Còppe ‘u ujinde top. = Altura del vento
Toponimo indicante una località a pochi km da Siponto in direzione Foggia, praticamente all’innesto della nuova SS 89 per Foggia.
Conza-piatte s.m. = Conciapiatti
Persona che per mestiere riparava non solo i piatti, come si evince dal termine, ma ombrelli e altri piccoli oggetti.
Deriva da cunzé = conciare, aggiustare e piatte, di chiaro etimo.
E’ diventato soprannome da mestiere.
Contramalùcchje s.m. = Amuleto, talismano, portafortuna
Contramalùcchje = contro il malocchio.
Piccolo oggetto da portare sulla persona, creduto, per superstizione, capace di proteggere da mali o da pericoli e per propiziarsi la fortuna.
Da noi specificamente ha la funzione di difenderci dall’altri invidia.
Per esempio:
-il sinuoso cornetto rosso usato come ciondolo o quello mignon d’oro attaccato alla collanina (che è blasfemo quando viene messo assieme ad un’immagine sacra);
-la mandorla doppia “siamese”, cioè attaccate alla base e somigliante a un paio di mammelle appuntite;
-un rostro mobile della chela di favollo (‘a pelöse);
-un paio di corna di ariete fissato sull’architrave dell’ingresso principale delle case di campagna;
-il ferro di cavallo attaccato all’uscio di casa;
-il vistoso corno di vacca, fissato a una base di legno che fa bella mostra di sé nelle case antiche, con un nastrino rosso annodato a fiocco alla sua base o a metà lunghezza; ecc. ecc.
In emergenza, in assenza di questi oggetti, per contramalucchje bastava “fare le corna” con una mano nascosta.
I maschietti ricorrevano ad una veloce grattatina sui “paesi bassi”, capisci a me.
Quando si riceveva un complimento, temendo che costui o costei lo facesse per invidia, prontamente si facevano le corna con la mano. Sapendo l’andazzo, la pesona cerimoniosa terminava il complimento con un bel “benedüche“. dimostrando la buona fede.
La nostra generazione è smaliziata e non corre più dietro a queste sciocchezze (almeno spero!).
Mi scompisciai dalle risate quando all’età di otto anni, razionalmente, chiesi a mia madre che cosa significasse quel corno lucido e nero che faceva in bella mostra di sé sopra il bordo dell’intavolato divisorio. Ella con un bell’italiano, impensabile per l’epoca pre-televisiva, citò un distico endecasillabo assonante che mi si è attaccato nella memoria, e che mi fa sorridere tuttora quando ci penso:
“Contro l’invidia della mia fortuna,
prendo ‘sto corno: glielo ficco in cu…..!”
Chissà dove lo aveva appreso!
Conghe s.f. = Tinozza, mastello, bagnarola, conca.
Recipiente di ferro zincato, o di legno o di altro materiale usato generalmente per fare il bucato a mano o anche per fare il bagnetto ai bambini.
In dialetto era usato anche il termine tüne = tina.
Tènghe da fé ‘na conghe de pànne = Ho da lavare un’intera tinozza di biancheria.
Da jogge ca stéche ‘mbacci’a ‘nna conghe de panne = È da questo pomeriggio sono impegnata su un mastello di panni (da lavare)
Còmete = Recipiente
Contenitore per raccogliere generalmente i liquidi da trasportare.
Si tratta di un sinonimo di mercjöne.
Esempio: Ha purtéte ‘u còmete? E mo’ add’jì ca t’agghja mette ‘u làtte? = Hai portato il recipiente? E adesso dove ti debbo versare il latte?
Deriva da comodo?
Colocènze s.f. = Tregua
Alla lettera significa “con licenza”.
Veniva pronunciato da uno dei partecipanti ai giochi fanciulleschi, per sospendere una pena, o un inseguimento. Qualche bimbo pronunciava anche calocènze!
Si dichiarava il colocènze ad alta voce, in modo che anche gli altri bimbi potessero sentire la richiesta di scuse per l’errore commesso nello svolgersi del gioco.
Si evidenziava così l’inintenzionalità, la mancanza di dolo.
I bambini stabiliscono le regole e le seguono scrupolosamente. Cosa che i grandi, specie gli uomini politici, non sempre lo fanno.
Cöla-cöle s.f. = Gazza
La Gazza (Pica pica, o Pica hudsonia) è un uccello comune dal piumaggio nero e bianco, che si nutre di frutti, ragni, insetti, ma anche di uova e nidiacei di altri uccelli.
Viene detta Gazza ladra perché, come molti rapaci, è attratta da oggetti luccicanti e anche per la sua abitudine di depredare i nidi di altri volatili.
Vive in spazi aperti, ma da qualche lustro si spinge anche nei centri abitati alla ricerca di cibo e non è per niente spaventata dalla presenza umana.
Un po’ come fanno i gabbiani che si vedono ora numerosi nelle discariche ubicate molti km all’interno della costa. Evidentemente perché per loro è più facile reperire il cibo nell’immondezzaio, anziché procurarselo, tuffandosi reiteramente in mare, alla ricerca di qualche pesciolino.

È un oggettino utile. In sua assenza si faceva ricorso al temperino (‘u curtellózze) e adesso al taglierino.
Non mancava mai nel corredo del bravo scolaro. Nell’astuccio di legno con il coperchio a slitta, venivano riposti la penna, la matita, la gomma e l’utilissimo temperalapis.
Il termine deriva da cugné, rendere appuntito come un cuneo, e da lapps = lapis, matita.
Accettabile anche la grafia cogna-làppese.
Cógghje s.f. = Scroto
Struttura muscolare e membranosa sacciforme contenente i testicoli, posta nella regione delimitata dal perineo, dal pube e dalla radice delle cosce (De Mauro).
Generalmente oltre al sacco contenitore, si estende il significato di questo termine anche al suo contenuto, specie se c’è una patologia erniaria in atto.
Me döle ‘a cógghje = Sento dolore al basso ventre (a causa del’ernia inguinale).
Non c’entra nulla con il nostro dialetto, ma mi diverte l’espressione napoletana: ‘a uàllera.
Còffe s.f. = Cesto
Cesto a forma tronco-conica, provvista di manici, usata dai muratori per contenere e sollevare pietrame e mattoni.
Per estensione, vista la stessa forma, si è affibbiato questo nome anche alla cavedarèllacaldarella di ferro che contiene la malta.
In termini marinareschi la coffe è una sorta di terrazzino con steccato di protezione, fissato sugli alberi dei velieri, destinato a contenere i marinai addetti alle manovre delle vele o alla vedetta in mare (mitico l’urlo:terra, terra! nei film d’avventura lanciato dagli uomini di vedetta sulla coffa….)