Tag: sostantivo maschile

Verròcchele

Verròcchele s.m. = Cavalletta, locusta

Si tratta della locusta migratoria, un insetto ortottero della famiglia degli Acrididi (Anacridium aegyptium), comunemente detta cavalletta, che si sposta periodicamente in sciami arrecando enormi danni alle coltivazioni di cereali.

La locusta è caratterizzata da due fasi: la fase sedentaria (o solitaria) e la fase migratrice (o gregaria).

Misteriosamente le migrazioni periodiche di massa avvengono ad intervalli molto irregolari, anche a distanza di decenni. Ma quando arrivano in sciami sono numerosissime e distruggono interi raccolti di frumento. Fu una delle bibliche piaghe d’Egitto.

In dialetto è al maschile, ‘u verròcchele, e si pronncia con la “ò” larga. Al plurale fa ‘i verrócchele, con la “ó” stretta.

verròchele s.m. (gr. broukos) Cavalletta, locusta

Quando non c’era la play-station i bambini si divertivano a catturare una cavalletta, metterla sotto un barattolo vuoto, con una pietra sopra. Si diceva che dopo una settimana l’insetto sarebbe diventato di celluloide (non esisteva nemmeno la plastica). Probabilmente sotto il solleone la povera bestia imprigionata nella latta si cuocesse agli infrarossi e disidratandosi lasciava visibile l’involucro disseccato e fragile.

Ho letto da qualche parte che verròcchele deriva dal greco  broukos.

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Vernùcchje

Vernùcchje s.m. = Bernoccolo

Piccola protuberanza sulla testa o sulla fronte dovuta a conformazione naturale o provocata da un trauma.

Succede spesso ai bambini che cadono e battono lo fronte sul pavimento.

Le nostre nonne avvolgevano una moneta nel fazzoletto e la ponevano in corrispondenza della protuberanza; dopodiché annodavano i due lembi e stringevano la fascia dietro la testa in modo che la moneta in essa contenuta esercitasse una pressione sul bitorzolo.

Non so quanto fosse efficace. Io credo che un po’ di ghiaccio avrebbe risolto il problema. Ma a quell’epoca non esistevano i frigoriferi domestici, e si arrangiavano alla meglio.

Suor Vincenza, quando all’asilo Stella Maris, io caddi rovinosamente dietro la spinta di un certo Franco, mi bagnò la fronte, prima della legatura della moneta, con un po’ di aceto.

Avevo tre o quattro anni, ma me lo ricordo perfettamente. E mi ricordo anche che, per calmarmi dallo spavento e dall’attacco di pianto, mi diede anche due spicchi di arancia rossa.

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Verdöne

Verdöne s.m. = Verdone (ornit.)

Il Verdone (Carduelis Chloris Chloris) è un fringillide che appartiene al genere dei carduelidi .

Nell’ornicoltura europea è senza dubbio il fringillide più allevato, data la sua facilità di riproduzione e la vasta gamma di mutazioni apparse ad oggi su questo simpatico pennuto.

Allo stato selvatico è diffuso in Europa e nel bacino del Mediterraneo.

Questo uccello si presenta con un corpo tozzo e possente che da l’impressione di un fringillide molto forte e robusto, la testa è tondeggiante nel vertice e piatta nella fronte, il collo molto corto e massiccio dà l’impressione che la testa sia attaccata direttamente al tronco. Il becco forte e robusto è di forma conica.

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Vendàglje

Vendàglje s.m. = Ventaglio

Oggetto usato per farsi aria, costituito da una serie di sottili stecche di materiale vario che, imperniate nella parte inferiore, possono aprirsi e chiudersi a raggiera e da una membrana di carta, seta o altro ad esse applicata.

Quello fisso per ravvivare il fuoco è chiamato vendagghje

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Vendàgghje

Vendàgghje s.m. = Ventaglio

Occorre fare una distinzione: Il termine, leggiadro, vendaglje indica quello pieghevole, da borsetta, usato dalle signore per farsi aria durante la stagione calda.

Invece vendàgghje, nome rustico, era quello che serviva per ravvivare il fuoco di carbonella. Non si usa più. Per i rari barbecue domestici qualcuno adopera l’asciugacapelli!

