Tag: sostantivo femminile

Fracetüme

Fracetüme s.f. = Fradiciume, putredine, putridume.

Chiaramente deriva da fràcete = marcio,anche in senso morale.

Insomma è porcheria, schifezza, sozzeria, sudiceria ecc. in senso materiale; in senso lato è immoralità, disonestà, corruzione, malcostume, decadimento, depravazione… basta così?

Quando sento parlare delle gesta di certi personaggi pubblici gli epiteti, come vedete, non mancano nella nostra lingua per definirli.
In dialetto basta fracetüme, che li racchiude tutti in una mirabile sintesi!

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Folle

Folle s.f. = Folla, fretta

1) Folle = grande quantità di persone riunite in un luogo.
Ha’ fàtte ‘u begliètte? No chiu ‘natu poche, mo’ sté ‘a folle = Hai comprato il biglietto? No, fra poco, ora c’è ressa.

2) Folle = desiderio o bisogno di concludere con grande rapidità ciò che si sta facendo o che si sta per fare. I più anziani dicono fòdde.

Nen ce fànne ‘i cöse folla folle= Non si fanno le cose in fretta. Calma!

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Föca

Föca s.f. = Occlusione, impedimento, soffocamento, affogamento.

Mètte ’a föca ‘nganne = Mettere le mani al collo di qlcu per strozzarlo, per soffocarlo, (da affuché, affogare)

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Fessetódene

Fessetódene s.f. = Dabbenaggine

Dabbenaggine, eccessiva semplicità d’animo, credulità, candore.

Vengono scambiate per dabbenaggine anche l’onestà, la correttezza e la buona educazione, specie da quelli che ne sono privi.

La troppa bunèzze passe pe’ fessetódene = La eccessiva bontà viene scambiata per dabbenagggine.

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Fessarüje 

Fessarüje s.f. = Fesseria

Stupidaggine, cretinata; per estens. cosa da nulla, sciocchezza, barzelletta.

Cunté fessarüje = Raccontare barzellette, o anche raccontare cose non vere.

Nen facènne fessarüje = non fare sciocchezze, riga dritto.

Agghje fatte ‘na fessarüje = Ho combinato un guaio.

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Fèrse

Fèrse s.f. = Telo

Pezzo unico di tela di taglio rettangolare; può essere cucito insieme ad altri nella confezione di abiti o biancheria, ma specialmente delle lenzuola.

Si vendeva a metraggio. Ogni fèrse era generalmente alta cm 90; con tre di questi teli si confezionava un lenzuolo matrimoniale della lunghezza di cm 250. La speciale cucitura a macchina a punti sovrapposti, chiamata tortè univa i tre teli e rinforzava l’orlo superiore e quello inferiore.

Ora le lenzuola si vendono già confezionati in tela unica, sia per i letti a una piazza, sia per quelli a due piazze.

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Mèzze-fainèlle 

Mèzze-fainèlle s.f. = Busiati, maccheroncini

Alla lettera significa mezza carruba. Sono chiamati anche, quando superano i 5 cm di lunghezza, maccarungiüne a ferrètte (maccheroncini al ferretto).

Si tratta di maccheroni di grano duro realizzati con l’aiuto di un apposito ferretto a sezione quadrata, o di un sottile stelo di giunco.

Dall’impasto di acqua e farina si staccavano due pezzi della grandezza di una nocciola. Si ponevano affiancati sulla madia.
La massaia poneva il suo stecco di ferro sopra i due gnocchetti e col palmo delle mani lo faceva scorrere un po’ in avanti in modo che la pasta morbida gli si avvolgesse intorno. Poi con un movimento rapido, afferrava il ferretto da un’estremità e con l’altra mano sfilava i due maccheroncini che risultavano col buco (come gli “ziti” tagliati, della lunghezza di 5 cm) e li poneva ad asciugare sulla setella .

Sono ottimi conditi con il ragù di agnello.

Nota: i busiati si ritrovano nella gastronomia di quasi tutte le regioni meridionali. Naturalmente cambiano nome a seconda dei luoghi. In Calabria si chiamano maccheroni ‘mparrettati (inferrettati) o cannizzuoli se vengono realizzati con sottilissime canne. Identici ai cannizzuoli sono i busiati siciliani, che devono il loro nome all’erba busa, un giunco sottilissimo. Maccheroni al ferro sono anche i maccarones a su ferritus sardi, e i minuichi lucani.

A me sembrava che l’origine del nome derivasse da un dialetto settentrionale: a quelle latitudini “buso” significa buco.

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Fenetòrje

Fenetòrje s.f. = Fine

Fine, termine, cessazione definitiva di qlco.

Si usa nella locuzione Fenetòrje de mónne = fine del mondo, per descrivere eventi catastrofici, o anche fenomeni atmosferici intensi, o situazioni di grande confusione, panico, rissa, tumulti.

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Fèlle

Fèlle s.f. = Fetta.

Si tratta di un trancio di vario spessore separato con un taglio da un elemento intero.  Come: fetta di pane, di salame, di melone, ecc.

Questo sostantivo ha avuto una storia un po’ articolata….
In origine, diciamo fino al 1950, in dialetto si diceva fèdde, molto più convincente perché di suono simile a “fetta”.  Difatti fèdde o fèdda tuttora usata in tutta la Puglia e in Basilicata.

Era convinzione generale che tutti i termini che terminavano in -dde, fossero “rustici” e perciò venivano man mano e quasi automaticamente  “ingentiliti” tramutandone la desinenza in -lle.

Ad esempio mio padre, classe 1901, diceva cavàdde, cepòdde, martjidde, curtjidde = cavallo, cipolla, martello, coltello, fetta.   Ma noi, bambini alfabetizzati, passavamo  a: cavàlle, cepòlle, martjille, curtjille.
Perciò per lo stesso motivo – a torto però – fèdde è diventato fèlle.

Per imbottire un panino usiamo qualche fèlle de murtadèlle o de presótte.
Però in macelleria, per preparare gli involtini o per la cottura alla piastra, chiediamo ‘i fettüne = le fettine…(di pollo o di vitello) .
Addirittura dallo scaffale dei negozi scegliamo ‘i fètte bescuttéte. = le fette biscottate.

Come ogni lingua viva anche il nostro vernacolo subisce nel tempo una naturale evoluzione.

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Felìnje

Felìnje s.f. = Fuliggine, ragnatela

1) Fuliggine = deposito nerastro di particelle carboniose residuo della combustione che si forma spec. sulle pareti o nei condotti di scarico di camini, stufe;

2) Ragnatela = tela costituita dai fili sottilissimi che il ragno secerne per catturare gli insetti di cui si nutre.

Per togliere le ragnatele dalle pareti, le nostre nonne usavano una scopa specifica chiamata Scöpe-felìnje fatta con le infiorescenze delle canne di palude.

Si può dire anche felìjeneflìnje, o, come i nostri nonni, flìscene e felìscene

Fé ‘a felìnje = Togliere le ragnatele. Ovviamente con la scöpe felìnje

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