soffrivano letteralmente freddo e fame!

Però  lodevolmente molto spesso scattava la solidarietà del vicinato che interveniva con cibarie di prima necessità.

Ho visto mia nonna che aveva staccato un grosso pezzo di pane dalla sua pagnotta, lo ha celato sotto il grembiule e lo ha portato ad una famiglia che versava in queste condizioni.  Lo consegnò alla mamma,  “pe fé mangé ‘i uagnüne“, per delicatezza, in un angolo appartato della casa, senza che nessuno la vedesse,  per non intaccare la dignità di quella mamma.
Che tempi tristi!

A volte il Detto descrive anche figuratamente delle situazioni di disagio o di difficile soluzione, o di accoglienza non proprio entusiasta,

Il sostantivo lùche = luogo, è un po’ arcaico, ed è stato soppiantato dal più sbrigativo “pòste” = posto, luogo, sito.

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U péne jìnd’u cìcene…

Il Detto completo recita:

Te fazze trué
‘u péne jìnd’u cìcene
e l’acque jìnd’u canìstre.

Era una esplicita minaccia delle mamme rivolta a quei marmocchi irrequieti.
Sì ti darò pane e acqua, ma nei contenitori inadatti in modo che non tu possa raggiungerli. +
Una punizione severa.

Infatti il pane nell’orciuolo (clicca→u cìcene) non si può estrarre, e l’acqua nel canestro non può essere contenuta.

Come quando si minaccia di far vedere i sorci verdi.

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U pólepe ce cöce pe ll’acqua söva stèsse.

U pólepe ce cöce pe ll’acqua söva stèsse.

IL polpo si cuoce con la sua stessa acqua.

Oltre che con il suggerimento culinario, questo Detto figuratamente asserisce e auspica che una persona capisca da sé, magari con ritardo, i suoi errori e scelga i rimedi più opportuni.

Insomma bisogna dargli tempo per riflettere con l’intento di farlo ravvedere..

Il lettore Gennaro Mastroluca, che ringrazio, è più sintetico:
«Non insistere nel cercare di convincere una persona dei suoi errori; col tempo saranno gli stessi suoi errori a dimostrargli che sbagliava».

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U scarpére p’i scarpe rotte

U scarpére p’i scarpe rotte

Il calzolaio con le scarpe rotte
Capitava che gli artigiani dedicassero più tempo ad eseguire il lavoro ai committenti che a badare alle proprie necessità.

Il tempo di riparare le proprie scarpe veniva rinviato e usato per riparare quelle che giustamente apportavano una remunerazione in denaro.

Ovviamente il Detto poteva adattarsi a qualsiasi categoria di lavoratori (fabbri, muratori, barbieri, ecc,) persino ai Commercialisti,  che rimandano all’ultimo giorno utile la compilazione della propria dichiarazione dei redditi.

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U vasce Jaiténe

U vàsce Jaiténe

Il Detto completo è: Te ne vjine pe ‘sti vasce Jaitéme…= Te ne vieni (con questo modo di agire, come quello del) basso Gaetano…

È un simpatico modo di dire che cita un tizio di nome Gaetano e piuttosto basso di statura.

Costui era all’apparenza un bonaccione ma sotto sotto un furbetto che cercava di trarre vantaggio di ogni circostanza. Agiva ma senza esporsi troppo.

Insomma non era troppo volpigno, ma calmo e dolce faceva i fatti suoi.

Con questo detto si vuole avvisare l’interlocutore ca “qua nessuno è fesso”! Che si è scoperto il gioco, e che è meglio troncare ogni altra mossa, tanto non ci ricava nulla.

Il detto completo potrebbe essere: Te ne vjine per ‘stu vàsce Jaiténe, e me vù freché gióste a me? = Te ne vieni con questo tuo modo mellifluo e vuoi imbrogliare proprio me?

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U vöve düce chernüte all’àsene

U vöve düce chernüte all’àsene prov.

Il bue dice cornuto all’asino.

Veramente àsene è un termine un po’ dotto: in dialetto normalmente si usa ciócce = ciuco.

Simpatico proverbio che si cita quando qlcu, pieni di difetti, cerca di evidenziare quelli altrui.

Sarebbe come dire: “Senti chi parla!”

Come colui che nota la pagliuzza nell’occhio dell’altro e non vede la trave che ha nel suo. Veramente questa è una citazione di Gesù. Non voglio fare indegnamente accostamenti un po’ arditi, ma voglio evidenziare solo il senso del Detto..

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