Tag: sostantivo femminile

Nènne

Nènne s.f. = Pupilla

Apertura circolare posta al centro dell’iride, attraverso la quale passano i raggi luminosi che colpiscono la retina.
(mmagine reperita in rete).

Pleonasticamente in dialetto qlcu dice ‘a nènne de l’ùcchje = la pupilla dell’occhio.

Ignorantemente qlcu con questo sostantivo intende anche l’iride, al centro del quale c’è la pupilla.

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Nègghje

Nègghje s.f. = Nébbia

Fenomeno atmosferico consistente in un ammasso di microscopiche gocce d’acqua, che si forma, in prossimità del suolo o sopra superfici d’acqua, quando il vapore acqueo si condensa intorno alle particelle del pulviscolo atmosferico, offuscando la limpidezza dell’aria e riducendo perciò la visibilità (Sabatini-Coletti, Vocabolario della lingua italiana).

Tutti conosciamo questo fenomeno, che fortunatamente da noi si verifica raramente. Direi più sotto forma di foschia, ossia con visibilità oltre 50 metri, che non impedisce agli autoveicoli di circolare senza inconvenienti.

Il termine uguale esiste anche in Sicilia.

Il mio impatto con la “vera” nebbia, avvenne a Torino. Scesi dal tram alla fermata prevista, e appena misi piede a terra mi chiesi: E mò? Dove vado?
Non distinguevo nemmeno le mie scarpe!… Una sensazione di completo smarrimento che mi diede panico. Per fortuna di “accodai” ai bravi Piemontesi, che si muovevano agevolmente nella caligine, fino ad un bar, dove rimasi in paziente attesa degli amici che dovevo incontrare.

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Ndògne

Ndògne s.f. = Togna, lenza.

Togna a mano composta da tavoletta di sughero, filo di nylon, piombo da gr. 25, amo, ed esca artificiale (piuma colorata, cucchiaino).

Pesché pa ‘ndògne = Pescare con la lenza (con o senza canna)

Usata dai pescatori dilettanti che disdegnano la tecnologica canna allungabile a telescopio col mulinello (pesché pa cànne)..

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Ndèsce

Ndèsce agg. = Trasandata

Riferito a donna trasandata nel vestire e nelle pulizie della casa e della propria persona.
Sinonimo di muffarde, refalde, 

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Navìchele

Navìchele s.f. = Culla

Lettino per neonati, di solito con la base a dondolo per facilitare il sonno al pupo.  Noi per “dondolare” usiamo il verbo (clicca→) nazzeché

Il termine navìchele, a volte pronunciato navìcule, significa piccola imbarcazione, barchetta, navicella. Difatti dizionario etimologico italiano, alla voce navicella, cita: dal latino NAVIS = nave, diminutivo NAVÍCULA = navicella

Ogni sorta di oggetto (vaso, cesto ecc.) fatto a foggia di nave. Per esempio anche il paniere sospeso sotto gli aerostati, e quindi anche la nostra culletta, con le sponde.

Le spose odierne chiamano ‘a cullètte = la culletta.   Non mi piace il simil-italiano.

(foto reperita nel web)
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Nasche

Nasche s.f. = Fiuto, odorato

Anche metaforicamente nel senso di intuizione, sentore.

Il modo di dire fàrece ‘a nasche significa abituarsi (all’odore o) a qlcs, anche figuratamente, come per dire ‘farci il callo’.

‘I scupastréte, a sté sèmbe p’a mennèzze ce fànne ‘a nasche = Gli operatori ecologici, a furia di trattare l’immondizia, non ne sentono i miasmi.
Il sostantivo deriva dal latino nasicam =  Narice; Fiuto

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Nanònne

Nanònne s.f. = Nonna

Generalmente significa “la nonna” o  “mia nonna”. È prevalso il modo nanònne come per unire l’articolo al nome: la (mia) nonna.

Difatti per dire “tua nonna” si usa nònete o anche nònnete, e “sua nonna” si dice ‘a nònna söje.

In genere designa tutte le persone anziane o che sembrano anziane per acciacchi o per trasandatezza.

