Tag: Verbo transitivo

Scurcé

Scurcé v.t. = scorticare, scuoiare

Verbo derivante da scorza, corteccia.

Nella forma scurciàrece significa procurarsi delle escoriazioni sul corpo, sugli arti, per esempio a seguito di una caduta dalla bicicletta.

L’amico Matteo Borgia junior mi suggerisce l’aggettivo scurcéte per indicare un difetto, un graffio, un’abrasione su una superficie liscia, come un mobile o una scarpa, o una parete.

Scurcéte riferito persona indica la sua testa calva o con vistosa alopecia (chierica pronunciata).

Mio padre mi raccontò un gustoso episodio (inventato o accaduto) che esasperava gli sfottò quotidiani tra il curato (gobbo) e il sacrista (semi-calvo). A quell’epoca il prete celebrava la Messa di spalle all’assemblea e rigorosamente in latino. Ad un certo momento della liturgia doveva voltarsi verso i fedeli intonando “Dominus vobiscum” ed aspettarsi la risposta “Et cum spiritu tuo”.
Invece per sfottere il sagrestano, cantò «Dominus scurcizzum». La risposta del sacrista fu immediata «Et cum sgubbizzu tuo!»

Figuratamente in forma di sostantivo ‘nu scùrce, indica una seccatura, un intoppo, e di aggettivo designa una persona inopportuna, intrusa.

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Affurteché

Affurteché v.t. = rimboccare (le maniche)

Rimboccare le maniche della camicia, o di un altro indumento che copre le braccia, prima di iniziare un lavoro manuale impegnativo, per evitare di bagnarle o di insozzarle.

Questo verbo è molto diffuso nella Daunia e in Terra di Bari.

Il caro Prof. Michele Ciliberti (che di cuore ringrazio pubblicamente) mi ha fornito una dotta etimologia del verbo affurteché:
«Deriva dal verbo latino adfulcio con l’assimilazione della d alla f, il cui significato base è “puntellare”, “fermare”. Nel tardo latino il verbo è diventato affulticare col significato di “arrotolare”

Essendo un verbo transitivo può riferire un’azione diretta: affurtechè i màneche au uagnöne = rimboccare le maniche al (grembiule del) bambino.

È spesso usato nella forma riflessiva: affurtecàrece ‘i màneche = rimboccarsi le maniche.

I pescatori anziani di Manfredonia ce affurtecàvene anche i mutandoni fino alla coscia per non bagnarli quando entravano in acqua per alare a riva la sciabica o per portare in secca una barca.

Viene usata anche in senso figurato quale esortazione ad impegnarsi collettivamente per affrontare una situazione impegnativa:
Meh, uagnü, affurtecàmece i màneche e dàmece da fé! = Allora, ragazzi, rimbocchiamoci le maniche e diamoci da fare!

Nei film comici di Charlot l’azione di tirarsi su le maniche precedeva sempre un tafferuglio, come se le sberle scambiate a braccio nudo fossero più spettacolari ai fini della ripresa cinematografica.

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Ngastagné

’Ngastagnè v.t.= Smascherare, intoppare

Cogliere in fallo, incastrare, inchiodare qualcuno alle proprie responsabilità, metterlo con le spalle al muro senza dargli possibilità di scampo.

In altre parti d’Italia, con voce gergale ormai diffusa, si usa il verbo “sgamare” per dire che si è scoperta in anticipo una macchinazione ordita alle proprie spalle.

Noi usiamo il sinonimo (clicca –>) ‘ntuppé, = scoprire in flagranza una azione riprovevole.

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Ntuppé

‘Ntuppé v.t. = Cogliere in flagrante, scoprire l’autore di un’azione biasimevole

In italiano, l’insuperabile Treccani definisce “intoppare” l’imbattersi inaspettatamente in qualcuno o in qualche cosa.
In dialetto la voce simile ‘ntuppé ha un significato analogo, ma è più completo: quel “qualcuno” con cui ci si imbatte sta sicuramente compiendo un’azione riprovevole.
Ad esempio sta rubando, sta compiendo un sabotaggio, un vandalismo, sta molestando una ragazza, sta inquinando l’ambiente, ecc.

I carabbenjire hanne ‘ntuppéte a jüne ca stöve arrubbane ‘i röte de ‘na ‘tomòbbele. = I carabinieri hanno colto in flagrante uno che stava rubando le ruote di un’automobile.

Hanne ‘ntuppéte a ‘nu giuvenòtte senza bigliètte = Hanno scoperto un ragazzo senza biglietto.
Questa è la stringata traduzione letterale.
In corretto italiano va così intesa: Hanno scoperto un ragazzo che si era intrufolato nel cinema (o nello stadio, sul treno, in bus, ecc.) senza aver pagato il relativo biglietto d’ingresso.

