Tag: aggettivo

Pruffedjüse

Pruffedjüse s.m. = Contestatore, litigioso, biasimatore, cavilloso.

Puntiglioso, testardo, cocciuto, che mostra ostinazione, caparbietà per partito preso. Anche litigioso, perché presume che solo le sue idee siano quelle valide.

Persona incontentabile, che trova sempre difetti nelle azioni e nei ragionamenti altrui. Non è costruttivo.

Insomma è meglio stare  alla larga da costui.

Deriva dal verbo pruffedjé = ostinarsi nelle proprie idee, e anche dal sostantivo pruffìdje = cocciutaggine, ostinazione, puntiglio, caparbietà.

Nulla a che vedere con il termine italiano “perfidia” con cui ha solo un’assonanza, dal significato  = malignità, malvagità, cattivera.

Vattì, ‘stu pruffedjüse, te pigghje pe chépe e mjine muzzeche, te pigghje pe cöte e mjine càvece…= Vattene via, questo contestatore: ti prendo per la testa e dà i morsi, ti prendo per la coda e sferri calci…

Al femminile fa pruffedjöse.

Sinonimi:
zellüse (f. zellöse) = cavilloso/a
mbettüse (f.mbettöse) = presuntuoso, sprezzante.
punjüse (f. punjöse)= ostinato/a, irremovibile.

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Pèsele

Pèsele-pèsele agg. = Intatto

Intero, intonso, indiviso, intatto, indenne.

Hanne sfusséte ‘u mùrte: l’hanno truéte pèsele-pèsele. = Hanno riesumato il cadavere e lo hanno trovato intatto.

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Pesciacchjére

Pesciacchjére s.inv. = Piscione/a

Persona che orina spesso e in abbondanza.

Conoscete già il termine pesciacchje = urina dl quale deriva.

Mia nonna diceva sempre: Sanda Catarüne pesciacchjére, usando il termine quale aggettivo riferito alla Santa.

La festività di Santa Caterina cade il 24 novembre, in autunno, ossia nel pieno della stagione delle piogge. Quindi associava quella data alle immancabili (o meglio: alle desiderate) piogge.

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Peccenìnne

Peccenìnne agg. = Piccolo, piccino

Di dimensioni inferiori a quella che si presume normale.

Riferito alle persone di età giovanissima. Bambini, pre adolescenti.

Al femminile fa peccenènne

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Pe-d-üne

Pe-d-üne agg. = Per ognuno, per ciascuno

Aggettivo indefinito con valore distributivo.

Dovrebbe essere pe jüne = per uno. Ma la tradizione inserisce una -d- eufonica fra le due voci: pe-d-üne.

Un po’ come fanno anche i Francesi che usano una -t- eufonica [ad esempio: forma affermativa il reste = egli resta; forma interrogativa reste-t-il? = resta lui?]. Ecco perché ho usato la grafia con la -d- com’è nella nostra parlata.

Mi viene in mente una bellissima canzone francese di Charles Trénet risalente al 1958:

“Que reste-t-il de nôtre amour?
que reste-t-il de ces beaux jours?
Une photo, vieille photo de ma jeunesse”

[Che rimane del nostro amore? Che cosa resta di quei bei giorni? Una fotografia, una vecchia foto della mia giovinezza]

Scusate la divagazione causata dal sentimentalismo personale de ma jeunesse… M’è scappato!

Ammetto anche la forma scritta pedüne, per pura comodità, tanto si legge allo stesso modo… Non mi sembra il caso di essere troppo integralisti e puristi.

Amme cugghiüte i mènele e àmme fatte tanda pedüne = Abbiamo raccolto le mandorle e abbiamo diviso tanto per ciascuno.

Fatjéme ‘nzimbre e pò facjüme tanda pedüne = Lavoriamo insieme e poi dividiamo (il compenso) tanto ciascuno

La facce jì mèzza pedüne = Condividiamo la brutta figura.
Alla lettera significa “La faccia è metà ciascuna”.
La “faccia” in questo caso fa riferimento alla locuzione “perdere la faccia” nel significato di fare una figuraccia.

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Pazziarjille

Pazziarjille agg. = faceto, giocherellone

Si riferisce a qualcuno che ama scherzare.

Reca allegria e gioia, sia davanti ad un solo uditore, sia nel mezzo di un gruppo di amici,  perché è divertente, arguto, scherzoso, pungente, brioso, e ironico. Insomma con costui non si rischia di annoiarsi.

Fortunatamente questi soggetti esistono anche nella versione femminile, e sono dette pazziarèlle.

Apprüme Giuànne jöve numónne pazziarjille: pò, döpe, ì jüte abbàscia fertüne…= Prima Giovanni era molto divertente: poi, dopo, ha avuto un rovescio di fortuna (è andato in bassa fortuna)…

Nel napoletano ‘o pazzariello è tutt’altra cosa. Tutti conosciamo quello interpretato da Totò: un imbonitore da strada accompagnato da piffero e tamburi.

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Pàcce

Pàcce agg. e s.inv. = Pazzo

Che ha perduto la ragione.

Assì pacce = Diventare pazzo, psicopatico, impazzire.

Mo me fazze pegghjé da pacce = Agisco come un folle, in modo che gli altri mi prendano per pazzo.

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Piócce

Piócce agg., s.m. = Sempliciotto, trasandato

Piócce, secondo me, è il diminutivo di Pio.
Sarebbe come dire:
Felócce = Raffaelluccio o Felicino o Felicetta;
Pavelócce = Paoluccio, Paolino.
‘Ndeniócce = Antoniuccio;
Mattiócce = Matteuccio, Teuccio;
Peppócce o Peppózze = Beppuccio, Peppino, Giuseppino:
Pascócce = Pasquina;
‘Calócce = Micheluccio, Micheluzzo, Michelino;
‘Cailócce = Michelina, Micaela. E così via.

Il nome proprio Pio era diffuso, almeno inizialmente (ora anche altrove), per lo più S.Giovanni Rotondo, e per questa stessa origine, a torto, veniva associato da noi – presuntuosi abitanti della “marina” – a un tipo un po’ sempliciotto, o trasandato nel vestire.
D’altronde questi pellegrini che si muovevano a piedi o con carretti non erano certo modelli di eleganza.
L’equazione era questa: Pio = Sangiovannaro = montagnaro = trasandato.
Quindi Pio = trasandato. Stereotipo questo assolutamente insostenibile.

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Oppüramènde

Oppüramènde agg. = Oppure, altrimenti

Parte del discorso con funzione disgiuntiva, indica un’alternativa o un’opposizione.

È rafforzata rispetto a quella della semplice congiunzione o: jüne o l’ate = Uno o l’altro.

Mi sembra un po’ una fusione di ‘oppure’ e ‘altrimenti’.

Döpe mangéte o ce jéme a coleche, o juchéme ai carte, oppüramènde ce facjüme ‘na camenéte = Dopo cena o ci mettimo a letto, o giochiamo a carte, oppure ci facciamo una passeggiata.

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Nzevüse

Nzevüse agg. = Unto

Al femminile suona nzevöse.

Non nel senso biblico di “Prescelto dal Signore”, ma proprio ricoperto da una patina di sporco, viscido, come spalmato di süve = sego.

Il termine designa altresì l’atteggiamento non proprio modesto assunto da qlc persona arrogante, presuntuosa, o altezzosa.
Deriva dal verbo nzevéje (o nzevé), = insozzare, insudiciare.

Sà lu jì, ca códde jì nzevüse = Lascialo andare (lascialo perdere), perché costui è borioso

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