Tag: sostantivo femminile

Onne

Onne s.f. = Onda

Oscillazione di una massa d’acqua che si alza e si abbassa al di sopra e al di sotto del livello di quiete per l’azione del vento.

Quando l’oscillazione è più intensa, in italiano si dice al plurale i cavalloni i marosi.

In dialetto l’onne so’ jèrte = Le onde sono alte.

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Ombre

Ombre s.f. = Ombrina, spettro, ombra.

1) – L’Ombrina (Umbrina cirrosa) è un pesce marino della famiglia Sciaenidae, comune nel Mediterraneo, dalle carni molto apprezzate. Raggiunge anche dimensioni notevoli fino a 100 cm.
Si nutre di invertebrati che cattura nella sabbia grufolando in piccoli gruppi. Le sue prede preferite sono crostacei, molluschi (soprattutto cannolicchi) ed echinodermi (ricci di mare). Essendo eurialino, penetra frequentemente nelle foci dei fiumi e nelle lagune adattandosi alle acque salmastre. Caratteristica la livrea argentata con strie oblique. Le pinne sono giallastre scure o beige, con bordi scuri, e anche l’opercolo branchiale è bordato marcatamente di nero.
Il termine ombre riferito a questo pesce è piuttosto desueto in quanto si è modificato nel tempo, ed è usato solo dagli anziani. Infatti i pescivendoli di oggi la chiamano Umbrïne, (grafia omofona umbrüne), quasi come il nome latino assegnatole da Linneo nel 1758.

2) – Ombre s.f. = Spettro, fantasma, spirito.
Nen passéte sòtt’ ‘u castjille ca ce vöde l’ombre! = Non passate sotto il Castello perché compare il fantasma! Ma noi monelli smaliziati non ci abbiamo mai creduto!

3) Ombre nel senso di frescura è un termine piuttosto recente.
Me so’ misse all’ombre = Mi sono messo all’ombra. Fino agli anni ’60 si diceva: me so’ misse au friške (al fresco);

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Ògne

Ògne s.f e cong. = Unghia, ogni

Ogne s.f. = Unghia: formazione cornea laminare che riveste l’estremità dorsale delle dita di numerosi anfibi, rettili, uccelli e mammiferi, con funzione di difesa e offesa.
Quelle delle donne dall’età di 15 anni e fino alla vecchiaia, sono perennemente coperte da uno strato di vernice variamente colorata (l’ògne appettéte). Coloro, stranamente, credono di sembrare più attraenti, anche se le unghie sembrano artigli quando sono dipinte con lo smalto nero.
Qualcuna con un po’ di buonsenso le dipinge con lo smalto trasparente per lasciare il colore naturale. Nessuno se ne accorge, ma hanno lo stesso la copertura artificiale “protettiva”..

Ogne agg. = Ogni. Ecco con vari esempi, alcuni significati sia in lingua, sia in dialetto:

Ogne cuccuésce jì bèlle p’a mamme = ciascuna civetta è bella per sua madre (nonostante la sua bruttezza)
A ogne möde = comunque
-Ogne-e- jùrne = Ogni giorno, sempre
-Ogne-e-tànde = Ogni tanto, talvolta.
-Ognüne-ognüne = Ognuno, ciascuno, tutti.

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Nzónze

Nzónze s.f. = Sudiciume, sporcizia, untume.

Per lo più la sporcizia è dovuta a sostanze grasse e untuose.

Livatìlle ‘sta cammüse! ‘U vüte ca ‘u cullètte stéje chjüne de ‘nzónze? = Lèvatela questa camicia! Lo vedi che il colletto è piena di untume?

Pulizze ‘a cucjüne ca sté ‘a ‘nzónze = Pulisci (il piano della) cucina che è pieno di sudiciume.

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Nzògne

Nzògne s.f. = Sugna, strutto

Grasso solido di maiale, di colore biancastro, usato in cucina per friggere.

Con l’era delle diete, la sugna è aborrita dalle nostre mense.

Fé ‘a ‘nzògne = fare la cresta sulla spesa, trattenersi il resto.

Il nome deriva dal latino auxungiam = sugna.

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Nzèrte

Nzèrte s.f. = Serto

In italiano, al maschile, significa ghirlanda, corona spec. di fiori o di foglie.

Da noi, al femminile, e più prosaicamente indica una corona formata da aglio intrecciato per le code o anche un ‘grappolo’ di pomodorini accavallati con i loro peduncoli a un supporto e tenuti appesi in luogo fresco per le provviste d’inverno.

