Tag: sostantivo maschile

Pìzzeche

Pìzzeche s.m.= Pizzico; pala di cactus (botan.)

1) al maschile ‘u pìzzeche, significa pizzico, pizzicotto; diminutivo pizzechìlle  come ad es. nella locuzione béce a pizzechìlle = Bacio a pizzicotti sulle guance.

2) al femminile ‘a pìzzeche vale “pala da cactacee”, scientificamente detta “cladodio

Nel nome composto Pìzzeche-fechedìgne sf = “Pala” spinosa della pianta dei fichidindia e delle cactacee in genere.

Erroneamente si ritiene che la pala sia una foglia. Invece si tratta di ramo, Le foglie sono gli aculei (‘i zengüne).

Talvolta il frutto è inglobato nella pala. Allora è detto füchedègne a pìzzeche.

(Foto Michael Mourge)
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Pìsele

Pìsele s.m. = Paracarro 

Non sapevo se esistesse un termine italiano per descrivere quella colonnetta di pietra posta agli spigoli degli antichi palazzi signorili.

Feci appello agli Architetti o agli Ingegneri lettori di questo sito affinché mi dessero l’esatta denominazione.  Data la sua funzione l’avevo ribattezzata “salvaspigoli” perché ritenevo questo nome azzeccatissimo.

Nella foto  è riportata la colonnetta in Corso Manfredi, angolo Via De Florio

Un’anima buona mi ha detto che in italiano si chiama semplicemente paracarro! Difatti per evitare che carrozze o altri veicoli a trazione animale, svoltando per la strada troppo rasenti la parete, scalfissero con l’asse o le ruote gli spigoli dei palazzi.

Wikipedia mi ha dato un esempio fotografato a Kitzingen (←clicca) in Germania del tutto simile al nostro pìsele.

Una colonnetta più bella, in stile con l’edificio settecentesco, è collocata sempre su corso Manfredi angolo Via dei Celestini, sul Palazzo omonimo, ed è l’unica superstite: le altre tre che erano poste agli altri spigoli sono scomparse in questi secoli.

Negli edifici più modesti invece della colonnina posava agli spigoli un grosso frammento di roccia. Il macigno era utilizzato anche come “pedana”, un rialzo per caricare o alleggerire la il basto dell’asino, o per salire in groppa ad un mulo, un somaro o un cavallo.

Andando nei meandri della mia ormai arrugginita memoria, mi pare di ricordare che i contadini chiamassero pìsele anche ognuno dei due pilastrini in muratura che sorreggevano l’inferriata del cancello (l’insieme, ossia il cancello e i due pilastri di sostegno, era chiamato ‘u uéte= il “guado”, il passaggio).

Chiamavano pìsele anche i cippi posti ai confini dei terreni per delimitarne la proprietà, ad evitare odiosi sconfinamenti dalle conseguenze sempre spiacevoli.

E se non sbaglio erano conosciute come pìsele anche le colonnine che sostengono la trave (di legno o di pietra, cui è appesa la carrucola del pozzo. Un esempio lo troviamo nel chiostro del Palazzo San Domenico.

Queste colonnette a Mottola vengono chiamate Pisùli. A Matera vengono chiamate dai più anziani Pesüle.

In epoca contemporanea talvolta sono utilizzate, in fila e legate con una catena metallica l’una all’altra, come dissuasori o delimitatori di parcheggio. Noi usiamo per questa incombenza il comodo e pieghevole stendino….

Comunque ringrazio Matteo Borgia (Manfredonia Ricordi) per l’utilissima imbeccata.

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Piscindindì

Piscindindì s.m. = Pendente

Ciondolo oppure orecchino con pendaglio a forma di goccia.

A volte combinati con lo stesso stile, si ordinavano dal gioielliere la parure completa: pendentifcollier, anello e orecchini, tutti coordinati. Ma era roba da ricchi.

Il termine deriva dal francese pendentif. A causa dell’ignoranza il suono ha subito questa divertente corruzione.

Ora che hanno frequentato la scuola dell’obbligo, le ragazze, se vogliono farsi regalare quel tipo di gioiello, sanno benissimo come va pronunciato.

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Renéle

Renéle

Renéle s.m. = Orinale, pitale

Recipiente usato anticamente, quando non esisteva la rete fognante e ovviamente nemmeno il gabinetto, per raccogliere le minzioni notturne. Era detto in italiano pitale o vaso da notte.  Mio padre, nato all’inizio del 1900, lo chiamava esplicitamente  pisciatüre = pisciatoio, orinatoio.

Il sostantivo pisciatüre sembrava troppo rozzo, e si è modificato col tempo diventando ‘u renéle adeguandosi al termine italiano orinale.

Ricordo il grido del venditore ambulante con accento forestiero : Piatte fini, ‘o piattaro! ‘O rinale, ‘o vacile = Piatti fini, il piattaio, l’orinale, il bacile. Questi ultimi erano venduti quasi sempre insieme.

Forse le nuove generazioni non sospettano nemmeno l’utilità di questo oggetto nell’ assolvere degnamente per secoli i suoi compiti notturni.

Dopo lo svuotamento mattutino, il pitale veniva riposto nel vano del comodino, accuratamente nascosto dall’apposito sportellino.

Oggi lo usano i bambini, ha la forma di un animale domestico, e lo chiamano “vasino”.

Gli è sopravvissuto il termine “pisciatüre” per qualificare una persona o un oggetto di infimo valore.

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Pìppete

Pìppete s.m. = Peto

Siccome mi sono dilungato abbastanza su questo argomento, mi limito a riportare il termine, specificando solo che si può dire pìpete, un una sola “p”, tanto puzza lo stesso.

