Cré

Cré, avv. = Domani, il giorno dopo di questo.

Qlcu pronuncia anche créje.
Vènghe quann’è créje = Vengo quando è domani.

Termine tramandato dal latino Cras = domani.

I nostri vecchi usavano anche pescré (pronunciato anche pescréje) = dopodomani, sempre dal lat. post cras il giorno dopo di domani.

Sovente dicevano anche pescrìdde per indicare il terzo giorno che verrà…ma questa voce non ha etimologia classica: è una deformazione locale.

Mi fanno ridere i ragazzi moderni che sanno dire duméne e döpe-duméne, traducendo l’italiano in manfredoniano… Questo è un dialetto geneticamente modificato…
Evitiamolo, o parliamo italiano o… “parliamomanfredoniano.it”

Carlo Levi, confinato politico dal fascismo a Gagliano (Aliano),  riferisce che i contadini della Basilicata, oltre al crài pescrài, usassero pure altri avverbi, che ora non ricordo…. Insomma avevano un termine per indicare ognuno dei sette giorni in sequenza, fino alla successiva settimana!

Ho fatto delle ricerche ed ho reperito il testo on-line. Per curiosità letteraria lo trascrivo qui di seguito:

«… Crai è domani, e sempre; ma il giorno dopo domani è prescrai e il giorno dopo ancora è pescrille poi viene pescruflo, e poi maruflo e marufIone; ed il settimo giorno è maruficchio. Ma questa esattezza di termini ha più che altro un valore di ironia. Queste parole non si usano tanto per indicare questo o quel giorno, ma piuttosto tutte insieme come un elenco, e il loro stesso suono è grottesco: sono come una riprova della inutilità di voler distinguere nelle eterne nebbie dei crai.»
(Carlo Levi –  “Cristo si è fermato a Eboli” – 1945 Ed. Einaudi)

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