Fechedègne s.m. = Ficodindia
Al plurale è fechedìgne o anche fechedìnje
Questo pianta (Opuntia ficus-indica) è originaria dell’America (Indie occidentali, come le chiamò Cristoforo Colombo). I suoi frutti per la loro dolcezza furono paragonati ai fichi nostrani.
Per la stessa provenienza abbiamo i Peperoni e il Mais (Pepedìnje = pepe d’India e Gréndìnje = grano d’India).
Il termine è generalmente volto al plurale. Se si vuol indicare un singolo frutto si dice fechedègne. Le persone che una volta si dedicavano alla coltivazione, o quanto meno alla raccolta e alla vendita al minuto erano detti: fechedegnére.
Si distinguono in fechedìnje masculüne = fichidindia mascolini, con poca polpa, giallastri e poco gustosi, detti anche ‘ndursacüle (= che intasano il culo) per i suoi nefasti effetti collaterali arrecavano un’occlusione al sistema digerente. Si diceva che tutti i noccioli si ammassassero nella parte terminale dell’intestino causando il blocco dell’evacuazione. Si diceva anche che per liberare l’ano intasato (‘ndurséte) si doveva ricorrere manualmente mediante una cannuccia.
Eccellenti invece i fechedìnje a pagnòtte, grossi (iperbolicamente paragonati al panino) rossi e dolcissimi.
Agghje capéte tre fechedìgne a pagnòtte = Ho scelto (fra gli altri) tre fichidindia belli grossi (a forma di pagnottelle).
Talvolta crescono inglobati nella “pala” e vengono chiamati fechedìgne a pìzzeche.
Quando vengono raccolti da mani inesperte, l’attaccatura alla pala si lacera: allora diconsi fechedìnje sculacchjéte = fichidindia sfondati (dal culo rotto).
Quelli raccolti a ottobre, essendo maturati a lungo sulla pianta, assumono un bel colore rosso/violetto e sono davvero squisiti.
I fichidindia siciliani sono belli perché variopinti (rossi, violetti, verdi, gialli), ma a mio parere non dolci quanto quelli nostrani, dal monotono colore arancione, ma zuccherini.
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