Autore: tonino

Cappócce

Cappócce s.m. = Cavolo cappuccio

Il Cavolo capuccio (Brassica oleracea capitata) tra le specie dei cavoli è quella più coltivata nel mondo. (foto fornita da Gigi Lombardozzi, cui va il mio ringraziamento)

La parte commestibile è costituita dalle foglie disposte a rosetta; le esterne sono rivolte in fuori, quelle interne, di colore più chiaro, si avvolgono gradualmente e si sovrappongono formando una grossa palla molto dura e compatta.

Le foglie sono lisce, ampie, cerose; le nervature sono numerose e sottili, quella centrale è molto pronunciata e biancastra. Il fusto è eretto.

Una varietà del cavolo cappuccio è il cavolo verza, detto comunemente verza (Brassica oleracea sabauda). Pianta dal fusto piuttosto corto, con foglie ben sviluppate che, invece di essere lisce come quelle del cavolo cappuccio, presentano callosità ed increspature e sono di un colore più scuro.

Filed under: CTagged with:

Cappellére 

Cappellére s.m., sop. = Cappellaio

Fabbricante e venditore di cappelli da uomo. Quella che si dedicava ai cappellini da donna era chiamata ‘a mudìste = la modista.

Il soprannome, come tanti altri, deriva dalla professione esercitata dal capostipite, come ad es.: vuccjire, ferracavàlle, ‘u nolègge= beccaio, maniscalco, noleggiatore di biciclette, ecc.

La memoria adesso mi vacilla. Forse forse dovrebbe appartenere a un De Francesco ‘u cappellére.

 

Filed under: CTagged with: ,

Capòcchje

Capòcchje s.f. = Glande

Termine anatomico che definisce l’estremità del pene, costituita da un rigonfiamento del corpo cavernoso, alla cui estremità si apre l’orifizio uretrale, e da un cercine basale.

Insomma non si tratta della capocchia ingrossata e arrotondata di spilli e fiammiferi…

L’etimo è sempre “capo” nel senso di testa.

Fuori dai denti: si tratta di un sinonimo di chépe de cazze, ma solo in senso fisico.

Quando qualcosa non è stata eseguita correttamente si dice: sté fàtte a capòcchje = a vanvera, senza riflettere, a caso, in modo bizzarro, alla carlona

L’amico Lino Brunetti alla voce capòcchje ricorda un tale (clicca qui→) Ferdinando.

Filed under: CTagged with:

Capìtele

Capìtele s.m. = Capitolo, corporazione religiosa

Collegio dei Canonici addetto al servizio della cattedrale. Si riunisce al completo in occasione delle solennità o per riti liturgici particolari a corollario del Vescovo (ordinazioni sacerdotali, processioni, ecc.).

Talvolta era invitato ad accompagnare nel tragitto fino alla chiesa per il rito funebre religioso, la salma di personalità importanti (ma quali importanti! Totò diceva che la morte è una livella…).

Era il cosidetto funerale di prima classe, che comportava anche il seguito di suore, orfanelli in preghiera e la banda musicale.

Cioè se qualcuno al funerale del caro estinto era facoltoso, poteva permettersi tutto questo corteo a pagamento. I meno abbienti facevano a meno anche dei fiori. Mamma mia!

Meno male che il Concilio ha abolito tanti fronzoli. Era ora.

Filed under: CTagged with:

Capèzze

Capèzze s.f. = Briglia, cavezza

Briglia, fune che si mette alla testa dei cavalli o di altre bestie da soma per tenerli legati alla mangiatoia o per condurli a mano.

Può significare anche capestro, fune usata per le impiccagioni.

Mò ce ne vöne p’a capèzza ngànne = Ora se ne ritorna con la corda al collo.

Figuratamente si declamava questo detto per indicare qualcuno che in precedenza si era comportato da scapestrato (ecco che ritorna capestro) e alla fine, come il figliol prodigo della Parabola evangelica, se ne torna da suo padre.

Filed under: CTagged with:

Capesciöle

Capesciöle s.f. = Nastrino, fettuccia.

Fettuccia di cotone usato per legature di federe di guanciale, di mutandoni lunghi, di sacchetti, di faldoni, di raccoglitori di documenti, ecc.

Vengono cucite ai bordi dei due lembi da legare.

Origine del termine: il grande filologo tedesco Gerhardt Rohlfs ipotizza che il termine possa derivare dallo spagnolo capichola, che indica una specie di  tessuto di seta.

Nel Salento è considerato un diminutivo di capišciu, ossia, cavezza, capestro, legaccio per sostenere le viti.

Con varie inflessioni, troviamo questo sostantivo in Puglia e in molte località della Basilicata.

Al plurale indicano, per estensione, cose di nessun valore. Vènne i capescöle = vendere fettucce di stoffa, fare commercio senza conseguire un apprezzabile margine di guadagno.

Filed under: CTagged with:

Caperröne

Caperröne s.m. = Mùrice

Singolare: Caperröne. Plurale: Caperrüne

Il Murice nostrano (Murex brandaris o Bolinus Brandaris) è chiamato ‘u caperröne gendüle , ossia il Murice gentile, perché chiaro e con gli aculei ben evidenti.
“La conchiglia è di circa 6–8 cm, munita di prolungamenti spinosi e dalla forma rigonfia allungata in una estremità del sifone, che invece è lungo e dritto. La superficie esterna è rugosa e percorsa da numerosi cordoncini spirali irregolari. La colorazione esterna varia dal giallo al bruno, lo stoma è ovale, dentellato sul margine esterno, dal giallo all’arancio” (descrizione copiata da Wikipedia).