Andate alla casella “cerca”, digitate “scorreggia” e aspettatevi tre pagine di olezzanti risultati.

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Pìnge

Pìnge s.m. = Tegola

Elemento componibile di laterizio, usato come copertura di tetti. Esistono di varie forme.

La tegola più usata in Italia è quella a coppo, semicilindrica leggermente rastramata, ossia più larga al lato inferiore e più stretta a quello superiore, da potersi sovrapporre per qualche centimetro.

Esistono tegole piatte trapezoidali con i due lati maggiori rialzati a sponda, dette ìrmece = èmbrici, o tegole piane, usate fin dall’epoca dell’antica Roma.

In epoca moderna sono usate quelle rettangolari e scanalate chiamate “marsigliesi”, nate nel ‘900. Non so se le tegole marsigliesi hanno il corrispondente nome in dialetto manfredoniano. Invito i lavoratori edili a farsi avanti e chiarire il dubbio!

Nen anghianéte söpe ‘u tìtte ca ce ròmbene ‘i pìnge = Non salite sul tetto, ché si rompono le tegole.

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Pìnele

Pìnele s.m. = Pillola

Pillola, pastiglia, pasticca, compressa.

Preparato farmaceutico di piccole dimensioni, forma tondeggiante, con consistenza di pasta dura.

Per uso orale, la pastiglia può essere anche ricoperta di gelatina o zucchero.

Fiiguratamente: indorare la pillola per non far sentire l’amaro del farmaco durante la deglutizione.

“Basta un poco di zucchero e la pillola va giù” (dal film “Mary Poppins” – Walt Disney

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Pìmmene

Pìmmene s.m. = Pugno

Colpo inferto con la mano chiusa, con le dita piegate e fortemente strette sul palmo.

In epoca più recente, diciamo dagli anno ’40, si diceva cazzòtte = cazzotto.

C’jì menéte ‘i pìmmene ‘mbjitte = Si è battuto i pugni sul petto (in segno di pentimento…mea culpa, mea culpa!)

La famosa località garganica di Pugnochiuso era da tempo immemorabile conosciuta dai nostri bravi pescatori come Pimmenachjüse (toponimo).

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Pezzènde

Pezzènde s.m. = Pezzente

Persona che vive in condizioni di estrema indigenza chiedendo l’elemosina. Accattone, straccione.

Al plurale fa pezzjinde.

Credevo che pezzènde derivasse dalle innumerevoli pezze e toppe con cui erano riparati i suoi miseri indumenti.  Invece ho scoperto (non è mai troppo tardi) che deriva dalla forma participiale petiente del verbo latino petere = chiedere,supplicare

Mia nonna usava addirittura un verbo. Jì pezzènne = andare chedendo l’elemosina, fare accattonaggio (non esiste il verbo ‘accattonare’ in italiano).

Ora l’accattonaggio è proibito per legge. Ricordo parecchi mendicanti che giravano per le strade nell’immediato dopoguerra. Ognuno aveva un intercalare, come il grido dei venditori ambulanti.

C’era un vecchietto che gridava dalla strada in direzione di ogni casa: “Gesùmmaria patro’!” = Gesù e Maria, padrona!.

Un altro con vistose stampelle si trascinava per la via e si appellava al cuore delle mamme: “Avjite cumbassióoone ‘e ‘nu pòvere figlje ‘e màaamme, mitragliàaate sott’u bumbardamènde ‘e Fògge”. Una cadenza forestiera cantilenata con voce squillante, da banditore.

Altri ancora si ponevano allineati in postazione strategica davanti al Cimitero, o la domenica davanti alla Chiesa madre. Per la Festività di Ognissanti pernottavano nella Taverna (De Vita?) in Largo S.Francesco, per un paio giorni, in modo che si potessero spostare al vicino cimitero.

Erano itineranti e cambiavano piazza con il loro fagotto contenente tutte le loro  misere cose.

Chissà se qualcuno se li ricorda ancora….Parlo del 1948, o 1949.
Tanti anni fa!

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Petturüne

A) Petturüne s.n. = Pastelli, matite per colorare.
Il nome deriva dal verbo petté o appetté, pittare, colorare, dipingere.

Una delle cose più care dei miei ricordi della prima elementare: la scatola dei pastelli, sei colori, marca Fila, modello Giotto.  Solo sei colori, ed erano sufficienti per farci volare con la fantasia in un mondo in Technicolor!
Mi sovviene anche l´odore di questi pastelli, col legno grezzo, che dovevano durare tutto l´anno e magari anche l´anno successivo…

Una pubblicità ingenua, che ora fa tenerezza, stampata sulla scatoletta di cartone, declamava:
“Se nel disegno vuoi prendere otto
matite Fila e pastelli Giotto”

Conservavo i miei petturüne (….profumo di fanciullezza) dentro un’astuccio metallico riciclato dalle cianfrusaglie dei militari Alleati di stanza a Manfredonia.

B) petturüne s.f. = pettorina

Mia moglie mi ha ricordato che, al femminile, ´a petturüne era la parte superiore del grembiule (´u senéle).

C) ‘A petturüne s.f. solino.
Indicava anche il “solino”, cioè il colletto inamidato della camicia da uomo, separato dall’indumento, che si univa al resto con un bottoncino sul dietro e un altro sul davanti.
L´avremo visto mille volte nei film di Totò.

In italiano “solino” indica anche il tipico colletto azzurro bordato di bianco facente parte della divisa dei marinai di tutto il mondo (´i suldét´a marüne), ricadente sul di dietro in un rettangolo con le stellette.,.

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