La fèmmene jì accüme ‘a castagne, quanne ‘a jépre truv’a majagne.
La donna è come la castagna. Quando la “apri” trovi la magagna.Cioè solo dopo averla conosciuta a fondo trovi dei difetti, perché ben dissimulati o ben protetti dal suo aspetto attraente.
Ma per fortuna non è sempre così.
Ci sono delle fanciulle solari, belle, aperte, come sono fuori sono dentro. Viva le donne!
Quando si vuole evidenziare che non sempre è bene avere più del necessario, si usa questo detto rivolto propri figli.
Ossia, è l’abbondanza maledetta che vi fa diventare viziosi, e perciò con voi si comporta malissimo, come una donnaccia: se ci fosse stata la carestia, tante storie ora non si sarebbero fatte!
Quando qualcuno è dotato di beni economici, per lo meno sufficienti, e si lamenta perché non ce la fa a campare, oppure si trova in una situazione di serenità e tranquillità eppure non è contento, si è soliti redarguirlo dicendogli: quèdde jì la grascia putténe!
Il termine abbondanza si traduce gràsce, ossia con desinenza -sce, ma per poterla legare eufonicamente alla parola seguente si fa terminare con -scia.
Mia madre, che non avrebbe detto mai una parolaccia, nemmeno sotto tortura, usava dire: ‘a mangiatöre jì vàsce = la mangiatoia è bassa, raggiungibile senza fatica…
La gallina fa le uova e al gallo gli pizzica il culo.
C’è chi sa prendersi i meriti di un risultato positivo, e sa lamentarsi delle sue fatiche sofferte per ottenerlo, tacendo sul fatto che le pene sono state sofferte da altri.
Succede negli ambienti di lavoro. Il capo sa sempre mettersi in mostra: perciò i meriti sono tutti suoi.
I collaboratori invece, che hanno faticato, si sono fatti il mazzo così, sono quasi sempre ignorati, non sono nemmeno nominati, e men che meno additati per riconoscerne i meriti e dar loro un plauso.
Un po’ come la storia del mese di Maggio che si prende l’onore della fioritura di Aprile.
La voce verbale dóške viene dall’infinito (clicca→) dušké= dolere, bruciare
L’aggettivo ‘nnammurande è intraducibile. Tento con una perifrasi: che è facile all’infatuazione.
Un Detto che si cuce addosso a qualche ragazzotta, sotto carica di ormoni, che si innamora facilmente alla vista di qualche giovanotto aitante…
Ovviamente vale anche per i giovincelli che si attizzano appena vedono qualche fanciulla, specie se prosperosa di tette e culo (scusate, ma mi sono ricordato di come si usava ai miei tempi).
Ringrazio il dr-Enzo Renato per il suo prezioso suggerimento.
Antefatto: “pare che in una chiesa di Foggia furono rubati gli orecchini dalla statua della Madonna; il prete, durante l’omelia, ammonì i fedeli dicendo appunto che la Madonna sapeva chi era stato il colpevole, cercando di spaventarli nella speranza di una restituzione del maltolto”.(ringrazio l’autore: Alberto Mangano di Foggia)
Da allora è rimasto il Detto, diffuso nell’intera Capitanata, che significa che la verità viene a galla, che qualsiasi mascalzonata venga commessa, prima o poi sarà smascherata.
Un invito a comportarsi correttamente, come ammonisce ogni Adagio popolare.
Una seconda interpretazione riferisce di una donna molto povera che, per impetrare la guarigione del suo figlioletto, si dispera davanti alla Vergine, non potendole portare nulla in dono.
La Madonna conosce bene lo stato di reale povertà di questa mamma e magari intercede per lei, riconoscendole devozione e fede.
Perciò Maria sa perfettamente chi è abbiente (ed è tirato) e chi non lo è (ma sarebbe generoso).
Più ottimisticamente preferisco il proverbio in lingua “Nessuna nuova, buona nuova”!
In effetti le cattive notizie volano presto e veloci. Se sei in ansia perché tuo figlio non rientra al solito orario non arrovellarti eccessivamente. Se gli fosse capitato un brutto evento lo avresti saputo dopo pochi minuti, specie ora con i telefonini così diffusi.
La mangiatöre jì vàsce! = La mangiatoia è bassa!
La seconda parte del Proverbio è sottintesa, ma talvolta viene aggiunta esplicitamente: e ‘u ciócce möne càvece = e il ciuco sferra calci!
Questo detto evidenzia la facilità con cui questi porcelli di figli di oggi hanno di che cibarsi (e di che vestirsi), e magari hanno anche da protestare.
Ai tempi di mia madre non si poteva dire mai: “questo non mi va, questo non mi piace…”
La risposta era ovvia: se non ti va, vuol dire che non hai fame. Punto. Mangerai domani, se ne resta.
Insomma adesso la “mangiatoia” si raggiungere senza fatica, non costa sacrifici, e perciò quello che viene offerto non è convenientemente apprezzato.