Autore: tonino

Chjattìlle

Chjattìlle s.m. = Piattola

Insetto parassita (Pthirus pubis) che si annida e vive fra i peli del pube,

E’ una delle tre specie di pidocchi che vivono su altre parti del corpo umano, oltre al pidocchio del corpo (Pediculus humanus corporis) e il pidocchio del capo (Pediculus humanus capitis)

Filed under: CTagged with:

Chjatteddózze

Chjatteddózze Sopr. = Rotondetto

Forma vezzeggiativa di chjattídde (chjattílle, nella modalità ingentilita), a sua volta derivante da chjàtte (piatto, detto di persona bassa e tarchiata). Soprannome attribuito ad un piccoletto che aveva una grande forza.

Testo inviatomi da Matteo Borgia – che ringrazio di cuore – e qui ricopiato integralmente.

Questo Matteo Borgia è l’autore di una divertente Commedia in dialetto manfredoniano ‘U mìzze prèvete già pubblicata in formato cartaceo e dopo anche in formato PDF con traduzione a fronte.

Filed under: Soprannomi

Chjarüle

Chjarüle s.m. = Schiaritore

Qualcuno usa chiamarla anche chjaródde.

I due termini, se non vado errato, dovrebbero riferirsi a quella bottiglietta di olio che i cacciatori di favolli (’i pelöse, per capirci, i granchi) portano appesa a collo.

Con l’ausilio di una penna di gallina, spargono sulla superficie increspata del mare, qualche goccia di olio per chiarire l’acqua e per vedere meglio le tane quindi stanare le pelöse.

Quindi il termine potrebbe deriva da chiaro, chiarire. Oppure da ugghjiarüle = oliera

Filed under: CTagged with:

Chjàrfe

Chjàrfe s.m. = Sputo

Espettorato, muco, sputo “grasso” e sostanzioso.

Quando frequentavo l’autoscuola ed ero infarcito di termini motoristici, avevo osservato che l’esecuzione del ‘chiarfo’ avvenisse, scientificamente, in quattro tempi, proprio come il motore a benzina: aspirazione, compressione, scoppio e scarico.

Non fate adesso le prove però…

Si usa spesso il suo sinonimo (clicca→) rarechéte.

Filed under: CTagged with:

Chjarchjòlle 

agg. e s.f.= Loquace

Chjarchjòlle è un vezzeggiativo di chjachjerdöne.

Si riferisce ad una bimba loquace, chiacchierina, ciarliera. Bambina simpatica, accattivante.

Avì ca mò vöne ‘a puparèlla, ‘a chiarchjòlla nòste = Eccola che arriva, la bambolina, la ciarliera nostra.

Filed under: CTagged with:

Chjanùzze 

Chjanùzze s.m. = Pialla

Attrezzo da falegname costituito da un largo scalpello incastrato obliquamente in un ceppo parallelepipedo, usato manualmente per spianare e lisciare le superfici asportando materiale.

Il sottile materiale asportato dicesi vambógghje = truciolo.  Usato come esca per accendere il fuoco perché brucia facilmente

Esistono chjanuzze  di varie dimensioni e con lama variamente sagomata per ottenere effetti svariati.

Quelle fisse, professionali. di grandi dimensioni, diconsi piallatrici. Il termine nuovo è reso in dialetto-simil-italiano piallatrüce.

Nota linguistica.
Il termine, data l’azione spianatrice dell’attrezzo, deriva dal latino planus.
Vi rammento che in dialetto molte parole che iniziano con pia- diventano chia- (pianura, piazza, piove = chjanüre,chjazze, chjöve).

Filed under: CTagged with:

Chjanjille

Chjanjille s.m. e sopr. = Pianella

Pantofola con tacco basso o priva di tacco, che lascia scoperto il calcagno. Usata generalmente in casa dalle nostre mamme durante lo svolgimento delle faccende domestiche o in cucina.

Raramente uscivano di casa con le pianelle. D’estate per andare fuori di casa calzavano i sandali.

Talvolta era usata come arma da lancio per raggiungere i figli discoli che le sfuggivano. E ci azzeccavano!

Ho appena appreso che esiste anche un soprannome Chianjille forse dal lavoro che esercitava il capostipite di questa famiglia. Una specie di ciabattino che risuolava scarpe e fabbricava pianelle

 

Filed under: CTagged with:

Chjangöne

Chjangöne s.m. e sop. = Ciottolo.

