Si usa questa iperbole per descrivere un fetore nauseabondo proveniente da una persona sozza, da un locale non aerato, dalle scarpe da tennis, ecc. Infatti si paragona qualsiasi cattivo odore, al tanfo che si effonde dalla carcassa di un cane in decomposizione. E’ considerata pertanto la puzza per eccellenza, per antonomasia, che non esiste una peggiore, insomma, föte a chéne murte = emana un miasma insopportabile.
Questo detto va riferito a coloro che non perdono occasione per mangiare a sbafo, anche in senso figurato: cercano tutte le occasioni per divertirsi, spensierati, noncuranti del loro futuro.
In pratica: approfittatori in ogni circostanza.
Festicciole va bene: si balla e si gozzoviglia! Ma i morticini che c’entrano?
Beh, dopo aver seppellito il corpicino del bimbo, a casa dei poveri genitori delle persone pietose portavano già pronta una una cena consolatoria (vedi: cunzùle).
Ebbene qualche manigoldo non si dava indietro nemmeno in questa circostanza e ne approfittava per rimpinzarsi a ufo.
Vüje düje, festüne e murtecjille jéte truànne. = Voi due, feste e festicciole andate scovando per abboffarvi.
Scherzosamente, ma con una punta di invidia, si evidenzia la sorte che è stata benigna verso gli altri.
Taluni si riferiscono alla fortuna, alla buona sorte; altri materialmente proprio ad un incontro ravvicinato di tipo sessuale: dipende dai soggetti che così si esprimono, sempre con un po’ di invidia, Beato chi li ha avuti entrambi o almeno uno solo dei due!
Beato/a può essere l’avversario in una partita a carte, il vincitore di un premio, colui che fa strage di cuori, un commerciante con florida attività, o chiunque altro che abbia avuto successo.
Il Detto nel Napoletano è lievemente diverso dal nostro. Infatti parla di sciorte = fortuna, buona sorte e di càvece nculo = calcio in culo, nel senso di spintarella, di raccomandazione. Anche questi elementi sono apprezzati da chi li riceve e invidiati agli altri che li prenderebbero volentieri se capitassero a loro.
In Campania il Detto è “pulito”. In Puglia è diventato un po’ volgarotto, ma decisamente più spiritoso, ironico, colorito e beffardo. 🙂
Accettabile l’avverbio fin’a cchè =fintantoché, nel mentre.
“Nel mentre che la (donna) bella viene pregata (corteggiata), quella brutta si è già (sposata e addirittura) coricata (col marito).
La donna che sa di essere bella si crea delle illusioni e temporeggia nello scegliere!”.
Ringrazio infinitamente il dott. Matteo Rinaldi per avermi fornito questo bellissimo proverbio, con tanto di spiegazione, anticipandomelo dalla sua raccolta di oltre 1600 di prossima pubblicazione.
In altri termini ai dice che “si tira la calzetta” e in questo caso la fatalona resta con “un pugno di mosche” in mano, mentre le altre “fanno i fatti”.
Notare il raddoppiamento fono-sintattico di pprjéte, bbèlle, bbrótte, ggià.
Il parlante locale lo pronuncia anche se lo si scrive con la consonante singola.
Lo sguardo del giovanotto è fatalmente attratto dal volume del seno in una ragazza.
Se nota che esso è scarso, lui considera incompleta la donzella, come è incompleta una casa cui manca il tetto.
La maturità insegna che non è la misura del reggiseno a determinare la qualità della donna, ma la sua affettuosità, il suo carattere, la sua responsabilità, il suo equilibrio ecc
Questo Detto popolare mette in guardia i pretendenti da certe donne ciarliere o civettuole.
Quando le donne perdono il loro tempo mettendosi in mostra alla finestra o a scambiare pettegolezzi con le vicine, non ne hanno poi molto altro da dedicare alla preparazione del pranzo. Di conseguenza, quando saranno sposate, i loro mariti al rientro a casa, non troveranno molto da scialare.
Qualcuno insinua pure che la pasta al burro (velocissima da preparare) sia il pranzo dei “cornuti”, in quanto la signora, se ricorre a questo pranzo, vuol dire che era stata impegnata a preparare qualcos’altro…
Ringrazio il lettore Amilcare (Teo) Renato per il suo suggerimento.
Fare come la gatta, che fa sesso e nello stesso tempo si lagna.
Si cita questo Detto quando qlcu, come si dice in italiano, si lamenta anche della grazia di Dio, che non si accontenta del suo pur invidiabile stato (di floridezza finanziaria e salutare).
È nella natura dell’uomo la sua incontentabilità, apprezzabile solo se rivolta alla sete di elevazione culturale e spirituale.
Chessò ca te lamjinde! Cóste fröche e škéme accüme fé ‘a jàtte! = (Di) che cosa ti lamenti! Questo gode e si lamenta come fa la gatta.
Qlcu è più circostanziato e stabilisce la stagione degli amori felini: specifica ‘a jàtte de màgge fröche e škéme= la gatta di maggio, che gode e guaisce.
Frase un po strana. Il significato è: Scambiarsi effusioni tra fidanzati.
Sono le manifestazioni dell’amore nascente tra una coppia di ragazzi molto giovani: ossia parlare fitto-fitto, testa a testa, sguardi intensi, sorrisi, smancerie, coccole, bacetti rubati e finta reazione di lei, con finte manate sulla testa sulla testa di lui, ecc. ecc..