Carna triste, ne la völe Crìste
La carne triste, non la vuole Cristo.
La gente malvagia vive a lungo, come per una contraddizione. Sono sempre i migliori quelli che se ne vanno.
Ossia: L’erba cattiva non muore mai.
Carna triste, ne la völe Crìste
La carne triste, non la vuole Cristo.
La gente malvagia vive a lungo, come per una contraddizione. Sono sempre i migliori quelli che se ne vanno.
Ossia: L’erba cattiva non muore mai.
Cambéna sànde ca jìsse jì stéte
(Il suono della) campana (santa, della chiesa, che sta giungendo proprio in questo momento, conferma i miei sospetti) che lui è stato (l’autore del misfatto).
Il Detto praticamente potrebbe tradursi con la locuzione: Ci puoi giurare
Quando si cerca il colpevole di qualche malefatta, e si esprimono dei sospetti, può capitare un evento ritenuto rivelatore che conferma le congetture espresse.
In questo caso è il suono il sopraggiunto concomitante suono della campana della chiesa, quindi un segnale sacro che viene dall’Alto.
Allora i sospetti sono davvero fondati! Il dubbio che diventa certezza, senza alcuna prova.
Roba da far inorridire qualsiasi giurista.
Grazie a Enzo Renato per lo spunto fornitomi su facebook
Ca te vònn’acciüde
Che ti vogliano uccidere.
È un’imprecazione (simile al romanesco va a morì ammazzato o morì-ammazzato) vivace e immediata contro qlcu che ci procura un danno, un dolore fisico, un inganno, ecc.
Esistono numerose varianti, naturalmente: ca t’anna acciüde, ca t’anna sparé, ca t’anna ‘mbènne = che ti debbano uccidere, che ti possano sparare, che ti vogliano appendere (nel senso di impiccare), ecc.
Per completare il simpatico augurio, segue immancabilmente la specificazione del destinatario, caso mai non si capisse bene: ‘stu desgrazzjéte!= questo farabutto!
Che io sopporto e sopporto…
Qlcu completa la frase rimasta intenzionalmente in sospeso:
…e po’ te lu fazze vedì quante lu tènghe! = …e poi ti faccio vedere quanto lo tengo!
Che cosa? Il fegato ingrossato dalla rabbia repressa?
Ogni pazienza ha un limite!
Bòngiorne ciócce chernüte…
Il Detto completo recita così:
Bòngiorne ciócce chernüte,
apprüme ha mangéte e pòje sì venüte!
Ossia: Buongiorno, asino cornuto, prima hai mangiato e poi sei venuto!
E’ il saluto un po’ sarcastico rivolto all’amico che, chiamato per un’impellenza, si è presentato solo dopo aver sbrigato le sue faccende.
Mi assale un ricordo dolce.
Mia madre mi sollecitava ad arrivare in orario alla Messa, altrimenti questo “rimprovero” (escluso l’aggettivo “cornuto”, disdicevole per un bambino) l’avrebbe pensato Nostro Signore, vedendomi arrivare in Chiesa quando la Celebrazione era già iniziata.
Bbune-bbune e scàzze ì trùne
Questo Detto calza con il corrispondente italiano “Acqua cheta logora i ponti”. Come per amonire di non fidarsi di coloro che sembrano calmi e tranquilli perché sanno tirar fuori qualità impensate, sorprendenti.
Il soggetto bbune-bbune (tranquillo, silenzioso) schiaccia i tuoni.
È necessario spiegare alle nuove generazioni che i “tuoni” ‘i trùne in questo caso indicano dei potenti petardi (botte a muro) inesplosi.
Ebbene inaspettatamente il nostro soggetto li calpesta incurante del pericolo, mostrando coraggio e decisione.
Ovviamente si parla per metafora, come per evidenziare che quella persona, senza far strepito va direttamente al concreto.
È usata, con lo stesso significato, una seconda edizione di questo Detto: Cìtte-cìtte, scàzze ‘i trùne
Sono valide entrambe le versioni; la scelta dell’una o dell’altra dipende dal parlante e dalla maniera in cui l’ha memorizzata.
Avì pavüre ca ‘u cüle arròbbe ‘a cammüse
Temere che il culo rubi la camicia.
Ci sono due correnti di pensiero sul significato di questo detto:
1 – Essere sospettosi al massimo grado. Non infila nemmeno i lembi della camicia nei pantaloni per timore che vengano divorati dal suo culo…;
2 – Essere avaro, gretto, taccagno, spilorcio, sordido. Si tiene stretta la sua roba per paura di perderla.
Io propendo per la n. 1.
Chiedete alle nonne e replicate! Così si mantiene memoria storica della nostra parlata.
Avàsce ca vìnne
La frase alla lettera significa: ribassa così vendi.
È una delle prime regole usate nei secoli dai commercianti, molto tempo prima che inventassero le diavolerie codificate del marketing. Semplice ed efficace.
Cioè: quando hai il magazzino pieno di merce invenduta, l’unico modo di sperare di rientrare con le spese, magari guadagnandoci il minimo possibile, è quello di ribassare i prezzi per richiamare la clientela. È inutile nutrire la speranza di guadagnare 100 quando puoi aver la certezza di rientrare nelle spese e magari lucrare un simpatico 30.
Quando i meloni stanno sulla bancarella da molto tempo, avàsce ca vìnne, altrimenti son dolori…
Lega l’asino dove vuole il padrone.
Se sei un subalterno fa quello che ti chiede il Superiore, anche se a te l’ordine sembra cervellotico.
Pertanto, onde evitare qualsiasi tipo di discussione, inutile e controproducente, conviene fare quanto ordinato.
Assì p’u pàlje e arretràrece p’u tammórre
Uscire con il pallio e ritirarsi col tamburo.
Simile ala locuzione in lingua italiana: “Assalto francese e ritirata spagnola”.
L’impeto iniziale è andato scemando, e alla fine è rimasto solo il tamburo a marcare il tempo di una banda che si è sfiancata a suonare dietro il pallio della processione.
Il Detto vuole sottolineare che spesso l’entusiasmo si spegne, magari alla prima difficoltà.