Categoria: C

Ciammjire

Ciammjire s.m. = Pastone, pastura

Corretta anche la versione ciammìrre, o ciammire.

Miscuglio di diversi ingredienti usato come pasto per gli animali d’allevamento.

Il lettore Luciano Nicola Casalino mi scrive:
«Ciammire, alias “lo zimbello”. Usato dai vecchi uccellatori manfredoniani (Agostino Bronzino, Andonjie “Maccarone”, “Scattazze”, “Ciocciamére ecc). Il povero volatile veniva imbragato e legato ad una asticella azionata dall’uccellatore mediante una corda. Serviva come richiamo visivo per con scopi specifici. Il termine dovrebbe significare ” si ammira/si fa ammirare”».

In ambito marinaresco si intende una poltiglia composta da interiora e da scarti di pesce che si lancia in mare allo scopo di far radunare sgombri, o altre specie di pesci di media grandezza e poterli catturare più numerosi con la rete da lancio (‘u resàcchje).  Insomma una specie di esca. Nel nord tarantino lo chiamano ggiamiélle.

In entrambi i casi di tratta di un “richiamo” per animali vivi.

Quando i pescatori vogliono descrivere un affollamento, un assembramento, dicono che le persone radunate acchessì stèvene, a ciammjire = così stavano, come stanno addossati i pesci che si radunano veloci a banchettare quando il pastone viene gettato in mare.

Nell’evidenziare acchessì = così, univano e staccavano le punte delle dita contro il pollice ripetutamente per almeno tre volte per significare la calca, uno addosso all’altro.

Una curiosità: al tempo dell’antica Roma, la poltiglia suddetta di interiora e scarti di pesce, si faceva fermentare a lungo sotto i raggi del sole.   Si otteneva una pastella molto usata per condimento. Il famoso garum, ritenuto prelibato a quei tempi.

Io penso che semplicemente faceva schifo… a meno che con la fermentazione non assumesse il profumo delle acciughe e l’agro dell’aceto. Chissà.
Ho visto in commercio una cosa simile, chiamata “colatura di alici”, ma non so com’è.

Ho assaggiato invece il “garo” calabrese, fatto di bianchetto e peperoncino, da spalmare sul pane come la nutella. Beh, questo lo raccomando anche ai delicati di stomaco.

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Ciamùrre 

Ciamùrre s.m. = Raffreddore, cimurro.

Accettabile anche la voce più antica ciamùrje.

Il nome deriva dal greco antico kimos = umore e reo = scorrere.

Il fastidioso raffreddore, nonostante la somiglianza del nome ciamurre con “cimurro” non prende questo nome dalla malattia dei gli animali  (Morva ), ma forse solo dalla caratteristica  estrema contagiosità di entrambe..

Tjine ‘u ciamùrre? Fàtte ‘nu belle decòtte de cambumìlle e fjüre de malve! = Hai il raffreddore? Preparati un bel bel decotto di camomilla e fiori di malva.

Era, e forse è ancora, l’unico palliativo contro questo malanno stagionale.

Ringrazio il prof. Michele Ciliberti per avermi fornito l’etimologia del termine, e il dott. Enzo Renato per le preziose notizie di carattere veterinario.

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Ciandèlle 

Ciandèlle s.f. = Pettegola

Tipicamente femminile, questo sostantivo descrive una popolana che fa abitualmente del gossip, arricchito, abbellito e adattato per curiosare e deridere una vicina, una conoscente, ecc.

È detta anche, rafforzativamente ciandèlle de stréte = pettegola da strada, perché sta poco in casa, intenta com’è a rapportare e riferire alle sue comari consimili tutti i fatti accaduti, rivisitati o addirittura inventati.

In quest´ultimo caso di tratta di (clicca→) zingramjinte, ossia azioni da zingre, (= zingari persone ritenute inaffidabili), passibili di denuncia per calunnia.

La ciandèlle spesso è litigiosa quando qualcuno la contesta. Allora non disdegna di regolare immediatamente i conti, proprio per strada, ricorrendo alle maniere forti e, perché no, a zuffe. Clicca su→ dellìrje de la Luciüje

Al maschile si dice rócche-rócche ( con la “ó” stretta, pronunciata quasi u).  Un suono onomatopeico che imita il garrire dei piccioni, insistente e noioso.
Un po´come il napoletano inciucio  che imita il ciu-ciu dei passeracei e che significa ugualmente pettegolio.
Per completezza linguistica, al femminile i napoletani usano ‘nciucessa (pettegola professionale (!)… con desinenza -essa, come dottoressa, professoressa, ecc…) o capèra (pettinatrice a domicilio notoriamente apportatrice di pettegolezzi).

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Ciangularüje 

Ciangularüje s.f. = Ghiottonerie, golosità

Ghiottonerie, dolciumi che fanno gola. Usato generalmente al plurale.

Per brevità si può anche dire Ciàngule e Ciangulamjìnde.

Dolciumi vari

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Cianguljìre

Cianguljìre agg. = Goloso

Goloso specialmente di dolciumi.

Sto per dare una spiegazione per nulla scientifica: mi piace pensare che il termine ciangulj’re derivi da “gola”.

Immagino che significhi: quello che vede ce l’ha già in gola

La desinenza -iere (come barbiere, salumiere) in dialetto si volge in -jìre

Al femminile fa ciangulöre

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Ciannódde 

 Ciannódde, sopr., s.m. = Organi genitali esterni femminili.

Dim. di ciànne s.m. = vulva.

Collega di Picciacchèlle, e compagna di “ghiochi” erotici con Cazzijlle??..

Che ammucchiata! Che orgia!

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Ciannózze

Ciannózze s.m.= Vulva

Vedi peccjöne e sinonimi. In questo caso è al diminutivo

Simile al precedente ciannódde . Deriva da ciànne.

Vedi peccjöne e sinonimi. In questo caso è al diminutivo

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Ciappètte

Ciappètte s.f. = Gancetto

Piccolo gancio metallico a due occhielli, che ha come controparte un cerchietto, anch’esso con due occhielli. Sono adoperati, cuciti sulla stoffa, per tenere allacciati due lembi di abiti, specialmente da donna.

Esistono di varie misure, a seconda se si devono usare su camicette, su reggiseni, su gonne o su soprabiti e mantelline.

Per estensione si intendono anche i punti metallici dati con la cucitrice da ufficio, per tenere insieme due o più fogli di carta, nonché punti chirurgici metallici, usati una volta per suturare tagli e lacerazioni

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