Categoria: S

Salviètte

Salviètte s.m. = Tovagliolo

Piccolo telo di forma quadrangolare, di cui è dotato ogni commensale per pulirsi o asciugarsi mani e bocca. Ora si usano molto quelli di carta usa e getta.

Deriva dal francese serviette, passato al tedesco e all’inglese (assieme a napkin) tale e quale; lo spagnolo dice servilleta.

Quelli che dicono ‘u tovagljöle non parlano il manfredoniano ma un ibrido.

Modo di dire: Salviètte, mìtte tàvele! = Tovagliolo, appronta il desco!

Si declama quando qlcu chiede l’impossibile, per dichiarare che non si è capaci di fare miracoli.

Trae origine da una favola raccontata delle nonne sulle meravigliose doti di un tovagliolo fatato, che appena qlcn pronunciava questo comando, si schiudeva colmo di ogni leccornia.

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Sàlvje

Salvje  s.f. = Salvia
La Salvia (Salvia officinalis) della fam. delle Labiatae, è una pianta originaria dell’Europa meridionale, è presente in tutte le regioni italiane, coltivata, e talora inselvatichita.

Le foglie di salvia vengono molto usate in cucina, per aromatizzare i cibi e facilitarne la digestione.

Vengono comunemente impiegate per condire pasta e gnocchi al burro, per preparare sughi, carni arrosto e in umido, pesci, legumi, oli e aceti aromatici. Le foglie possono essere fritte in pastella.

Proprietà terapeutiche: digestive, colagoghe, bechiche, espettoranti, tonico-stimolanti, antisettiche. Per uso esterno, come antinfiammatorio nelle infiammazioni del cavo orale. Insomma un dono della Natura.

Nella tradizione di Manfredonia la Salvia fino a pochi decenni addientro era sconosciuta. Come lo era l’origano nelle regioni settentrionali…
Ora gli scambi culturali hanno esteso le specialità locali alla diffusione nazionale. Figuratevi che ora in Romagna apprezzano i lambascioni pugliesi!

Tra le mille specie di salvia vi è la Salvia divinorum, che appare nella lista delle sostanze vietate dal Ministero della Salute perché contiene la Salvinorina A, dalle proprietà allucinogene e psicoattive.

Tranquilli, non è quella salvia domestica che coltiviamo nei vasi per aromatizzare il coniglio rosolato.

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Sambjitre

Sambjitre s.m. = Pesce San Pietro


Pesce San Pietro (Zeus faber). E’ un pesce dalla forma strana, molto appiattito . Ha la bocca molto ampia. La prima pinna dorsale possiede lunghi filamenti. Placche spinose sono presenti sui fianchi e alla base delle pinne.

La colorazione è grigio–scuro sul dorso con riflessi argentei sul ventre e giallastri sui fianchi ove è evidentissima una macchia tondeggiante bluastra.

Ha carni delicate e apprezzate. Indispensabile per il brodetto di pesce.

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Sànde e benedìtte!

Sànde e benedìtte!

Santo e benedetto.

Questo è un detto liberatorio e di ammirazione e di gratitudine verso qlcu che merita ogni lode per il suo atteggiamento favorevole o per la sua disponibilità.

Si usa dire anche quando si è ricevuto un dono, una raccomandazione, un consiglio, ecc. molto gradito.

Usato anche riferito ai soldi spesi bene per l’acquisto di qlcs di veramente utile e di cui si è pienamentre soddisfatti, come ad esempio  scarpe comode, busto ortopedico, climatizzatore efficiente, ecc.

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Sànde tarléte

Sande tarléte loc.id. = Misantropo, orso, riservatoAlla lettera significa «i Santi tarlati»
La locuzione  viene usata con il verbo “uscire” per constatare la rara apparizione in pubblico di soggetti che se ne stanno sempre rintanati in casa.
Li smuove solo un evento eccezionale, poche volte in un anno. Ad esempio il Carnevale, o la Festa patronale, che richiama finalmente anche costoro fuori di casa.

