Categoria: Proverbi e Detti

Fé accüme alla jàtte, ca fröche e škéme

Fé accüme alla jàtte, ca fröche e škéme

Fare come la gatta, che fa sesso e nello stesso tempo si lagna.

Si cita questo Detto quando qlcu, come si dice in italiano, si lamenta anche della grazia di Dio, che non si accontenta del suo pur invidiabile stato (di floridezza finanziaria e salutare).

È nella natura dell’uomo la sua incontentabilità, apprezzabile solo se rivolta alla sete di elevazione culturale e spirituale.

Chessò ca te lamjinde! Cóste fröche e škéme accüme fé ‘a jàtte! = (Di) che cosa ti lamenti! Questo gode e si lamenta come fa la gatta.

Qlcu è più circostanziato e stabilisce la stagione degli amori felini: specifica ‘a jàtte de màgge fröche e škéme= la gatta di maggio, che gode e guaisce.

Grazie al lettore Sedum per il suo suggerimento.

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Fé aggeréje ‘i carjöle

Fé aggeréje ‘i carjöle

Fare girare le carriole.

La frase, così com’è non è molto efficace. A meno che non si voglia dare alle carriole il significato di scatole, palle, coglioni (scusate).

Allora significa: uscire dai gangheri, esser fuori di sé, perdere la pazienza, arrabbiarsi forte.

Ca po’, se m’aggìrene ‘i carjöle, accumènze a mené taccaréte = Che poi, se perdo la pazienza, comincio a menare le mani.

Quànne parléte acchessì me facjüte aggeréje ‘i carjöle = Quando parlate così mi fate uscire fuori dai gangheri.

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Fé cchjó sóbbete la fèmmene a trué ‘na scüse, ca ‘u sòrge a trué lu pertüse

Fé cchjó sóbbete la fèmmene a trué ‘na scüse, ca ‘u sòrge a trué lu pertüse 

Un divertente Detto che esalta l’abilità, la prontezza femminile di trovare una giustificazione ad una sua qualsiasi sbadataggine.

Il topo trova la sua tana molto velocemente, ma la donna è ancora più rapida!

Dello stesso tema, ma forse un po’ più usato, è quello che imputa, specie alla donna, la capacità di trovare (figuratamente) la pèzze a chelöre (←clicca) per scusarsi.

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Fèmene alla fenèstre? Pöca menèstre

Fèmene alla fenèstre? Pöca menèstre

Donne alla finestra? poca minestra.

Questo Detto popolare mette in guardia i pretendenti da certe donne ciarliere o civettuole.

Quando le donne perdono il loro tempo mettendosi in mostra alla finestra o a scambiare pettegolezzi con le vicine, non ne hanno poi molto altro da dedicare alla preparazione del pranzo. Di conseguenza, quando saranno sposate, i loro mariti al rientro a casa, non troveranno molto da scialare.

Qualcuno insinua pure che la pasta al burro (velocissima da preparare) sia il pranzo dei “cornuti”, in quanto la signora, se ricorre a questo pranzo, vuol dire che era stata impegnata a preparare qualcos’altro…

Ringrazio il lettore Amilcare (Teo) Renato per il suo suggerimento.

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Fèmmene sènza pjitte jì chése sènza tìtte

Fèmmene sènza pjitte jì chése sènza tìtte

Femmina senza seno è casa senza tetto.

Lo sguardo del giovanotto è fatalmente attratto dal volume del seno in una ragazza.

Se nota che esso è scarso, lui considera incompleta la donzella, come è incompleta una casa cui manca il tetto.

La maturità insegna che non è la misura del reggiseno a determinare la qualità della donna, ma la sua affettuosità, il suo carattere, la sua responsabilità, il suo equilibrio ecc

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Fertüne e cazze ‘ngüle: vjéte a chi l’éve

Fertüne e cazze ‘ngüle: vjéte a chi l’éve

Fortuna e cazzo in culo: beato chi li ha!

Scherzosamente, ma con una punta di invidia, si evidenzia la sorte che è stata benigna verso gli altri.

Taluni si riferiscono alla fortuna, alla buona sorte; altri materialmente proprio ad un incontro ravvicinato di tipo sessuale: dipende dai soggetti che così si esprimono, sempre con un po’ di invidia, Beato chi li ha avuti entrambi o almeno uno solo dei due!

Beato/a può essere l’avversario in una partita a carte, il vincitore di un premio, colui che fa strage di cuori, un commerciante con florida attività, o chiunque altro che abbia avuto successo.

Il Detto nel Napoletano è lievemente diverso dal nostro. Infatti parla di sciorte = fortuna, buona sorte e di càvece nculo = calcio in culo, nel senso di spintarella, di raccomandazione. Anche questi elementi sono apprezzati da chi li riceve e invidiati agli altri che li prenderebbero volentieri se capitassero a loro.

In Campania il Detto è “pulito”. In Puglia è diventato un po’ volgarotto, ma decisamente più spiritoso, ironico, colorito e beffardo. 🙂

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Festüne murtecjille vé truànne!

Festüne murtecjille vé truànne!

Festicciole e morticini va cercando.

Questo detto va riferito a coloro che non perdono occasione per mangiare a sbafo, anche in senso figurato: cercano tutte le occasioni per divertirsi, spensierati, noncuranti del loro futuro.

In pratica: approfittatori in ogni circostanza.

Festicciole va bene: si balla e si gozzoviglia! Ma i morticini che c’entrano?

Beh, dopo aver seppellito il corpicino del bimbo, a casa dei poveri genitori delle persone pietose portavano già pronta una una cena consolatoria (vedi: cunzùle).

Ebbene qualche manigoldo non si dava indietro nemmeno in questa circostanza e ne approfittava per rimpinzarsi a ufo.

Vüje düje, festüne e murtecjille jéte truànne. = Voi due, feste e festicciole andate scovando per abboffarvi.

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Fetì a chéne murte

Fetì a chéne murte

Puzzare come un cane morto

Si usa questa iperbole per descrivere un fetore nauseabondo proveniente da una persona sozza, da un locale non aerato, dalle scarpe da tennis, ecc.  Infatti si paragona qualsiasi cattivo odore, al tanfo che si effonde dalla carcassa di un cane in decomposizione. E’ considerata pertanto la puzza per eccellenza, per antonomasia, che non esiste una peggiore, insomma, föte a chéne murte = emana un miasma insopportabile.

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Fìgghja fèmene e mala nuttéte

Fìgghja fèmene e mala nuttéte

Figlia femmina e nottataccia.

Si cita questo detto per evidenziare che si è vittima di duplice sventura.

In italiano si dice che oltre al danno c’è anche la beffa.

Anticamente, quando servivano braccia robuste per l’agricoltura e per la pesca, la nascita di una figlia femmina era considerata un po’ una sventura, almeno dal capo famiglia, perché non poteva essere d’aiuto al suo duro lavoro.

La figlia femmina poi rappresentava un debito, una cambiale, perché comportava sacrifici per poterle fornire la “dote ” se si voleva sperare di farla sposare.

Se a queste considerazioni si aggiungeva una lunga nottata passata dalla puerpera perché il parto era stato difficile, allora avveniva lo scoramento totale che ha dato origine al detto.

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