Mese: Maggio 2018

Chi sté alla chése, böna fertüne li trése

Chi sté alla chése, böna fertüne li trése

Alla lettera: chi sta alla (propria) casa, buona fortuna gli entra. In italiano un po’ più corretto: “Chi resta in casa propria, guadagna buona fortuna”.

Ossia non si espone a pericoli: aggressioni, tumulti, piovaschi, litigi, incidenti, borseggi, cadute, ecc.

Quindi, per prudenza, sarebbe meglio rimanere tappati in casa. Troppo riduttivo e pessimista.

Ovviamente veniva enunciato a posteriori, ossia a disgrazia avvenuta, da qualcuno lì presente, al posto di esprimere parole di conforto, con significato di: “Avresti fatto bene a rimanere in casa!”….

Una specie di rimprovero/beffa. Il malcapitato, se ancora lucido, lo avrà mandato quel paese.

Questo proverbio è decisamente contraddittorio con quell’altro che dice: chi jì fèsse, stèsse alla chése.

Esiste la variante finale….. “böna jurnéte li trése” = guadagna una giornata, intesa come compenso di lavoro. Questo è riferito alle donzelle, che si applicherebbero alle faccende di casa invece di andare scussiànne!

Ringrazio il lettore Roberto Trotta per avermi dato lo spunto a redigere questo post.

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Chi sté ‘nnànze, me pàsse, ma chi sté dröte, me vöte jì ‘nnanze.

Chi sté ‘nnànze, me pàsse, ma chi sté dröte, me vöte jì ‘nnanze.

Chi mi precede, è sicuramente migliore di me, ma chi mi sta dietro può solo vedermi progredire.

Un po’ considerare il proprio ruolo nella società, dove molti, in una scala di valori, sono collocati più in alto.

Tuttavia non c’è da sottostimarsi, perché ci sono anche quelli con meno talento, abilità, virtù, qualità.

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Chi spüte ‘ngile, ‘mbacce lu jéve

Chi spüte ‘ngile, ‘mbacce lu jéve

Chiunque lancia uno sputo verso il cielo, lo ha (di ritorno) inevitabilmente sulla faccia.

È un monito a non disprezzare nulla di ciò che si ha ricevuto, a non mostrare ingratitudine, o a non comportarsi con arroganza, superbia, insolenza.

Ora si usa, parlando figuratamente, che qls argomentazione negativa può diventare un boomerang, ossia si può ritorcere contro colui che l’ha lanciata.

Insomma, come in quasi tutti i proverbi, saggezza dei popoli, si invita alla prudenza, alla temperanza, alla modestia.

C’è chi dice, col medesimo significato: Chi spüte ‘ngile, ‘mbacce lu vöne

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Chi sparte jéve ‘a megghja parte.

Chi sparte jéve ‘a megghja parte.

Colui che divide ha la parte migliore.

Il proverbio ha una doppia valenza.

Il dividere due contendenti che si azzuffano può rischiare di rimediare qualche pugno casuale.

Il dividere le vettovaglie tra amici induce a trattenere per sé la parte migliore.

Calzano entrambe le interpretazioni.

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Chi sparàgne spröche

Chi sparàgne spröche

Chi risparmia spreca.

Questo proverbio suggerisce di non andare troppo per il risparmio perché la qualità peggiora, e poi si è corstretti a comprare un’altro oggetto che rimpiazzi il primo, malfunzionante a causa della sua pessima qualità.

Quindi spende due volte. Nessuno regala niente.

Mia nonna diceva, con lo stesso significato: Chi sparàgne spènne = Chi risparmia spende

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Chi pröje ‘a morte de l’ate, a söve sté addröte ‘a pòrte

Chi pröje ‘a morte de l’ate, a söve sté addröte ‘a pòrte

Chi prega la morte degli altri, la sua sta dietro la porta.

Più correttamente traduciamo: Chi desidera la morte degli altri, non sa che la sua sta dietro l’uscio pronta a ghermirlo.

Invito alla prudenza e alla moderazione e al perdono cristiano.

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Chi péje annànze jì méle servüte

Chi péje annànze jì méle servüte

Chi paga in anticipo è male servito.
Questo proverbio, come sempre, invita alla prudenza.
In questo caso consiglia di pagare un bene o una prestazione d’opera solo alla fine, quando si può verificare ciò che si è ottenuto.

Infatti spesso chi richiede un lavoro, e per ragioni che no sto qui a discutere non rimane soddisfatto, è costretto a inseguire il prestatore d’opera per ottenerne rifiniture o completamenti. Se invece non lo ha liquidato in anticipo, sarà costui a corteggiare il committente per farsi pagare retribuire quanto pattuito.

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Chi nen völe fé u’ mìgghje, fé ‘u mìgghje e ‘u migghiéje.

Chi nen völe fé u’ mìgghje, fé ‘u mìgghje e ‘u migghiéje.

Alla lettera significa: Chi non vuole fare il miglio, fa il miglio e il migliaio.

Un Detto popolare che sollecita l’operosità. Se non hai voglia di fare un’azione, e la rimandi, alla fine sarai obbligato a farla ugualmente, con maggiore dispendio di forze e con ulteriore fatica.

In lingua si dice: non rimandare al domani quel che puoi fare oggi.

Ringrazio il lettore Lino Brunetti per avermi fornito questa chicca dialettale.

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Chi nen töne uéje e ce li véje truanne…

Chi nen töne uéje e ce li véje truanne…

Proverbio completo:
Chi nen töne uéje e ce lì véje truanne, bijéte a còddu Düje ca ce li manne = Chi non ha guai e se li va cercando, beato a quel Dio che glieli manda.

Piccola variante: Chi nen töne lì uéje e ce li véje pegghjànne, benedìtte a Criste ca ce lì manne! = Chi non ha guai e se li va cercando, benedetto Cristo che glieli manda.

Rivolto a colui che sfida le più elementari norme di prudenza.

Sfidare la sorte significa farsi venire i famosi “pruriti di culo” (←clicca). Presto se ne pagheranno le conseguenze di persona.

Chi è causa del suo mal, pianga se stesso.

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