Mese: Maggio 2018

Crìstecevènghe

Crìstecevènghe escl. = Dio ne liberi

Crìstecevènghe era una specie di scongiuro che si diceva subito dopo aver pronunciato il nome del Diavolo, per neutralizzare il male che il Satana irradia al solo nominarlo.

Non so se è ancora in uso.

In effetti significa “Cristo-ci-venga-in-aiuto”.

Qualcuno ancora più timoroso del potere di Satana, rafforza la sua richiesta di soccorso, chiamando in causa per aiuto immediato anche la Santa Vergine: “Cristecevènghe e Marüje!” = Cristo ci venga in aiuto e anche Maria!).

Rammento che una ragazza che non voleva un giovane rimpiscatole, vedendolo che si avvicinava, disse una volta tra i denti: Uì mo vöne códdu Criste-ce-vènghe = Lo vedi (ecco) ora viene quel diavolo!

Quindi ha usato l’interiezione come locuzione sostantivale al posto di “diavolo”.

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Crìsciamendöne 

Crìsciamendöne s.m. = Ammucchiata

Gioco fanciullesco simile alla “cavallina”, con la differeze che in groppa al “cavallo” montano sei o sette compagni, fintantoché il poverino che sta “sotto” riesce a sopportarene il peso e poi crolla con tutto il carico….

Un po’ crisciamendöne è la scena che si vede nei campi di calcio, quando tutti i compagni di squadra saltano addosso al marcatore del goal fino ad atterrarlo. Jüne ‘ngùdd’a l’ate = Uno addosso all’altro.

Il lettore Gigi Lombardozzi mi ricorda che il gioco era chiamato anche “‘a mamma a cavàlle

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Crìsce sànde!

Crìsce sànde loc.id. = Cresci santo! = Salute!

Espressione di augurio rivolta ai bambini che emettono uno starnuto.

Accettabile anche con la grafia  crìsce sante.

Per gli adulti si usa la formula simil-italiana di Salüte!

Crisce sande! Ca puzz’avì ‘na bböna sòrte! = Salute! Che tu possa avere una buona sorte, una vita fortunata..

Il meccanismo fisiologico che provoca lo starnuto scatta allo scopo di eliminare, tramite le vie respiratorie, gli agenti patogeni.

Anticamente si riteneva lo starnuto manifestasse la guarigione dalla peste o da un morbo letale.

Quindi lo starnuto era accolto come un augurio, come per dire: la salute è ritornata!

Il crisce-sande! è dettato dalla tenerezza delle mamme verso i loro pargoli. Talvolta, quando sono spazientite dalla loro  vivacità, aggiungono sorridendo e sottovoce: ca djàvele già sì = ché diavolo già sei!

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Crjànze

Crjànze s.f. = Creanza

Correttezza di comportamento, rispetto, buona educazione, buone maniere.

Mala crjanze = atto di cattiva educazione, da villano screanzato.

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Crjiatüre 

Crjiatüre s.inv. = Neonato, poppante

Si usa indifferentemente al maschile, al femminile, al singolare, al plurale.
Il termine, con connotazione molto affettiva, designa il bambino, il figlio, specie di tenerissima età.

Ahó, cìtte cìtte, ca facjüte arrespegghjé ‘u crjiatüre! = Ehi, zittitevi perché (altrimenti) farete svegliare il pupo.

Del verbo svegliare, come di molti altri verbi si possono usare due forme: arrespegghjé, e respegghjé.

 

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Crestjéne

Crestjéne s.i. = Persona, gente

In italiano sembrerebbe voglia significare ‘cristiano’, aggettivo per qualificare un seguace degli insegnamenti di Cristo.

Invece in dialetto il termine è un sostantivo, invariabile per numero e per genere, che designa fisicamente una persona o la gente in genere.

So jüte alla Pòste, ma stèvene ‘nu mónne de crestjéne: allöre véche cré matüne sóbbete= Sono andato alla Posta, ma c’erano molte persone (in attesa): allora (mi son detto:) vado domani mattina presto.

Ch’anna düce ‘i crestjéne? = Cosa dirà la gente?

Questa frase era molto ricorrente in passato. Si teneva molto in considerazione il giudizio della gente. Anzi lo si temeva. In effetti la privacy non era stata ancora inventata…Anche perché la popolazione del nostro paese non era numerosa e ci si conosceva tutti, almeno in ogni rione.

Nen te mettènne ‘nanz’a pòrte p’a canuttjire! Ch’anna düce ‘i crestjéne? = Non metterti davanti all’uscio di casa in canottiera! Cosa diranno le persone che ti vedono (così trasandato)?

Al giorno d’oggi si risponderebbe: Che me ne fröche a me? = Non m’importa!

Nen ce jènne a juché sèmbe au begliàrde. Hann’a düce ‘i crestjéne: “ma cóste nen töne che arte fé!” = Non andare a giocare sempre al bigliardo. Dirà la gente: ma costui non ha altro da fare?

Nüje süme crestjéne, no aneméle = Noi siamo persone, non bestie

Preceduto dall’articolo, crestjéne indica una persona chiamata a svolgere una determinata mansione.

