Autore: tonino

Cìcche-e-cjàcche ind’ i cosse de màmete

Cìcche-e-cjàcche ind’ i cosse de màmete

Cick-e-ciack nelle cosce di tua madre

‘U struculatüre = L’asse per lavare, stropicciatoio.

Per lavare i panni, si immergeva l’asse nella tinozza con i panni in ammollo. La parte superiore dello stropicciatoio poggiava all’attaccatura delle gambe della lavandaia. Essa stava in piedi e chinata un po’ in avanti, per poter insaponare e sbattere la biancheria da lavare. Il movimento delle braccia sullo stropiciatoio davano un certo ritmo all’operazione (cick-ciack).

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Chi la fé, la fé p’a vènne…

 Ecco l’indovinello completo:

Chi la fé, la fé p’a vènne;

chi l’accatte nen li sèrve;

chi li sèrve ne la vöte;

chi la vöte ne la völe.

Chi la fa, la fa per venderla;
chi la compra, non ne ha bisogno;
chi ne ha bisogno, non la vede;
chi la vede non la vuole.

‘A càsce de mùrte, ‘U tavüte = La bara.

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Allìcche, allìcche, ca sèmbe ind’u pertüse ce lu ficche

Allìcche, allìcche, ca sèmbe ind’u pertüse ce lu ficche

Lecca, lecca, perché sempre dentro il buco glielo inserisce.

‘U füle = Il filo

Il sarto per inserire facilmente il filo nella cruna dell’ago, usa umidirlo con la saliva in punta di lingua. In questo modo i pelucchi del filo spezzato dalla spagnoletta si “incollano” e diventano più facilmente manovrabili nel centrare la cruna per l’infilatura

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Abbucché

Abbucché v.t. = Corrompere, abboccare

Abbucché 1 = Corrompere. Si usa preferibilmente nella locuzione tenì abbucchéte, come per dire far contento qlcn, riempirgli metaforicamente la bocca con regalie, in attesa di futuri favori.

In questi anni si è usato l’eufemismo “bustarella” o “tangente” distribuite generosamente solo con l’intento di ingraziarsi il destinatario per ottenere grossi appalti di opere pubbliche. Il malcostume è purtroppo diffuso tuttora a tutti i livelli della Pubblica Amministrazione, nonostante la crociata di “Mani Pulite”. È cronaca quotidiana dei notiziari televisivi.

Ma questo andazzo si verifica anche nella vita di tutti i giorni, e senza rischi di commettere reati.

Un esempio? Dare una bella mancia al cameriere di un locale di cui si è abituali clienti, in modo che ci possa riservare un buon tavolo e consigliarci un buon piatto.

Entrare nelle grazie di un commesso per evitare la fila e sbrigare più rapidamente un’operazione bancaria.

Abbucché 2 = “abboccare”, che significa come in italiano:
-prendere con la bocca, mordere l’esca
-cadere in inganno, cascarci, farsi fregare
-parlarsi, avere un colloquio, conferire, riunirsi.

Ringrazio il lettore Antonio Sorbo per il prezioso suggerimento fornitomi.

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Abbönecónde

Abbönecónde avv. = infine, insomma

La traduzione letterale sarebbe “a buon conto”; in italiano si potrebbe usare la locuzione “ad ogni buon conto” o anche “morale della favola”, “alla fine”, “in fin dei conti”.

Il lodato vocabolario on line Sabatini-Coletti definisce come congiunzione testuale: “conferisce valore riassuntivo e conclusivo a una frase con sequenza di discorso rispetto a quanto detto in precedenza” Basta così, altrimenti questo mio lavoro rischia di diventare un trattato scientifico, cosa che assolutamente non è nelle mie intenzioni!!!!

Abbönecónde vù avì sèmpe raggiöne tó! = Alla fine vuoi sempre aver ragione tu!

Abbönecónde ‘stu capacchjöne uà fé cüme düce jìsse = Alla fine questo testone deve fare a modo suo (come dice lui)!

Abbönecónde, facjüme cüme e cazzöne, da turte a raggiöne = Morale della favola, pare che ora stiamo facendo come “cazzone”, il quale pur avendo torto marcio è riuscito ad aver ragione.

Esiste anche una forma molto più più antica, ormai del tutto desueta, che riporto in questo articolo solo per ricordarlo, cioè: abbönesüje o anche abbunesüje= ebbene sia (sia come tu mi dici, non mi va di replicare). Abbönesüje te vògghje avì crèdete = Alla fine voglio crederti (basta che finisca qui la disputa).

Chi rótte, chi sfascéte, chi arrepezzéte: abbönesüje nen ce stöve na cöse accüme i crestjéne = Chi rotto, chi sfasciato, chi rattoppato: insomma non c’era una sola cosa fatta per bene (come i “cristiani” nel senso di fatta a regola d’arte)

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