‘A nzèrte de pemedurjille non si usa più perché è stata soppiantata dal “Ciliegino” di Pachino, detto da cocktail, reperibile tutto l’anno.

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Nutrìzze

Nutrìzze s.f. = Balia, nutrice

Donna che allatta il proprio bambino o, più comunemente, donna che, a pagamento, allatta i figli altrui.

Una volta, prima che fosse diffuso il latte in polvere per l’infanzia, se una puerpera non aveva latte a sufficienza per il suo bambino, ricorreva a queste benefattrici. Il compenso era sempre molto inferiore a quello che esse davano al pupo.

Spessissimo gli si affezionavano, perché se disponevano di latte significava che avevano avuto anch’esse un loro figlio. I due bebé, succhiando allo stesso seno, erano considerati “fratelli di latte”: una cosa bellissima.

Il bambino tenuto a balia dalla nutrìzze, per tutta la sua vita, anche in età adulta, la amava e la rispettava proprio come sua madre.

In effetti non ci si può affezionare a una tettarella di gomma, convenite?

L’allattamento artificiale con latte in polvere ha cancellato la figura della balia. Le baby-sitter moderne al massimo cambiano i pannolini e somministrano un biberon pre-riempito riscaldandolo per 50 sec. nel forno a micro-onde.

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Nuöje

Nuöje s.f. = Novena, novenario.

Ciclo di preghiere, pratica di devozione cattolica in cui si dedicano nove giorni consecutivi alla ripetizione di preghiere o riti in preparazione di una festa, per implorare la grazia o per onorare un santo.

Notissime la novena dell’Immacolata o quella di Natale, tuttora praticate dai devoti cattolici.

Qualcuno, influenzato dall’italiano, dice anche nuöne o addirittura nuvöne

Che volete farci? Al giorno d’oggi tutti hanno frequentato la scuola dell’obbligo, e perciò sono senza dubbi più istruiti dei loro nonni, ma stanno modificando e banalizzando il dialetto.

Anticamente si implorava la pioggia con novena e processione per i campi. La fede era più schietta e sentita. Credo pure che funzionasse!

Qualcuno, che aveva un concetto aberrante di Dio, faceva per conto suo ‘i nuöje per implorare vendetta contro un suo nemico. Qualche mamma apprensiva faceva ‘a nuöje per far maritare la figlia.

Insomma ‘a nuöje era considerata una pratica da stregone di tribù africane piuttosto che una devozione popolare. In questa forma sbagliata il concetto era: «io dò a Dio le preghiere e Lui mi deve esaudire. Do ut des.»   Io te dòngo ‘na cosa a tte, e tu mme daje ‘na cosa a mme: roba da tarantella napoletana col Signore.

Che meschinità infinita…

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Numenéte

Numenéte s.f. = Nomea, reputazione, fama

Usato prevalentemente con valenza negativa: mala numenéte= cattiva reputazione.

Pòvere a chi töne ‘a mala numenéte = Guai ha chi ha una cattiva reputazione (anche se compie la più nobile dele azioni verrà sempre denigrato).

Quale sinonimo, di estrazione più antica perché di derivazione diretta dal latino, è il verbo mentué o mundué (←clicca)  = nominare
San Francesco, nel suo cantico delle Creature, usa in volgare il verbo mentovare: «…et nullu homo ène dignu te mentovare» = …e nessun uomo è degno di menzionare, di nominare Te.

Ora questo verbo è usato solo dai Montanari, più tradizionalisti e conservatori in fatto di linguaggio.

Jì’ pe numenéte = Essere famoso (o famigerato) per il suo operato.

Tenì ‘na mala menduéte.. = Avere ‘una cattiva nomea, una cattiva reputazione.

Mi viene in mente la solita disgraziata: Caremöla Pampanèlle.

Così va il mondo.

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Nöre

Nöre s.f. = Nuora

E’ la moglie del figlio.

Se si tratta della moglie del proprio figlio, si dice nòreme; se del figlio di chi ascolta è nòrete.

Con la suocera non sempre ha un rapporto cordiale.

Forse perché entrambe sono diventate con il matrimonio “la signora Rossi”.

Si usa dire davanti a una cosa striminzita:
Eh, e chi jì, ‘u rjéle ca facètte Berte alla nöre? = Uh, e cos’è, il regalo che fece Berta a sua nuora?

Come se tutte le suocere fossero di manica stretta.

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