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Jaiténe

Jaiténe n.p. = Gaetano

Riprende il soprannome etnico, e poi nome personale latino, di Caietanus, “abitante, oriundo di Gaeta” (in latino Caieta), che nel dialetto dei Laconi significava “luogo cavo” per la collocazione naturale della città.
L’onomastico è tradizionalmente festeggiato il 7 agosto in memoria di s. Gaetano di Thiene (Vicenza), morto nel 1547.

Come molti nomi e sostantivi che in italiano iniziano con la G, nel dialetto perdono la lettera iniziale o la mutano in J (ad es.: uande, Jennére, jatte, uadagné, jàmme= guanto, Gennaro, gatta, guadagnare, gamba). Vedi “Ortografia e fonologia” in home page e anche ‘U vasce Jaiténe

Come diminutivo generalmente si pronuncia Tanüne = Tanino. In tempi relativamente più recenti si è usato Gaitanüne, come il mio carissimo amico Gaetanino Novellese, scomparso pochi anni fa.

Al femminile di solito è Tanèlle.. Anche Gaitanèlle è accettabile, quantunqua sia una forzatura, perché è pronunciato con la G iniziale, contro le regole antiche del dialetto. Ritengo che i nomi moderni femminili come Tiziana, Cinzia, Monica, Veronica, Alessia abbiano soppiantato del tutto il tradizionale Gaetanella.

Ho sentito che ad una bimba è stato affibbiato il nome di Rocchina e ad un’altra di Briseide, la schiava di Achille…Ma non era più musicale il nome Gaitanèlle?

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Granéte

Granéte s.m. = Melograno

La pianta di melograno (Punica granatum) è un cespuglio alto fino a 4 m.con fiori di colore rosso vivace, fioritura in giugno-agosto con i caratteristici frutti gradevole dal gusto acidulo.

Questi sono costituiti da una scorza profumata che contiene inumerevoli chicchi rossi, o anche rosa, semitrasparenti che racchiudono un nocciolo bianco.

Viene coltivato più per scopo ornamentale (bellissima la fioritura da giugno ad agosto) che per alimento: poca polpa, poco dolce, non piace ai bambini perché ha più noccioli dei fichi d’india!

Con questo nome, granéte, intendiamo indicare anche un colore rosso scuro, che ora viene detto bordò (dalla città francese di Bordeaux).

Scherzosamente il frutto viene detto anche màrianéte. Credo che sia un linguaggio fanciullesco.  O forse si ratta di una denominazione antica.

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Frecàbbele

Frecàbbele s.m. = Facezia, storiella, ridicolaggine spesso a carattere burlesco.

Raccontino divertente, talvolta con morale; una simpatica fesseria, uno svarione, una papera sfuggita a qlcu che parla agli amici. Erano seguiti da risate e sfottò per il resto della serata.

‘I frecàbbele antüche” = Credenze antiche e anche sinonimo di una vecchia sciocchezza, una corbelleria superata dal tempo.

‘I canuscjüme ‘sti frecàbbele = Le conosciamo queste storielle (non c’è niente di nuovo sotto il sole….)

Talvolta l’espressione pàbbele e frecàbbele si usa per indicare un allegra serata tra amici a raccontare storie, vere e inventate, all’insegna dell’allegria, del cibo e del buon vino. A parte l’assonanza tra i due termini (si usa spesso in dialetto come in storje e patòrje…,  mamùrce p’i ndurce,… nannùrche abbasce a l’urte… ecc.), presumo che pàbbele significhi proprio favole.

Vi consiglio anche di cliccare qui, e vedrete il mio intervento nel chiostro del Comune nella memorabile serata dell’agosto 2014, quando si celebrò “Il nostro dialetto – Patrimonio culturale”. Ecco una serie di frecàbbele
Mi sono espresso un po’ anche in lingua per facilitarne la comprensione ad amici e parenti non manfredoniani.

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Chianca-Masille

Chianca-Masille top. = Chianca Masiello, Chianca Masitto

Zona costiera a est di Manfredonia, a confine con Varcaro, ricadente nel territorio di Monte Sant’Angelo.

Questo toponimo deriva con ogni probabilità dal nome “Tommaso”, l’antico proprietario del terreno circostante, e dalle successive trasformazioni e storpiature: Tommaso, Tommasiello, Masiello, Masìlle (Masìdde con pronuncia montanara). 

La chianca (←clicca) è una basola di pietra lavica o calcarea, usata per la pavimentazione stradale (basolato). In questo caso si intende la scogliera piatta usata quale punto d’approdo per natanti,  uomini e cose.
Viene pronunciata “chianga” per l’addolcimento di alcune consonanti, tipico della parlata meridionale anche dei termini italiani (Andonio, trendacingue, sono condendo, tu non zai, ecc.), ed è legato indissolubilmente al nome Masiello.

La zona fino a pochi anni fa questa località era conosciuta soprattutto dai pescatori  quale punto di riferimento costiero.  Da pochi anni si è rivelata un’incantevole attrazione per i turisti locali durante la stagione balneare.

