Ch’jì mósce a mangé, jì mósce a fatjé

Ch’jì mósce a mangé, jì mósce a fatjé

Chi è lento a mangiare, è lento a lavorare.

Questo proverbio, quando il lavoro manuale era davvero una “fatica”, voleva mettere in guardia il datore nello scegliere i dipendenti.

Difatti le persone pospiano, lente, impacciate, avrebbero ostacolato il regolare svolgimento dell’attività lavorativa rallentando il ritmo di produzione della squadra intera.

Esiste la variante: Ch’jì mósce a manjé, jì mósce fatjé, dove al posto di mangé = mangiare, qlcu pone manjé = maneggiare.

Mòsce
 con l’accento grave è al femminile; mósce con l’accento acuto, quindi con pronuncia stretta della ó, è maschile e significa mogio, lento.

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Ch’jì ca denére alla fjire nen pòrte, passe pe passe ce vöte la mòrte.

Ch’jì ca denére alla fjire nen pòrte, passe pe passe ce vöte la mòrte.

Colui il quale, recandosi in fiera, non porta con sé abbastanza denaro, man mano che procede fra gli espositori, sente un fortissimo senso di rammarico, quasi di rabbia.

In questo caso “vedersi la morte” significa, sentirsi morire, rammaricarsi di non poter fare acquisti convenienti o di non aver la possibilità di concludere affari vantaggiosi tra le numerose proposte presenti in fiera.

Un’altra corrente di pensiero riferisce (grazie a Enzo Renato): Chi alla fjire denére nen pòrte, passe pe passe tröve la morte.

Il concetto, egregiamente espresso in un distico a endecasillabo, è lo stesso.

Insomma, che vai a fare alla fiera se non porti denari con te? Almeno il bancomat….

Morale: bisogna essere premuniti per ogni evenienza o imprevisto.

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Ce truéme ammjizze ‘u balle? E àmm’abballé

Ce truéme ammjizze ‘u balle? E àmm’abballé.

Ci troviamo in mezzo al ballo e balliamo.

C’è anche un’altra versione, lievemente diversa, ma del medesimo significato: Ce süme mìsse ammjizze ‘u balle, e abballéme!= Ci siamo inseriti in mezzo al ballo? E (perciò) dobbiamo ballare!

Questo Detto ricalca un po’ quello italiano che dice: “Hai voluto la bicicletta? E pedala!”

Molte volte ci si trova in un gorgo di traffico automobilistico. Ci tocca pazientare e…seguire la corrente.

Oppure quando capita di trovarsi nella calca, tra la folla, e non si può svicolare, anche volendolo.

Ringrazio il lettore Giuseppe Carpano di Cesena. Pinócce è nativo di Manfredonia – per il suo simpatico suggerimento.

Il Detto cala bene anche in senso metaforico. Ad esempio se, durante un lavoro edile di manutenzione conservativa, si scopre in corso d’opera un danno che comporta una spesa maggiore di quella preventivata, allora bisogna provvedere ugualmente al ripristino. Giacché siamo in ballo…

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Ce sò ‘rebbelléte ‘i jammarjille jind’u panére

Ce sò ‘rebbelléte ‘i jammarjille jind’u panére

Si sono agitati i gamberetti dentro il paniere.

Il verbo si può pronunciare anche arrebbelléte o rrebbelléte, con un rinforzo sulla “r” iniziale.

Si cita questo detto quando dei marmocchi fanno un lungo e gioiosissimo chiasso, incuranti dell’esortazione degli adulti a stare buoi.

Avete mai provato ad ascoltare una classe di bambini della scuola materna? Povere maestre!

Che ci fanno i gamberetti nel paniere? Precisiamo che si tratta di quei gamberi minuscoli catturati sulla scogliera e destinati a diventare esca, infilzati all’amo dei pescatori dìlettanti.
Ma mano che si raccolgono dal retino, vengono posti in un cesto di giunchi provvisto di coperchio.