Le carni sono apprezzate, perché di sapore dolce e profumate. Ci vuole pazienza perché la preparazione delle pietanze a base di caperrüne è piuttosto laboriosa: lavaggio, bollitura, estrazione dal guscio, asportazione della cosidetta ‘unghia’, ricottura nel sughetto, o condimento con olio, aceto e prezzemolo.

Gli antichi Fenici e Romani li apprezzavano sia in gastronomia, sia perché da essi estraevano un costoso colorante per tessuti pregiati, chiamato porpora.

L’altro tipo di murice, ‘ u caperrröne d’aspre , il murice di fondali rocciosi (Murex trunculus o Phyllonoptus Trunculus) non ha aculei, e si presenta con colorazione bruna, scura e all’interno striata di grigio e violetto.

Molto usati entrambii i tipi nella cucina locale. Ho provato recentemente pasta e fagioli condita con il sughetto di caperrüne… Era questa la cosidetta “cucina povera”.
Povera quanto vuoi, ma molto, molto gustosa!

Filed under: CTagged with:

Capellüne 

Capellüne s.f. = Capigliatura

Di solito si intende una chioma, maschile o femminile, ben curata e ordinata, nonché la stessa pettinatura accurata.

Vüte a jìsse che bella capellüne ca töne! = Guardalo che bella pettinatura che ha!

Come neologismo è il plurale di capellöne = capellone, hippy, movimento giovanile degli anni ’60 caratterizzato dalla lunga capigliatura dei maschi.

Filed under: CTagged with:

Capellöre

Capellöre s.f. = Pettinatrice

Donna che si guadagnava da vivere dedicandosi ad acconciare i capelli a domicilio.

Copriva le spalle della cliente con una tela bianca, scioglieva e lavava i capelli, li pettinava accuratamente col pettine rado (‘a pettenèsse) e poi con quello fine (‘u pèttene) alla ricerca di eventuali focolai di pidocchi. Dopo l’asciugatura, riformava le trecce e le riavvolgeva a crocchia.

I lunghi capelli che restavano fra i denti del pettine e sulla tovaglia posata sulle spalle venivano raccolti accuratamente e inseriti in un sacchetto con chiusura a borsa di tabacco.

Quando il sacchetto era pieno diventava merce di scambio con uno specifico venditore ambulante. Difatti costui dava in cambio due saponette, o un pennello da barba, o una spazzola per abiti, o alcune scatole di lucido per scarpe, o cinque metri di elastico per mutande, ecc.

Presumo che i capelli umani di una certa lunghezza erano molto richiesti dalle fabbriche di parrucche: e se no che se ne facevano?

Il mestiere è passato quale soprannome a indicare una specifica famiglia.

Filed under: CTagged with:

Capé

Capé (o Capéje) v.t. = Scegliere

Individuare, selezionare tra più cose in base a determinate caratteristiche di utilità per un fine, di convenienza in una circostanza, di idoneità ad un uso.

Generalmente si sceglie nel mercatino, tra i frutti della stessa specie, quelli che all’apparenza sembrano più sani e grossi, con disappunto del venditore che talvolta – come nella foto – esplicitamente vieta questa tendenza.
Tuttavia, ho sentito io stesso un vivace fruttivendolo che imboniva:
“Quande so’ bèlle i manderüne! Capéte, capéte! Jògge putüte capé! . Poi ripeteva in “italiano” per i forestieri che magari non potevano capire il dialetto: “Oggi potete capàre!”  Oggi potete scegliere, ma gli altri giorni no. Evidentemente non c’era bisogno di scegliere, perché i suoi mandarini erano tutti della stessa grossezza.

Te lu si’ capéte da jìnd’u mazze  a ‘stu bèlle jaròfene!= Te lo sei scelto dal mazzo (di fiori) questo  bel “garofano”!
Questa frase figurata, certamente detta in tono sarcastico e di rimprovero, veniva spesso rivolta a quella fanciulla che a suo tempo si era innamorata cotta di un mascalzone, e che ora sta passando delle tribolazioni a causa delle intemperanze di questo “garofano”.

Senza nulla togliere alla bellezza del fiore, credo che in questo caso la valenza negativa del garofano sia derivata dalla sua somiglianza con il cognome Garofalo, il “cattivo”, l’insidiatore di fanciulle ingenue, il ricattatore, il truce, in quei film di amore-gelosia-sangue, quei drammoni che tanto piacevano alle nostre nonne.

L’amico Enzo Renato suggerisce l’etimologia di questo verbo:
« Capé può derivare da capio, che in latino si traduce con prendo».

Il verbo latino càpere oltre che ‘prendere’ significa anche ‘contenere’.
Per esempio: Ma ce chépe? Vé zicche zicche! = Ma questo liquido ci entra tutto nel tuo contenitore? Avrà la giusta capienza? Sì, ci va giusto giusto.

Filed under: CTagged with: