Tag: verbo intransitivo

Mbracetàrece

Mbracetàrece v.i. = imputridirsi, infradiciarsi, bacarsi

Diventare marcire, imputridire, decomporsi, corrompersi.

Deriva da fràcete = marcio, putrido, bacato (se riferito a frutta)

Quèsta castagne c’jì ‘mbracetéte = Questa castagna si è guastata, si è marcita.

Nota fonetica.
Questo termine ha due particolarità:
1) Metatesi, ossia uno spostamento di sillaba all’interno della parola, quindi da infradiciare diventa, diciamo così “infracidare” usato così anche in Toscama;
2) Come spiegato al punto 6.7 in Ortografia e Fonologia di questo post, nf in dialetto diventa spesso mb. L’esempio che vale per tutti:è Mambredònje per Manfredonia; oppure cumbìtte = confetto; ‘mbacce = in faccia, ‘mbronde = in fronte, ecc.

Qlcu pronuncia ‘nfracetàrece, ma sono quelli della nuova generazione. che hanno fatto le scuole dell’obbligo. e

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Lucchelé

Lucchelé v.i. = Urlare, gridare

Si può dire anche altrettanto correttamente lucculé o luccheléje.

Lanciare grida altissime di dolore, di stizza, si spavento.

Stàtte ‘nu pöche cìtte! Jì da stamatüne ca sté lucchelejànne accüme a ‘nu bummenére…= Sta un po’ zitto! ­È da questa mattina che stai urlando come un licantropo….

Altri usano il verbo vurlé.
Per me è un “prestito” del dialetto di Monte Sant’Angelo, o una corruzione dell’italiano “urlare”.
È usato solo nella locuzione jì vurlànne = andare (in giro) urlando.
Si tratta di un “augurio” rivolto a qualche malvivente, perché renda noto a tutti dei soprusi e dei torti commessi a danno altrui.   Una specie di pena auspicata al furfante per le sue malefatte.
Forse gli si augura di urlare per le pene che dovrà patire nell’inferno!

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Jalé

Jalé v.i.= sbadigliare

Atto respiratorio involontario che consiste in una lenta e profonda inspirazione a bocca aperta.

Si sbadiglia a causa del sonno o della noia o della fame.

Una delle prime regole di educazione che mi hanno inculcato: quando si sbadiglia bisogna portare la manina alla bocca!

E pecchè? Ca se no trèsene i mosche! = Perché? Altrimenti entrano le mosche (in bocca)

Originariamente dal latino halitus, poi halare [sbadigliare] dallo spagnolo alear

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Grunghelé

Grunghelé (o Grunnelé) v.i. = Russare fragorosamente.

Etimo sconosciuto, forse onomatopeico (gru-gru-gru).  Infatti in alcuni comuni della Puglia si usa il verbo gruffelè, gruffuà, gruffulià, ecc.

Mia moglie chiese al medico di famiglia se poteva dare a me un rimedio efficace contro il mio assordante concerto notturno. Questa la risposta immediata del nostro dottore: “Signö, skàffele ‘na stambéte!”.

Due sono i casi: o davvero non esiste rimedio, oppure il nostro amico medico non è aggiornato.
In effetti il cerotto sul mio naso non serve a niente, e mia moglie si alza con le occhiaie sempre più marcate…
Ragazzi, è un problema che non va preso sottogamba: rischiamo il divorzio dopo 42 anni di matrimonio felice!

L’azione del russare in italiano dicesi russamento e si potrebbe tradurre in grunghelamjinte. Tuttavia io non l’ho mai sentito pronunciare da nessuno. Come nessuno tradurrebbe i termini tecnici roncopatia e roncologia.

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Frezzecàrece 

Frezzecàrece v.i. = Dimenarsi, agitarsi, smaniare

Lo si dice quando qualcuno è improvvisamente colpito da prurito, pizzico, solletico, prurigine, e si agita e si muove senza sosta.

Si dice anche se un qualunque sostegno non è ben saldo.
Statte attjinde ca la sègge ce frezzecöje = Sta attento perché quella sedia è instabile.

Figuratamente designa anche smania, impazienza, voglia, desiderio, capriccio, stimolo, ghiribizzo, fregola.

Ricordate tutti la brillante commedia del G.A.P.- Gruppo Arte Popolare “Dottö, me sènde frezzeché”

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Fetì

Fetì v.i. = Puzzare

Dal latino foetere = fètere, puzzare.

Emanare puzzo, odore sgradevole.

‘Stu pèsce accummènze a fetì = Quasto pesce comincia a puzzare.

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Fèrve

Fèrve v.i. = Bollire, fervere, scottare.

Dicesi spec. di liquidi in ebollizione, o con elevata temperatura.

Ma’, l’acque jì assüte a fèrve: pozze mené ‘a paste? = Mamma, l’acqua ha incominciato a bollire, posso calare la pasta?

I Latini usavano il verbo fervere, passato tale e quale all’italiano e se vogliamo, un po’ accorciato, al nostro fèrve.

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Ferneché

Ferneché v.i. = Formulare pensieri ossessivi, crearsi in mente delle fissazioni.

Ammessa anche la variante fernechjé.

Non è una cosa patologica, come vaneggiare o farneticare, cioè dire cose senza senso.

Alcune persone sanno orientarsi solo e sempre verso il pessimismo. Esse da un nonnulla riescono fernecànne = fissandosi, a costruirsi un castello di possibili conseguenze disastrose.

Se queste persone vivono da sole poi, il loro fernecamjinde arriva a spingerle a telefonare nel cuore della notte ai propri cari lontani solo perché magari hanno fatto un brutto sogno che li riguardava. Nel loro modo di vedere le cose il sogno si ingigantisce a dismisura.

Purtatìlle a màmete se no quèdde sté sèmpe a ferneché = Portatela via con te tua madre [per farla stare in compagnia], altrimenti costei pensa sempre ad una cosa [e finisce per impazzire]. Evidentemente la povera signora è appena diventata vedova, e l’invito da un altro parente è rivolto al figlio venuto da lontano per l’occasione.

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Fedarecìnne 

Fedarecìnne v.i.= Aver vigore, coraggio

Alla lettera significa fidarsene, nel senso di aver fiducia e consapevolezza delle proprie capacità.

Te la füde de javezàrete? = Te la senti di alzarti (dal letto, dopo la febbre che ti ha divorato stanotte)?

Nen me la füde = Non mi reggo in piedi.

Jògge me la füde de mangiàreme trecjinde fechedìgne = Oggi mi sentirei di trangugiare trecento fichidindia (come San Lorenzo)…Sté verrüte ‘u giòvene = È vigoroso il ragazzo!

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Dušké 

Dušké v.intr. = Dolere, bruciare

Avvertire dolore bruciante, specie da ferita, lancinante.

Me so’azzuppéte! Me dóške de chjó ‘u spìrete ca m’a mìsse e no la botte che àgghje pegghjéte = Mi sono ferito! Mi duole più l’alcol che ho usato per disinfettare che il colpo che ho preso.

Il verbo dušké deriva dal latino de+ustulare = bruciando bruciante.

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