Mese: Maggio 2018

Sanda Cungètte, a Natéle diciassètte

Sanda Cungètte, a Natéle diciassètte

Santa Concetta, a Natale mancano diciassette giorni.

Un modo mnemonico per contare i giorni che mancano al Natale dall’8 dicembre.

Pio IX l’8 dicembre 1854 proclamò il Dogma della Immacolata Concezione di Maria,   Maria sine labe originali concepta = Maria senza peccato originale (fu) concepita. Quest’ultimo verbo (concepta) era più agevolmente  pronunciato “Concetta”.  Diventò presto nome proprio femminile, come anche “Immacolata”, usati largamente fino a pochi decenni fa in prevalenza nel Sud Italia.

Questa vigilia veniva commemorata dai ragazzini con un grandioso falò (‘a fanöje). Per alimentare il fuoco tutti i bambini giravano casa per casa chiedendo “‘na lègna a Sanda Cungètte“. Le massaie avevano tutte in casa una discreta provvista di legna da ardere, poiché non era ancora comparso il gas in bombole per uso cucina, e ne davano volentieri un pezzo ai questuanti.

Altri eventi, non secondari, che tradizionalmente cadevano in questa vigilia:
-l’allestimento del Presepio;
-la preparazione delle pèttole;
la cena di “magro”, essendo giornata di astinenza dalle carni, consistente in una spaghettata condita con sughetto di baccalà o anche di cicale e sparroni.

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Sanda Chiére, döpe arrubéte hanne mìsse ‘i porte de fjirre

Sanda Chiére, döpe arrubéte hanne mìsse ‘i porte de fjirre

(Al convento di) Santa Chiara, dopo che fu depredato dai ladri, le (monache) posero le porte di ferro.

È chiaro che gli interventi tardivi, quando il danno è ormai giù stato fatto, sono del tutto inutili. Prevenzione occorre, prevenzione!

Un memorabile furto al convento di Santa Chiara (il celebre Munastero ‘e Santa Chiara di Napoli) destò un enorme scalpore, in tutto il Sud Italia. Difatti questo stesso proverbio, di origine napoletana, è conosciuto oltre che in Campania, anche da noi, in Basilicata, in Calabria, constatato personalmente, e forse anche in Sicilia.

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Sanda Catarüne ‘a növe söpe la spüne

Sanda Catarüne ‘a növe söpe la spüne

Va bene anche la grafia omofona Sanda Catarïne ‘a növe söpe la spïne

Antico proverbio contadino conosciuto anche in altre parti d’Italia.

Santa Caterina cade il 24 novembre ed è prologo dell’inverno. Quindi in concomitanza con quella data, specie nei paesi di montagna, cade la prima neve.

Per questioni di rima i campagnoli la fanno rimanere su ogni spina dei cespugli ormai sprovvisti di foglie, cadute inesorabilmente con l’autunno.

Mia nonna diceva che Santa Caterina era pesciacchjére…. (che produce molta plin-plin) figuratamente apportatrice di acqua, di pioggia, ben accetta dal mondo rurale.

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Sand’Anne, lìbbere a figghje e mamme.

Sand’Anne, lìbbere a figghje e mamme.

Sant’Anna, libera (salva, proteggi ) figlio e mamma.

Bisogna ricordare che secondo la tradizione cristiana, Sant’Anna, madre della Vergine Maria, è considerata la Protettrice delle partorienti e delle donne incinte, che a lei si rivolgono per ottenere da Dio tre grandi favori: un parto felice, un figlio sano e latte sufficiente per poterlo allevare.

Quindi questo Detto popolare è una vera e propria invocazione alla Santa perché il parto avvenga presto e senza complicanze. Veniva sempre detta con voce supplichevole.

Fino agli anni ’60 quasi tutte le gestanti partorivano in casa con l’aiuto della levatrice. In Ospedale si ricorreva spesso quando sorgevano complicazioni, e purtroppo spesso con esiti letali per la puerpera e per il nascituro.