Tènghe ‘a chése arrebbelléte: àgghja chiamé ‘a crestjéne pe ‘nu pöche de pulezzüje = Ho la casa in disordine: chiamerò una persona addetta per (farmi fare) un po’ di pulizia.

Se ‘nge pute jì, mìtte ‘u crestjéne e fatte sprué ‘a vìgne = Se non puoi andarci tu, assumi la persona (adatta) a fatti potare la vigna

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Crespìgne 

Crespìgne s.m. = Crespigno

Si tratta di una pianta erbacea della fam. delle Compositae (Sonchus oleraceus). Cresce fino ai 1000 m. di altitudine, nell’ambito dei Paesi mediterranei.

Si utilizzano le foglie più tenere per uso alimentare. Si tratta di un erbaggio a rapida cottura,

Il suo sapore dolciastro serve ad attenuare il tono amarognolo di altri erbaggi, come la Cicoria. In qualche località, si usa consumarlo anche crudo, in insalata; si adoperano soprattutto i fusti cavi, anche se grossi, particolarmente saporiti.

Altri nomi volgari
Lattarolo, Grespigno, Cicerbita, Crespignolo.

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Cresòmmele

Cresòmmele s.f. = Albicocca

Frutto dell’albicocco (Prunus armeniaca), albero con foglie a cuore, fiori precoci bianchi o rosati, frutti saporosi di colore arancione. Il colore della buccia cambia a seconda delle varietà: si va dal giallo chiaro all’arancione intenso. Il frutto è carnoso, con seme osseo e forma ovoidale.

Il nome cresomme o cresòmmele è derivato dal greco “Chryso-milo” (χρυσό μήλο) ossia “oro-mela” = frutto d’oro.

Taluni per brevità, dicono cresòmme, ugualmente corretto. Sono più propenso a usare il termine cresòmmele, specie riferito al plurale.

‘Sta cresòmme jöve sciapüte = Quest’albicocca era insipida.

Mangiàteve ‘sti cresòmmele de Màcchje = Mangiate queste albicocche macchiaiole.

Esistono numerose varietà di albicocca. Da noi è molto conosciuta un’albicocca piccola,  detta nanàsse, ben colorita e molto zuccherina, i cui semi contenuti all’interno del nocciolo duro sono dolci come quelli le mandorle; sono invece amari i semi delle altre varietà di albicocche, quelle di dimensioni maggiori.

Questi noccioli, ‘i caccianózzele, erano oggetto di numerosi giochi fanciulleschi.

L’albicocco, originario della Cina, si diffuse fino all’Armenia, da dove venne introdotto in Occidente da Alessandro Magno. Tuttora una varietà è chiamata Albicocca Alessandrina.

In epoca borbonica nel Napoletano era una delle piante più diffuse. Un botanico napoletano del 1583 evidenziò le due varietà più pregiate, chiamandole “bericocche” e “crisomele”.
I due nomi sono entrati da quattro secoli nella parlata del Sud Italia. A Monte S.Angelo si chiama tuttora vernecòcche (da bericocche). Invece a Manfredonia, nella Puglia Piana, in Molise, nel Teatino e in Campania,  è chiamata cresòmme, e con le varie lievi varianti crisòmele, cresommele.

Il frutto matura a fine maggio-metà giugno, una stagione piuttosto breve.

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Crescènde 

Crescènde s.m. = Lievito naturale, lievito madre

Il lievito naturale si ottiene per l’acidificazione dell’impasto di acqua e farina e si usa nella panificazione perché è in grado di provocare un processo di fermentazione.

Quello artificiale usato nei panifici moderni è il lievito di birra, costituito dalle colonie di un microrganismo, il “Saccharomices cerevisiae”, ottenuto per fermentazione.

Il termine è di etimologia facile: proviene da crescere, che fa crescere (la pasta del pane).

Quando tutte le famiglie facevano il pane in casa, usavano conservarne un poco in una ciotola. Se lo prestavano l’un l’altra man mano che avevano necessità di impastare.

Era considerato sacro come il pane, tanto è vero che spesso, come si vede nella foto, veniva segnato con una croce. Prima ancora di iniziare l’impasto occorreva ringraziare il Signore con una silenziosa preghiera sopra il lievito e sopra la farina.

Crescènde è usato anche come soprannome.

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Crescemjinde

Crescemjinde s.m. = Lievito chimico

Polvere biancastra che le nostre nonne compravano sfusa in drogheria per preparare in casa dolcetti e torte. Successivamente sono state immesse sul mercato le bustine aromatizzate (Pan degli Angeli e Bertolini), usate tuttoggi.

È sinonimo di cremöne= cremore di tartaro.

Mattöje, mamme, quìste so’ ‘i sòlde e vamm’accàtte da Viscàrde ‘u crescemjinde pe ‘nu cüne de farüne = Matteo, bello di mamma, questi sono i soldi e vammi a comprare da(alla drogheria di) Viscardo (il cremore di tartaro, nella quantità, che lui sa, occorrente) per un kg di farina.

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