In italiano potrebbe usarsi il detto: ‘L’orso è uscito dalla tana’, o ‘il lupo è uscito dal bosco’.

So’ assüte ‘i Sànde tarléte! = Sono usciti i Santi tarlati.

Va bene anche: Mò jèssene ‘i Sànde tarléte = Adesso escono i Santi tarlati.

Presumo che tutto abbia avuto origine dalla sorpresa suscitata nei fedeli, della inattesa comparsa, nella Processione religiosa, di simulacri di legno di quei Santi tenuti per troppo tempo nel deposito (e perciò soggetti all’attacco dei tarli).

Mèh, so’ assüte püre ‘i Sande tarléte! = Toh,  guarda, sono usciti (in Processione) anche le statue dei Santi (non restaurate e) assenti da anni.

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Sangiuànne

Sangiuànne s.m. = Padrino di battesimo

Dobbiamo un po’ rifarci al Vangelo. San Giovanni il precursore e cugino di Gesù, si autodefiniva ‘voce che grida nel deserto’ e viveva coperto di pelli e si nutriva di locuste (puah).

Venne chiamato il Battista, il battezzatore, perché battezzava i convertiti alla Parola di Dio con l’acqua del Giordano. Ebbe la ventura di battezzare Nostro Signore presentatosi al fiume.

Per secoli a Manfredonia ‘u Sangiuànne era colui che faceva da padrino in questa cerimonia, ed era rispettao moltissimo, come se fosse entrato nela parentela. Si chiamava anche ‘u cumbére Sangiuànne = Il padrino di Battesimo.

Tra lui ed il battezzato si stabiliva un legame davvero filiale. Lo si chiamava ‘compare’ e partecipava a tutti gli eventi belli e brutti della famiglia del figlioccio.

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Sangiuannjille

Sangiuannjille s.m. = Sughetto

Il termine è usato anche in Basilicata per designare un sughetto veloce con olio, aglio, peperoncino e pomodori pelati, fatto per condire un’improvvisata spaghettata con gli amici.

Francamente non so la derivazione del nome, che alla lettera significa “San Giovannino”.

Posso azzardare un’ipotesi: in epoca in cui i pomodori si preparavano in casa conservandoli in bottiglia o a pezzetti o sotto forma di passato, era raro che si usassero i pelati in scatola.

Quelli che si trovavano in commercio erano della famosa marca Cirio di San Giovanni a Teduccio (Napoli). Ecco, “San Giovanni” era diventato sinonimo di barattolo di pelati da chilo.
La lattina piccola, ovviamente, doveva essere “San Giovannino”.

Non pretendo di dare una spiegazione ad ogni cosa, per carità, ma mi sembra abbastanza plausibile questa ricostruzione etimologica.

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Sangiüne

Sangiüne s.f. = Gengiva

Tessuto della bocca che ricopre le arcate dentarie.

Tènghe ‘i sangjüne abbuttéte = Ho le gengive gonfie (per una infiammazione).

Diffidate da quelli che dicono “gònfje” o “gunfjéte”….Parlano un falso dialetto. Si dice abbuttéte!

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Sanpaulére

Sanpaulére s.m. = Serpaio

Cacciatore o addomesticatore di serpenti. La credenza popolare attribuisce al settimo figlio maschio di una famiglia numerosa, la capacità di addomesticare i serpenti e di non temere il loro morso.

Costui, il prescelto, il predestinato dopo altri sei fratelli, avvalendosi della protezione di San Paolo (da cui il nome sanpaulére = seguace di San Paolo) veniva chiamato per disinfestare dai serpenti qualche dimora di campagna o anche di paese.

La tradizione abruzzese, tuttavia, ripone in San Domenico Abate la fiducia per la protezione dal morso dei serpenti.
Ognuno confida nel Santo che più gli aggrada. I Santi non temono la concorrenza, né hanno invidia come gli umani.

In Abruzzo i serpai (o serpari) avvolti dalle loro graziose bestioline, il primo giovedì di maggio sfilano in processione a Cocullo (AQ).

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