Tag: sostantivo maschile

Cogna-lapps

È un oggettino utile. In sua assenza si faceva ricorso al temperino (‘u curtellózze) e adesso al taglierino.

Non mancava mai nel corredo del bravo scolaro. Nell’astuccio di legno con il coperchio a slitta, venivano riposti la penna, la matita, la gomma e l’utilissimo temperalapis.

Il termine deriva da cugné, rendere appuntito come un cuneo, e da lapps = lapis, matita.

Accettabile anche la grafia cogna-làppese.

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Cjirre

Cjirre s.m. = Tentacolo, cerro

1) cjirre = tentacolo .Con questo termine, al plurale (‘i cjirre), si indicano i tentacoli del polpo, del moscardino, dei calamari, dei totani e delle seppie, rigorosamente in numero di otto per ogni mollusco (octopus = otto piedi?).

Per estensione indicano, al singolare (‘u cjirre) anche un ciuffo di capelli piuttosto corto oppure non pettinato.

Se questo ciuffo è ribelle al pettine si definisce cjirre-matte forse perché i capelli già dalla radice si dipartono in direzioni diverse e non in un solo verso. Anche con il cranio rapato si riconosce questo cjirre-matte perche i pori piliferi sono spesso disposti a spirale.

Credo che derivi da cirro per la forma allungata di un tipo di nuvola: in meteorologia indica una nube che si presenta sotto forma di lunghi filamenti bianchi.

2) cjirre = cerro. Il Cerro (Quercus cerris) è un albero della famiglia delle Fagacee. È una specie di quercia dal legno duro, apprezzato dai costruttori di imbarcazioni.

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Cìtte-e-cìtte

Cìtte-e-cìtte s.m. = Cipria per belletto.

Per ravvivare le gote, le nostre nonne usavano una cipria colorata di varie sfumature di rosa.

Bisognava usarne pochissima se no sembravano maschere di carnevale!

Allora due colpetti col batuffolo, uno di qua e uno di là: citte-e-cìtte.
Il trucco doveva essere discreto, infatti alla lettera il sostantivo significa: zitta-e-zitta, lo sappiamo solo io… e me stessa.

Moh, mìttete ‘nu pöche di cìtte-e-cìtte! = Dài, mettiti un po’ di cipria (sulle guance)!

Stranamente ha un’assonanza con il celebre motivo americano cantato in duettobda Louis Armstrong ed Ella Fitzgerald: “Cheek-to-cheek” [pronuncia cikttucik] = guancia a guancia.

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Ciuccètte

Ciuccètte s.m. = Succhiotto

Tettarella di gomma. Se bucata viene data, attaccata alla bottiglietta del latte detta biberon, da succhiare ai poppanti. In italiano dicesi ciuccio

Se invece non è bucata, si mette in bocca ai bambini (spec. ai lattanti) per calmarli o per farli addormentare. In italiano dicesi succhiotto.

Quando qlcu ragazzo adduce la tenera età per esimersi da un’azione rischiosa, si dice: mo’ l’hamm’e dé ‘u ciuccètte = Ora dobbiamo dargli il succhiotto!

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Cistarjille 

Cistarjille s.m. sopr. = Cestino, panierino.

E’ diventato soprannome dal mestiere di cestaio.

Ovviamente le donne di questa famiglia sono cestarèlle, al femminile

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Cirquequè 

Cirquequè s.m. = Circo equestre

Si tratta di una contrazione di circo equestre, troppo difficile da pronunciare da parte degli analfabeti, che erano numerosissimi negli anni ’30.

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Ciócce 

Ciócce s.inv. = Asino

Termine invariabile per genere e numero.

Asino, somaro, ciuco. Mammifero erbivoro della famiglia degli Equidi (Equus asinus).

Utilizzato generalmente come bestia da soma. Simile al cavallo ma più piccolo, con testa grossa, orecchie allungate e mantello di colore grigio uniforme o anche scuro.

  • Dim., Ciucciarjille s.m. ciucciarèlle s.f.
  • Femm., ‘A ciócce; scherzosamente ‘a ciócce indica la fidanzata (chiedo scusa alle donzelle)
  • Fig., persona testarda, cocciuta, ignorante e stupida.

Per estensione si intende per ciócce il cavalletto, o braccetto da sarto, usato per stirare agevolmente le maniche delle giacche.

Curiosità:

1)‘U ciócce Lallüne = Il somaro di Raffielino, veniva chiamato in causa quando non si sapeva attribuire la responsabilità di una marachella.

-Chi ca ho rotte ‘u piatte? (silenzio…) -‘U ciócce Lallüne! = Chi ha rotto il piatto?…l’asinello di Raffielino.

2) ‘U ciócce Maradòsse si nomina come termine di paragone per indicare qlcu che compie un’azione inopportuna.

Riporto quello che ha scritto Mambredònje (Umberto Capurso) su questo asino

«In ricordo a un Manfredoniano ad un’icona di Manfredonia, un personaggio conosciuto da diverse generazioni per il suo umore e semplicità!

Un piccolo racconto di un fatto realmente accaduto, dove si può capire che persona era: nonostante la gravità del caso, sapeva mantenere il suo buon umore.

Un giorno Maradòsse si trovava con il suo carretto all’incrocio Via Tribuna / Via Seminario, e venne fermato da un giovane che gli chiese se poteva dire una cosa all’orecchio del suo asinello; lui standoci allo scherzo accennò di sì.
Il ragazzo però non aveva buone intenzioni: facendo finta di parlare sotto voce con l’asino gli infilò nell’orecchio la cicca della sigaretta che stava fumando, e la povera bestia come impazzita corse giù per la strada, facendo volare a destra e sinistra la merce del carretto, per poi infilarsi nell’entrata del barbiere che si trovava alla fine della strada tra Via Seminario / Corso Roma.
Il barbiere vedendo spuntare la testa dell’asino tra le tendine dell’ingresso, gridò:
-“E chè, mò püre lù ciócce de Maradòsse ce völe fèje la varve?”
Mentre Maradòsse ancora scioccato da ciò che era successo, chiese al ragazzo:
– “Ma dìmme ‘nu pöche, tóje mò, chè cazze l’à ditte allu ciocce müje, pe farle scappé acchessì?”
– “Cumbé, l’è ditte škìtte cà jöve morte la mamma söve”, rispose il furfantello.
– “Ghjà-chì-t’è-murte!”. gridò Maradòsse imbestialito, “e tóje proprie mò ce l’aviva düce cà l’jì morte la mamme?!”

Questa storia ancor oggi ha il suo effetto, e se qualcuno racconta qualcosa in un momento inopportuno può darsi che si sente dire: “A’ fatte accüme ‘u ciócce de Maradòsse…”

Stàtte bùne Maradosse!»

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Cinematò 

Cinematò s.m. = Cinematografo

Ora si dice cinema, ma appena agli inizi del 1900 si usava cinematografo. Il popolino ha sintetizzato il termine, tralasciando la finale.

Oltre a indicare il locale dove si proiettavano le pellicole, questo termine evidenziava una situazione caotica, chiassosa, movimentata:

E c’hama fé quà, ‘u cinematò? Baste mò! Fenìtele!= E che abbiamo da fare qui, il cinematografo? Basta ora! Smettetela!

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Cìgghje 

Cìgghje s.m. = germoglio, fitta doilorosa

1 Cigghje = Germoglio. Tipici i cìgghje delle patate, tenute a lungo al buio, simili a rametti bianchi che fuoriescono numerosi dal tubero. Sono tossici perché ricchi di solanina. È opportuno eliminarli assieme alla buccia che va tolta fino alla parte verde.

2 Cìgghje = Fitta, dolore improvviso per lo più da organi interni (cìgghje de pànze;  cìgghje de rècchje).
Figuratamente tenì i cìgghje de panze o anche tenì i delüre ‘ngùrpe vuol significare che qualcuno agisce in modo subdolo, che ha sempre una furbata in serbo a proprio tornaconto. Come ad esempio un debitore che sfugge al proprio creditore.
Anche la sensazione di bruciore epidermico (causato, ad es., da alcol posto su una escoriazione per disinfettare) è detta cìgghje.

I due sostantivi derivano dal verbo intransitivo cigghjé (dolere, germogliare).

Attenzione! Non confondete, data l’assonanza, cìgghje  con cègghje.

Fino a pochi decenni fa ‘i cègghje. indicavano le sopracciglia mentre le ciglia si chiamavano ‘i papèlle de l’ùcchje, sostantivo nato forse storpiando il termine palpebre dalle quali spuntano ben allineate..

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Cìcene 

Cìcene s.m. = Orciuolo

Recipiente di terracotta, panciuto, con bocca stretta e due manici a “C”, dalla capità di circa 3 litri.

L’evaporazione dell’acqua che trasudava attraverso le sue pareti porose contribuiva a mantenere fresca quella contenuta nell’interno del recipiente.

Per farlo arieggiare, lo si appendeva fuori dell’uscio ad un grosso chiodo detto (clicca→) cendröne.

Per dissetarsi si poggiava l’imboccatura del “cìcino” alla bocca.  Il recipiente serviva a tutta la famiglia, e magari a dissetare qualche amico di passaggio. Cosa che oggi ci farebbe inorridire.

Qualche schizzinoso, prima accostare il “cìcino” alla propria bocca, scuoteva fuori un po’ di acqua dall’interno dell’orcio, come per lavare i germi lasciati da colui che vi aveva bevuto in precedenza.

Tuttavia, se lo raccontiamo, evidentemente non siamo stati contagiati da alcuna malattia e siamo felicemente sopravvissuti ritrovandoci pieni di anticorpi.

Grazie al Prof.Michele Ciliberti, ho appreso che il termine deriva da greco antico κύκνος (leggi kìknos) che significa “cigno” probabilmente dalla forma dell’orciuolo che richiama l’aspetto di questo pennuto.

Altri fanno derivare, sempre dal greco antico κυκεώνα (leggi kikeona) = orciolo.

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