Il nostro vendàgghje consisteva in un telaietto di legno, fornito di manico, sul quale erano infisse le piume nere e lunghe della coda del tacchino.

L’arnese, leggero ed efficace, fu sostituito da un ventaglio triangolare, di legno compensato o di latta, incastrato in un manico: forse durava di più, ma non era la stessa cosa!

Sia l’oggetto, sia il termine sono ormai in disuso nelle nostre case.

Anticamente era chiamato sciusciatüre, dal verbo sciuscé = soffiare
(foto attinta dal web)

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Velózze

Velózze s.f. = Asfodelo

Pianta selvatica (Asphodelus aestivus o microcarpus) dalle foglie lunghe, fiori rosati a grappoli, e fusto alto circa 50 cm., glabro, sottile quanto un grissino, del quale ha la consistenza quando è secco.

Le radici a tubero una volta venivano raccolte per uso alimentare, e bollite come le patate, ma se ne sconsiglia l’uso perché contengono un alcaloide.    Sono molto forti,  resistono alle intemperie più severe e addirittura sopravvivono agli incendi, rifiorendo puntualmente ad ogni primavera…

Nella Puglia piana si raccoglieva il fusto ancora tenero per farne minestre. La rosetta basale in primavera era usata dai casari andriesi per avvolgere le mozzarelle fresche, come un cestello, alle quali conferiva un particolare aroma.

Viene usato solo quale esca per accendere il fuoco.

È preso quale termine di paragone quando si cita qualcuno dalle gambe molto sottili.

Tone i jàmme accüme e döje velózze = Ha le gambe sottili come due asfodeli.

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Velöne

Velöne s.m. = Dispiacere, stizza.

Da non confondere con il veleno, che da noi si chiama ‘u tùsche= succo tossico.

Si intende velöne anche nel senso di irritazione, fastidio, disappunto, contrarietà, ecc.

Vüte quànda velöne ca sté dànne a màmete? = Vedi quanti dispiaceri che sta arrecando a tua madre?

Nen facènne pegghjé velöne a màmete! = Non far prendere collera a tua madre, non darle dispiaceri, comportati bene.

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Vavógghje

Vavógghje s.m. = Bava

Saliva particolarmente viscosa che cola dalla bocca, spec. nei bambini molto piccoli, o anche in persone adulte o animali con alterate condizioni fisiche. Secrezione viscosa prodotta dalle lumache e da altri molluschi.

Figuratamente si definiscono al plurale vavógghje le poche goccioline di pioggia di una giornata uggiosa, o anche pioggerellina frammista a neve, leggero nevischio.

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Vasenecöle

Vasenecöle s.m. = Basilico

(bot.Òcymum basilicum)

Pianta erbacea delle Labiate originario dalle regioni calde dell’Asia e dell’Africa, dalle foglie di odore assai grato. Dette foglie sono commestibili, e usate come condimento nella cucina mediterranea.

Esistono nel mondo varianti all’Òcymum basilicum Crispum, Cinnamon, Minumum, Dark Opal, Anise, ecc
Il succo delle foglie strofinato sulla pelle allontana le zanzare.

Proprietà terapeutiche: stimolanti, antispasmodiche, diuretiche, tonico-digestive, antisettiche, antinfiammatorie

Il termine ‘basilico’ deriva dal latino basilicum e questo dal greco basilikòn ‘regio’ e cioè (erba) regale.

Chiaramente dal dotto basilikòn con l’andare dei secoli si è giunti a vasenecöle = vaso-nicola perchè il popolino questo riusciva a captare e a ricordare.

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Varvazzéle

Varvazzéle s.m. = Pappagorgia, doppio mento

Antiestestica piega adiposa che si forma sotto il mento di persone molto grasse.

La voce è desueta, usata ormai solo dalle persone anziane, da cui l’ho sentita recentemente.

Deriva da vàrve = barba. Ciò non toglie che la pappagorgia sia portata purtroppo anche dalle donne affette da obesità.

Töne ‘nu sòrte de varvazzéle = Ha un’enorme pappagorgia.

Per curiosità: pappagorgia è di derivazione spagnola, come tanti termini manfredoniani, papar = pappare, trangugiare avidamente, ingozzarsi e gorga = canna della gola (nganne, cannarüle, cannarüte), lo stesso sostantivo latino gurgula, da cui derivano gola e gargarismo.

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