La località Chianca-Masìlle/Masìdde attualmente viene riportata sulle mappe turistiche come «Chianca Masitto», a mio parere italianizzato con evidente forzatura, sfalsando il nome originale. 

Vi sbarcarono i Turchi  dalle loro 52 galee nella famigerata incursione del 16 agosto 1620 con la quale e per tre giorni misero a ferro e fuoco la città di Manfredonia.   E questa è storia nota.

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Chetògne

Chetògne s.m. = Mela cotogna

La frutta, come la mela cotogna è linguisticamente parlando, sempre al femminile (la pera, la banana, la pesca, l’albicorra, la ciliegia, ecc.) In dialetto invece è maschile ‘u chetògne. Al plurale la ‘ó’ ha un suono acuto ‘i chetógne.

Il cotogno, qui inteso come pianta (Cydonia oblonga) appartiene alla famiglia delle Rosaceae

La polpa del frutto, che è praticamente immangiabile anche in fase di maturità, pochissimo dolce, dura, e piuttosto acre, subisce con la cottura, una trasformazione drastica degli zuccheri “a lunga catena” contenuti ( quindi “poco dolci”) in zuccheri decisamente “dolci”, con uno spiccato profumo di miele.

‘I chetógne erano nominati in una sorta di filastrocca che si recitava per fare la conta (al posto di “Ah, nghi. ngò, tre civette sul comò…):
Chépe chetógne
‘u möse d’ajóste
e la cucchjére
e la furcjüne
e la scu-tèl-la.

Il bambino che faceva la conta, sillabava la filastrocca toccando con la punta delle dita – ad ogni accento tonico –  gli altri disposti in cerchio. Ogni sillaba ad un bambino. Le ultime tre sillabe venivano pronunciate rallendando il ritmo in modo che chi era toccato per ultimo con la sillaba -la di scutèlla era il designato.

Ah stavo dimenticando la traduzione: Testa di mela cotogna, il mese di agosto, e il cucchiaio, e la forchetta e la scodella.

Quel chépe chetógne può significare “una delle più grosse mele cotogne”, o anche “una delle prime che cadono dalla pianta”.

Comunque non c’è alcuna logica nelle filastrocche.  Difatti quale logica ci sarebbe nell’accertare che le tre civette sul comò facevano l’amore con la figlia del dottore?

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Cazze ‘u Rè 

Cazze ‘u Rè s.m. = Donzella, signorinella, pesce carabiniere, girella.

La Donzella (Coris Julis) è un pesce di mare dell’ordine dei Perciformi, fam.delle Labridee.
Raggiunge la lunghezza massima di 20 cm.
È una specie ermafrodita: gli individui (sessualmente attivi ad 1 anno) nascono femmine e invecchiando diventano maschi.
Studi hanno dimostrato che tutti gli individui che superano i 18 cm sono esemplari maschili. Il cambio di sesso dura circa 5 mesi.
È molto vorace e cresce su fondali rocciosi o nelle praterie di Poseidonia, fino a100 m. di profondità. Le uova, giallo-trasparenti, sono deposte tra aprile e agosto. (…fine della puntata di Quark. Notizie attinte in rete…)

Viene erroneamente considerato di scarsa qualità, e perciò ritenuto commercialmente non interessante.  Invece ‘u càzze ‘u Rè  pronunciato tutto d’un fiato, ‘u cazzurrè = il cazzo del Re) nella nostra ciambòtte, fa la sua porca figura (scusate il toscanismo alla Benigni).

Sono curioso di sapere perché si chiama in questo modo. Che possa avere la forma fallica è ammissibile, ma perché del Re?  Forse perché molto decorativo: osservate  la foto (scattata da me) e ammirate la sua bella cromatica livrea.

Nomi regionali :
Abruzzo: signurinella
Puglia: cazze de re (Bari), cazzu di rre (Salento)
Sardegna: ziguella, pisciu re
Sicilia: pizzirè, viriola, minghia di re, viola, carabiniere
Toscana: cazzo di re, nicchio

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Catréme

Catréme s.f. = Catrame

In italiano il termine è maschile e in dialetto è femminile. La differenza non è solo questa.

Per i non addetti ai lavori si fa grande confusione fra i termini catrame, bitume, asfalto.

In pratica sono materiali bituminosi di varia provenienza, generalmente impiegati nell’edilizia stradale.

Il catrame si ricava dalla distillazione del carbon fossile, il litantrace; il bitume dalla distillazione petrolio; l’asfalto si trova in natura come miscela di pietrisco e bitume.

‘A catrème copriva il MacAdam (manto stradale di pietrisco rullato) di Via Tribuna, ed era l’unica strada “asfaltata” che attraversava Manfredonia, detta vianöve = via nuova.

Il sole torrido di agosto rendeva la superficie stradale molto molle, e noi monelli staccavamo dei pezzi di “catrame” per farne palline. La leggenda metropolitana imponeva di gettare queste palline nel fuoco della cucina (fino all’avvento del gas in bombole, nel 1950, le nostre mamme cucinavano a legna o con il carbone vegetale) per ritrovarle trasformate in biglie d’acciaio!

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