C’jì vestüte accüme a nanònne = si è vestita come una vecchietta, ossia con abiti trasandati o decisamente demodé.

Al maschile suona nónnó, con le “o” strette (come il francese metró).

Sò jüte au cambesànde a trué nónnó e nanònne = sono andato al cimitero a visitare la tomba dei miei nonni.

Una voce antica, completamente desueta, era il vocativo mammanne, sulla falsariga del francese maman.

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Mušiške

Mušiške (o musiškes.f. = Carne secca.

Veniva preparata dai pastori abruzzesi in transumanza nel Tavoliere, allorquando una pecora moriva per soffocamento da erba secca, o si azzoppava, o per altre cause.

Essi ne mangiavano subito ciò che potevano.
Non avendo altro modo di preservare la restante carne, la disossavano, la spezzettavano (e forse la salavano, non so bene), e la facevano seccare in modo da poterla conservare a lungo.

La musìške rappresentava una formidabile riserva di cibo in inverno.

Quando la volevano usare, ne mettevano alcuni pezzi a bagno (proprio come si fa con il baccalà) per farla rinverdire, e poi la cuocevano regolarmente come se fosse carne fresca.

Ora è pressocché introvabile, perché se muore una pecora, grazie alla rapidità delle comunicazioni, gli Abruzzzesi ne fanno arrosticini entro le successive 24 ore.

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Munelècchje

Munelècchje s.f. = Mènola (Spicara maena) è un pesce di mare della famiglia Centracanthidae.

Quando si pescava con il sistema della sciabica, si raccoglieva una gran quantità di pesci piccoli, di varie specie, considerati di scarso valore commerciale detti “‘i pìsce meškéte” = i pesci mischiati e si vendevano a piattecjille = “a piattini”, non a peso.

Le nostre nonne, che sapevano trasformare in gustose pietanze i pesci piccoli, ritenuti di scarso pregio, e anche gli avanzi più impensati, ci ricavavano una zuppa profumatissima per intingervi e ammorbidire i tozzi di pane avanzati e induriti da giorni.

Tra i vari pesci “mischiati” (sbarrungjillevuparèllejustenèllemaccarüne, ecc.) vi erano le mitiche munelècchje.

Le chiamo mitiche perché oggi le vediamo molto di rado. I giovani di oggi non sanno nemmeno come sono fatte. Ci fidiamo delle sue doti eccezionali esaltate e tramandateci dai nostri nonni, che decantano con nostalgia la scomparsa ciambòtte de munelècchje.

Per risalire all’origine del nome, i pescatori, da me interpellati, dicono che si tratta di giovani mìnele o mìnje = menole (Spicara flexuosa o Spìcara Maena).

Va detto che questo pesce cambia i colori della sua livrea a seconda dell’età, del sesso, della stagione-

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Munacèlle

Munacèlle s.f. = Novizia, Mandorla vuota, Chiocciola aperta.

1) Munacèlle = Novizia. Piccola suora che non ha ancora preso i voti. Sono dette munacèlle (monachine) forse perché si pensava che le fanciulle in convento ci andassero a causa della loro testolina vuota…o anche perché destinate a non fare figli, e quindi a rimanere “vuote” come spiegato al significato 2).

2) Munacèlle = Mandorla senza frutto. Durante la selezione delle mandorle raccolte dalla pianta, si scartano alcune per il loro peso leggero, perché si presume che siano vuote. In effetti se si schiaccia il guscio si trova il seme solo in forma embrionale.

3) Munacèlle = Chiocciola verde. Si tratta di una specie di chiocciola dal guscio verdastro (Helix aperta o Cantareus apertus) che ha la peculiarità di emettere una grande quantità di schiuma, creando intorno una specie di barriera protettiva. In Sardegna sono chiamate Monachelle o Monzettas o Mongettas (dalla manzoniana Monaca di Monza) per via del velo biancastro che talora le ricopre, come il velo monacale.

La le carni un po’ più sode della chiocciola comune (vedi: ciamarüche), ma ugualmente apprezzata dalle nostre parti.

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