Ciucculatöre s.f. = Cuccuma
Bricco di rame o di altro metallo usato per contenere il caffè o sim.
Quella in uso da mia nonna era di ferro smaltato, blu all’esterno e bianca all’interno. Aveva un lungo beccuccio e il coperchio incernierato. Capacità mezzo litro.
Si poneva colma di acqua sul fuoco fino all’ebollizione. Poi si mettevano nell’acqua bollente, udite udite, due – dico due – cucchiaini di caffé macinato, e si toglieva dal fuoco e si lasciava riposare qualche minuto.
La brodaglia, opportunamente filtrata con un colino metallico, si versava nelle tazze e veniva chiamata indegnamente “caffè”…
Nel periodo delle Sanzioni Economiche imposte all’Italia dalla “Società delle Nazioni” [perché aveva occupato l’Etiopia] non si importava caffè, né ferro, cuoio, carbone, baccalà, aringhe, tabacco, frumento, ricambi di macchine agricole inglesi, ecc. ecc.
Insomma vigeva l’embargo internazionale.
Il “caffè” che l’Autarchia [sistema economico di auto sufficienza] proponeva agli Italiani era un misto di chicchi di orzo e cicoria abbrustoliti e macinati.
Si preparava con la cuccuma in casa. Non so se allo stesso modo la servivano ai pochi avventori nei tre bar di Manfredonia (Adolfo Castriotta, Aulisa e Giannino Gatta)
Immaginate che schifezza, anch’essa chiamata pomposamente “caffè”.
A pensarci bene anche i tedeschi e i francesi, per mia constatazione personale, fanno così tuttora il loro orrendo caffè. Credo che si chiami “caffè alla turca”. Puah!
Il nome significa cioccolatiera e deriva da cioccolata, perché in principio serviva a preparare la cioccolata calda.
Qualcuno pronuncia ciucclatöre. Accettabile.
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