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Ammulleché

Ammulleché v.t. = Coprire con mollica

Il nostro verbo ammulleché non ha il corrispettivo in italiano.
È la mirabile capacità di sintesi dei dialetti specie dell’area Sud. Per descrivere l’azione del verbo devo ricorrere ad una perifrasi.
Ricoprire una pietanza con mollica sbriciolata di pane raffermo prima della cottura in forno o sul fornello.

Infatti il piatto per eccellenza che richiede questa copertura è ‘u racquele (o ‘u trjimete) ammullechéte = la raia (o la torpedine ). Vorrei dire in crosta di pane, ma per la verità il pane rimane morbido intriso di olio e acqua di cottura.

Infatti per “mollicata” si intende, in Basilicata, Calabria e Sicilia, la mollica di pane sbriciolata e tostata in olio, quale elemento croccante aggiuntivo nella preparazione del conosciutissimo primo piatto di pasta con “aglio, olio e peperoncino”.

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Abbelì

Abbelì  v.t. = stremare, abbattere, stancare, svilire

Accettabile anche la versione abbelìsce = affaticare.

Esiste la forma riflessiva abbelìrece = stancarsi, abbattersi
Me sò abbelüte = mi sono spossato, sfibrato.

Probabile origine del verbo avvilire, nel senso di abbattere, estenuare,  con la solita influenza spagnola della “v” che diventa “b” o viceversa (barbiere/varvjire, braccio/vrazze, carbone/carvöne, ecc.).

Mi ha divertito recentemente sentire una signora che, evidentemente stanca della vivacità del suo frugoletto, ha esclamato in italiano: «E basta! Oggi  mi hai abbilita bella bella

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Sfelamé

Sfelamé v.t. Bramare

Il significato principale è: bramare, desiderare ardentemente, smaniare, struggersi.

Viene usato anche nella forma sfalamàrece. In questo caso significa: affliggersi, crucciarsi, dispiacersi, dolersi. affannarsi in una ricerca infruttuosa.

Insomma in ogni caso non si è potuto calmare la “fame” di qualcosa, non c’è alcun soddisfacimento, né per la mente, né per i sensi.

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Arrunzé

Arrunzé v.tr. = Arrangiare

Il verbo arrunzé credo che sia una corruzione di arrangiare.
Il “Caratù-Rinaldi” dice che ha tre significati.
Cito testualmente: 
«1 – rimproverare duramente; 
2 – rimediare, rubacchiare qualcosa per sopravvivere, arraffare tutto ciò che si ha a portata di mano;
 3 – abborracciare»    ossia raffazzonare, rabberciare, arrangiare, accomodare alla meglio, ecc.

Il “Treccani” accetta anche la voce regionale “arronzare” col significato di fare qualcosa male e in fretta.

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Mbassé

Mbassé v.t. = Fasciare

Fasciare sia nel senso di fasciare i neonati almeno fino ai 6 mesi, allorquando si (clicca→)  “cacciavano i piedi”. 
Fortunatamente questa costrizione ora non si usa più.

Per questa operazione si usavano:
– ‘a culöre, specie di pannolino filtrante;
‘u fassatüre, un panno di cotone assorbente (in seguito sostituiti dai “ciripà” filtranti):
‘a fasse, una larga benda di cotone grosso  che avvolgeva il bebé, con tutto il pannolino, dalle ascelle in giù. Tra le spire della fascia si inseriva la (clicca→) pungèlle.

Tutto questo armamentario era definito ‘a ‘mbassande.
I primi due elementi, dopo il passaggio in lavatrice, erano riutilizzabili a lungo.

‘Mbassé aveva il suo contrario:  sfassé = sfasciare (nel senso di togliere le fasce, non di rompere!)

Nella Daunia esiste un Detto: ‘Mbàssele brutte e sfàssele bèlle. cioè, non badare alle fattezze del neonato, perché con la crescita, in pochi giorni, come tutti i bambini, cambierà rapidamente i tratti del viso e diventerà bellissimo.

‘Mbassé e sfassé può significare anche bendare e sbendare una ferita.

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Muntué

Muntué v.t. = Menzionare, nominare, citare

Accettabile a che la pronuncia məntué, usata in tutta la Daunia.

Il bel verbo deriva dal latino mente habere avere in mente, attraverso il francese antico mentevoir (leggi mant-vuàr)

San Francesco, nel famoso «Cantico delle creature» usa questo verbo nel verso:
«Ad te solo, Altissimu, se konfàno et null-homo ène dignu te mentovare
In italiano moderno significa: “A te solo, o Altissimo, si addicono e nessun uomo è degno di menzionarti.”

Quando alle Scuole Medie la prof. che ci presentò questo Cantico, io sapevo già perfettamente, alla prima lettura, il significato di “mentovare” ancor prima della sua spiegazione.

Uhé, Giuà, proprje ajire t’amme mentuéte = Ehi, Giovanni, proprio ieri ti abbiamo nominato!

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