Maciöre s.f. = Muretto di pietre a secco
Muretto costruito con sassi sovrapposti, ben assestati e incastrati, eretto senza uso di malta.
Tipici del sud Italia e nelle isole. Li ho visti anche in Abruzzo. Quelli siciliani hanno tutti la cimasa, cioè una modanatura curva e sporgente, a forma di sguscio, sempre di pietra modellata. Questa rifinitura, impedendo agli agenti atmosferici di penetrare nel corpo del muretto, ne prolunga la durata.
Wikipedia dice che esistono anche in Irlanda e che erano in uso nell’antica Roma col nome di murus gallicus.
Normalmente segnano i confini tra i vari campi o oliveti o terreni appartenenti a proprietari diversi. Sono anche usati nei terreni scoscesi, come muri contenitivi dei terrazzamenti.
Esistono da secoli, e resistono nonostante gli innumerevoli terremoti susseguitesi negli anni.
Regno incontrastato di lucertole e chiocciole.
Il dialetto questa volta è più ricco dell’italiano che non ha un termine specifico per definirlo.
Nelle zone garganiche è chiamata macére.
L’assonanza con il termine italiano “macerie” non tragga in inganno. Se un muretto crolla significa che non fu costruito a regola d’arte.
Curiosità:
Con questo stesso sistema (cioè senza uso di leganti) in Puglia furono costruiti i Trulli, in Sardegna i Nuraghe. Esistono a secco anche delle piccole costruzioni rurali usate per ripararsi e per custodire attrezzi agricoli dette in Puglia pagghjére, e in Sicilia pagghiaru.
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