Ovviamente quando il numero diventa consistente, ogni volta che si leva il coperchio per introdurne altri, si intravede un verminaio di movimento all’interno. Si mantengono vivi e tentano tutti insieme di risalire le pareti del panierino. Ecco il gran movimento, ma silenzioso, dei gamberi esagitati..

Questo detto somiglia alla locuzione arebbelléje ‘u jaddenére

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Ce chiüde ‘na porte e ce jépre ‘nu purtöne

Ce chiüde ‘na porte e ce jépre ‘nu purtöne

Si chiude una porta e si apre un portone.

Incoraggiamento, invito a non rassegnarsi.

Se qlcu si abbatte per la malasorte o un rovescio di fortuna, questo detto gli ricorda che non tutti i mali vengono per nuocere, e che il momento sfavorevole attuale può rivelarsi provvidenziale per insperato successo.

Come spesso accade, anche questo Detto si rivela premonitore.

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Càzze, paracazze, cucuzzjille e jöve

Càzze, paracazze, cucuzzjille e jöve

Cazzo, accessori, zucchine e uova.

È la risposta, un po’ volgare, a chi chiede, forse inopportunamente:

– Che avüte mangéte jògge? = Cosa avete mangiato oggi per pranzo?

– Càzze, paracazze, cucuzzjille e jöve!

Certamente l’interpellato è un tipo riservato, attento alla sua privacy.

Notate la disposizione degli zucchini e delle uova: la descrizione materializzata dei primi due termini! Tanto per non lasciare dubbi. Fatti i fatti tuoi!

In questo caso invece di cucuzzèlle normalmente usato al femminile, è adoperato il termine cucuzzjille, ovviamente e doppiamente al maschile.

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Cazze e chegghjüne e Mecalàngele müje

Cazze e chegghjüne e Mecalàngele müje

Alla lettera: Cazzo e coglioni, e Michelangelo è mio.

Ossia gira e volta ma i guai sono i miei.

Una frase piena di amarezza. Può significare, ridiamo e scherziamo tutti, ma alla fine tocca a me risolvere i problemi.

Origine ipotetico del detto.

Una donna incinta, guarda con molta apprensione il suo futuro.

Il responsabile, come quasi tutti i maschietti irresponsabili, si è defilato e la poverina si è trovata con il figlioletto Michelangelo suo. Abbiamo giocato in due ma resto io da sola ad allevare il pupo.

Successivamente, passando di bocca in bocca, il suo pensiero sarebbe diventato un modo di dire.

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Càzze a ljitte e ciànne spjirte

Càzze a ljitte e ciànne spjirte

Mentre l’uomo è in casa, la donna è fuori.

La traduzione letterale (scusate la volgarità, ma il detto è questo…): il cazzo (nel senso di lui) sta a letto e la vulva (nel senso di lei) è indaffarata fuori casa.

Si cita scherzosamente questo detto allorquando, entrando in casa di amici per un saluto, invece di trovarvi la coppia, ci si imbatte nel capo famiglia solo in casa, perché la consorte è uscita per sbrigare faccende, magari anche impegnative, incombenze che più opportunamente avrebbe dovuto svolgere lui.

E che facjüme quà, cazze a ljitte e ciànne spjirte? = E che facciamo qui, lui dentro e lei fuori?

Nessuno si offende e si finisce con una bella risata.

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Carnevéle uàste e aggióste !

Carnevéle uàste e aggióste !

Carnevale guasta e ripara.

Il significato è abbastanza semplice: prendi tutto con calma!
Può sembrare che un evento porti nocumento (vi piace questa parola?) e invece si risolve bene.

Si chiude una porta e si apre un portone.
Il motto è indissolubilmente legato al carnevale di Manfredonia a causa di tutte le coppie che “scoppiavano” (si dividevano) e si formavano durante i festeggiamenti.

Nella foto di Bruno Mondelli compare “Ze Peppe”, il simbolo del Carnevale  manfredoniano.

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