In dialetto quando una donna avanti con gli anni desidera una gravidanza o è incinta, la si paragona a Sant’Anna: Sì, ò fatte Sand’Anne = Già, ha fatto (o ha intenzioni di fare) come Sant’Anna, che ebbe prodigiosamente Maria da San Gioacchino in età avanzata.

Ringrazio l’inesauribile Alfredo Rucher per il suo suggerimento.

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Sand’Andùnje c’ì ‘nnammuréte d’u purcjille..

Sand’Andùnje c’ì ‘nnammuréte d’u purcjille..

Sant’Antonio si è innamorato del maialino…

Si dice esclamando e lasciando in sospeso la frase.

Tipico Detto manfredoniano per enunciare che non si comprende come possa piacere una persona (fidanzato, ecc.) o anche una cosa o un’azione.

Il riferimento è all’icona di Sant’Antonio Abate. Si festeggia il 17 gennaio, giorno di apertura del Carnevale [ Sand’Andunjie, mašchere e sune]. Nello stesso giorno gli allevatori fanno benedire gli armenti.

Il Santo nell’iconografia tradizionale, viene rappresentato con il maialino ai piedi o in braccio: è infatti il santo patrono degli animali domestici e da reddito.

Si vuol significare quindi che, come è inspiegabile il fatto che il Santo abbia in simpatia (se ne sia innammorato!) un animale così bruttarello e sporco, così non si comprende la simpatia (o infatuazione, o attaccamento) dell’interlocutore con una persona tanto brutta o insignificante.

(testo di Enzo Renato)

Nota: il termine purcjille è meno diffuso di purchecjille.

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San Gesèppe ho passéte ‘u chjanùzze

San Gesèppe ho passéte ‘u chjanùzze

San Giuseppe ha passato la pialla.

Questo detto ironico viene pronunciato per indicare una ragazza con il seno scarsamente sviluppato.

La poverina avvertiva il disagio e arrossiva al solo sentire l’inizio della frase, perfidamente pronunciata sottovoce da qualche mascalzone sfottente, ma ugualmente udibile dall’interessata.

Raramente mostrava spirito e prontezza da spaccargli una borsetta in testa.

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Salüte e frasche

Salüte e frasche…

Questa tiritera si ode nelle campagne della Puglia piana, con inflessioni dei paesi garganici o cerignolani o di Bbascja marïne (Margherita, Barletta, Trinitapoli, ecc.).

Salüte e frasche, decètte ‘a crépe!
tutt’li müse vularrüje ca jèssere e venèssere,
ma ‘u möse d’ajóste mé venèsse:
dalla carne fanne l’arróste
e jìnd’a pelle mèttene ‘u móste.

Salute e frasche (cibo gradito alle capre) disse la capra. Tutti i mesi vorrei che andassero e tornassero, ma il mese di agosto non dovrebbe mai arrivare, perché (in quel mese) dalla (mia) carne fanno l’arrosto, e nella  pelle (da cui creano l’otre) mettono il mosto.

Insomma agosto è un mese nefasto per i caprini, ma non per noi…

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Chi zappe jéve l’acque e chi pöte, jéve ‘u vüne

Chi zappe jéve l’acque e chi pöte, jéve ‘u vüne

Colui che zappa, ottiene acqua, ma colui che pota avrà il vino.

Proverbio contadino, che esalta le operazioni di potatura, che arricchiscono la produzione delle colture. Il potatore era specializzato e la sua opera apprezzata e ben remunerata.

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I fatte ca nen ce fanne nen ce sàpene…

I fatte ca nen ce fanne nen ce sàpene…

Il Detto completo recita così:

I fatte ca nen ce fanne nen ce sàpene, ma quìdde ca ce fanne, ce sàpene

Le azioni che non si commettono chiaramente non si sanno, ma quelle compiute trapelano e diventano di pubblico dominio.

Ecco un ulteriore invito alla prudenza e a comportarsi correttamente, perché prima o poi tutto viene a galla.

I proverbi quasi sempre si rivelano maestri di vita e, come dicevano gli antichi, saggezza dei popoli.

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