Grosso frammento di pietra, masso, macigno. Generalmento inteso come sasso da lancio, ma va bene anche come masso per edilizia adatto a preparare un vespaio di drenaggio nelle fondazioni.

Il soprannome Chjangöne deriva dal fatto che il soggetto era di conformazione massiccia e pesante, come una roccia.

Figuratamente una pietanza indigesta che fa “peso” nello stomaco viene paragonata ad un chjangöne = macigno. Il comico Nino Frassica l’ha efficacemente definita mappazza.

Da ragazzotti avevamo battezzato “a chjangöne” una specie di tuffo dalla banchina del faro del molo di levante.

Un tuffo senza alcuna pretesa di stile olimpionico, eseguito in tre fasi:
-rincorsa,
-lancio, con raggomitolamento (rannicchiandosi e stringendo con le braccia le proprie ginocchia unite sotto il mento) durante il volo,
splash finale, come se in acqua fosse caduto un macigno che ovviamente provocava l’innalzamento di una fragorosa colonna d’acqua.

Generalmente si entrava e si sprofondava di culo, quindi senza l’impatto doloroso della spanciata… Un tuffo molto facile e divertente: lo sapevamo fare tutti!

Filed under: CTagged with:

Chjangia-chemò 

Chjangia-chemò loc.id.= Biancheria o abiti fuori moda.

“Era riferito al corredo che le mamme davano alle figlie quando si sposavano. Però i gusti delle figlie non combaciavano con quelli delle madri, ragion per cui tutti quegli indumenti non venivano utilizzati” (Amilcare Renato)

Insomma tutta la dote ‘i rrobbe (lenzuola, tovaglie, federe, camicie, tendine, centrini ricamati, sottovesti, tela per cucito, ecc.) giaceva per anni nei cassetti del comò. Occupava spazio, in attesa di essere adoperata prima o poi.

O per seguire la capricciosa moda, o per assecondare i differenti gusti, le figlie si orientavano verso altri prodotti lasciando i primi in fondo ai cassetti del comò, o nelle cassapanche per biancheria.

In questa aspettazione (vi piace questa parola?) si immaginava che questi vestiari ed effetti personali, come fossero animati, “stessero a piangere” (giacessero in attesa), auspicando di essere usati, indossati prima o poi.

Tjine tanta ggiöje de rrobbe ca sté a chjange ‘ind’u chemò e nen la pìgghje mé! = Hai tanta bella roba che giace (sta soffrendo, sta piangendo per la lunga attesa) all’interno del tuo cassettone, e tu non la prendi mai!.

In sintesi si è riconosciuto con questo chjiangia-chemò tutto il contentuto che giace per anni nel comò senza essere stato mai usato.

Al contrario tanti oggetti di biancheria da chjiiangia-chemò sono ora molto rivalutati per la loro testimonianza di un particolare momento storico della moda, del costume, del design.

Infatti, con il termine vintage, si riconosce negli oggetti fuori moda un valore aggiunto per le sue doti di qualità e bellezza, nonché per la loro testimonianza di un particolare momento storico della moda, del costume, del design.
Non si può tradurre vintage in manfredoniano. Vi rimando a spezzje andüche

Ringrazio vivamente l’amico Amilcare Renato, che mi ha riportato questa ormai desueta locuzione idiomatica, da lui sentita spesso da sua madre e da sua nonna.

Filed under: CTagged with:

Chjanghjire

Chjanghjire s.m. = Macellaio, beccaio.

Sinonimo di Vuccjire.

Persona addetta al taglio e alla vandita di carne al minuto.

Presumo che il termine derivi da chjanghe, la base, in questo caso di legno, chiamato ceppo in italiano, su cui il beccaio appoggia il pezzo di carne prima di usare i vari coltellacci e le mannaie per spezzettarne le ossa.

Il termine è antico, ora non si usa più nemmeno vuccjire, ma si dice ‘u macellére= il macellaio…

Questo è dialetto che scompare!

Alcune persone anziane mi hanno  fatto sapere che il sostantivo ‘u chjanghjire, oltre al beccaio, indicava anche la persona addetta alla posa e alla manutenzione delle chjanghe.

Oserei tradurre scalpellino o basolatore, ossia addetto alla basolatura delle strade.

Filed under: CTagged with: