Tag: aggettivo

Sapretjille

Sapretjille agg. = Sapore deciso

Si indica specificamente questo aggettivo quando, nell’assaggiare una pietanza, si nota che essa è un po’ troppo ricca di sale o di spezie, e che va perciò corretta.

Quando mio nonno diceva questo, mia nonna lo tranquillizzava, dicendogli: acchessì te pùte azzecché ‘na vèvete de vüne de chjó! = così puoi approfittare per una bevuta di vino in più (per togliere dalla bocca il gusto deciso del sale, o del pepe).

Caso mai mio nonno avesse trovato la pietanza un po’ scarsa di sale, ossia sciapüte, mia nonna lo avrebbe rimbeccato: e chè te vularrìsse ‘mbriaché? = per caso ti vorresti ubriacare?

Assapréte ‘stu süche: accüme jì venüte? = Assaggiate questo sugo: come è riuscito?
Jì nu pöche sapretjille = È un po’ ricco di sale!

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Saccuréle

Saccuréle agg. = Che riguarda il sacco.

Questo aggettivo riguarda specificamento un grosso ago (l’éche saccuréle), usato per riparare i sacchi di tela grossa o di iuta.

È usato altresì dalle impuntatrici di coperte imbottite.

Deriva dal greco sakkos + rafis. 

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Rìcche-Pelöne

Rìcche-Pelöne agg. e s.m. = Ricco sfondato

Il nome Pelöne = Epulone proviene dalla famosa parabola di Gesù e raccontata nel Vangelo di Luca (Cap.16, versetti dal 19 al 31). È anche conosciuta come la Parabola del Ricco e del mendicante Lazzaro.

L’uomo ricco tradizionalmente è chiamato Epulone nella Vulgata, la traduzione latina del brano e dell’intera Bibbia. Infatti in latino Epulònem, proviene da èpulae= vivande, e èpulum, banchetto.

La definizione si addice a qlcu che fa lo sbruffone, comportandosi da prodigo, o anche a chi è ricco davvero ma si comporta da egoista.

Jì arrevéte ‘u rìcche Pelöne! = È arrivato il ricco sfondato.

Ossia: guardatelo come fa lo sbruffone e si comporta con prodigalità, sperperando denaro in quantità, proprio come se fosse una persona ricca di fatto, mentre io so che non lo è.

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Revattüse

Revattüse agg. = Vivace

Al femminile, ormai dovreste iontuirlo, fa revattöse

L’aggettivo significa : ricco di vitalità, di esuberanza e, riferito perlopiù a bambino, di irrequietezza.

‘Stu uagnöne jì troppe revattüse, addjì ca töne l’ucchie töne i méne! = Questo banbino è troppo esuberante, dove posa gli occhi pone le mani.

Vedi anche artèdeche. In questo caso si dice: töne l’artèdeche ai méne = ha irrequietezza alle mani (mi sembra che Cocciante cantasse: “io non posso stare fermo con le mani nelle mani”… )

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Resepöne

Resepöne agg. = Avaro

Restio a spendere. sin. Tirchio, spilorcio, taccagno, parsimonioso.

Sinonimi:
Cacasìcche
Carucchjéne (o carucchjéle)
Chjìngre
(o chjìnghere)
Runghe
Ànema dannéte
Attacchéte alla rózzene
Scurtecöne
Nen mange pe nen caché
Vrazzolle
S
cugghje ca nen cacce lampe
Scurze
ecc.

La ricchezza linguistica fiorita su questo aggettivo, dimostra quanto abbia acceso la fantasia della gente la “mania” dell’avaro di accumulare denaro, di non spendere, di privarsi di tutto, ritenuta strana, incomprensibile.
Come anche quella del prodigo, dello scialacquöne.
È chiaro che in ogni cosa ci vuole misura.

L’amico Pasquale Stipo, che ringrazio di cuore, mi ha graziosamente fornito l’origine del termine resepöne:
«Deriva da Ruspone una moneta assai preziosa. Il “ruspo” era un fiorino o zecchino gigliato coniato nel 1719 a Firenze da Cosimo III, Granduca di Toscana, che riscosse molto successo. Era caratterizzato dai tipi del giglio fiorentino e di San Giovanni Battista, patrono di Firenze. Il pezzo d’oro da 3 zecchini si chiamava “ruspone”. Per via del valore, chi possedeva tale moneta, diventava “tirato di mano” quindi tirchio.»

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Rembambüte

Rembambüte agg. e s.m. = Rincitrullito, rimbambito

Che, o chi ha perso la capacità di ragionare, a causa dell’età avanzata.

È triste sentir dire questo termine contro una persona anziana…Purtroppo l’Alzheimer quando arriva prescinde da qls distinzione. Domani potrebbe colpire me o te, a caso.

La malattia colpisce la memoria e le funzioni cognitive, si ripercuote sulla capacità di parlare e di pensare. La persona affetta dal morbo manifesta stati di confusione, cambiamenti di umore e disorientamento spazio-temporale.

Rivolta ad un soggetto non anziano l’aggettivo è offensivo perché attribuisce a corta intelligenza un semplice atteggiamento di incertezza.

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Refalde

Refalde aggettivo e sostantivo maschile = falso, sleale
Persona inaffidabile, da cui è meglio guardarsi.

È capace di compiere qualsiasi misfatto pur di raggiungere il suo tornaconto.  Insomma un vero mascalzone, un furfante della peggiore specie.

Linguisticamente potrebbe derivare dall’italiano “ribaldo”, che significa proprio canaglia, delinquente, farabutto, ecc.

Il termine refalde è usato ormai solo dalle persone anziane, perché ormai è andato quasi in disuso. I giovani di oggi preferiscono un linguaggio più diretto per definire certi soggetti: strunzelöne, fìgghje de zòcchele, desgrazzjéte, tranganére, ecc.

Talora, se riferito al femminile, l’aggettivo refalde cambia il significato originario, pur rimanendo un forte dispregiativo.
Infatti indica una donna sporcacciona, trascurata, lurida, che non ha cura né della casa né di se stessa.
Le conseguenze della sua sozzura balzano evidenti agli occhi e soprattutto al naso degli astanti.
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Rebbellànde 

Rebbellànde agg. = Chiassoso, turbolento, estroverso.

L’aggettivo è riferito a persona vivace, turbolenta, allegra, che porta scompiglio. Si può anche dire rebeljiànde.

È usato anche come sostantivo per indicare la persona. Mo ce ne vöne ‘u rebbellànde = Ecco che arriva il “ciclone”

È il jolly della compagnia, un po’ matto, un po’ arruffone, decisamente simpatico, che trova sempre la maniera di ravvivare l’atmosfera da mortorio che sovente incombe su una festicciola o semplicemente sul gruppo di amici.

Deriva dal verbo rebbellé (o rebbelléje o anche arrebbellé o arrebbelléje), però con valenza positiva, simpatica.

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Rebbuscéte

Rebbuscéte agg. = Deobosciato

Si qualifica con questo termine una persona dissoluta, immorale, depravata, sciatta, trasandata, sregolata, malandata, malridotta dai vizi, … basta così?

Insomma una schifezza di uomo. Ricordate il grande Eduardo? ” voi siete…‘a schifézza, d’a schifézza, d’a schifézza, d’a schifézza ‘e ll’uòmmene!

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Rattüse

Rattüse s.m.. = Voyeur, guardone

Il lodato Vocabolario Sabatini-Coletti dice: ” Chi, per una forma di perversione sessuale, ha l’abitudine di spiare le nudità e gli atti erotici altrui.”

È un soggetto che vive di pornografia. In cima ai suoi pensieri c’è solo il sesso. Ma solo nella sua fantasia….

Sono rattüse p er esempio quei guardoni che d’estate vanno alla spiaggia a mangiarsi con gli occhi le ragazze. Non sono capaci di attaccare discorso come una persona normale. “Io con quella ragazza farei questo, farei quello…” ma alla fine non fanno nulla.

Altro esempio di persone rattüse sono quelli che vanno a spiare le coppiette nei luoghi appartati.

I soggetti rattüse si vantano (e qui bisogna fare molte riserve), di essere dotati sessualmente, e di avere un’attività erotica intensa.   Attenzione. Chi si vanta di queste cose jì tutte füme e njìnde arróste. Chjacchjere vacande!   Il volpigno invece sa tacere.

Insomma sono esseri schifosi, viscidi, vermi luridi e vigliacchi.

Per oggi basta…se no me mètte a sfelé ‘a cröne = altrimenti mi metto a sgranare la corona del rosario, ad elencare una sfilza di improperi.

Questo termine è diffuso in tutto il Sud. Non so se lo è in questa forma anche altre parti d’Italia, dove pure esistono tali soggetti.

La derivazione del termine è di dubbia origine. Rattüse potrebbe derivare dal verbo latino radere che significa sfiorare o dall’aggettivo latino rapidum ovvero veloce. (dal web)

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