Tag: sostantivo femminile

Ardüche

Ardüche s.f. = ortica

L’ortica (Urtica dioica) è un’erba infestante diffusa in tutto il mondo. “Si trova frequentemente nei terreni azotati, ad esempio tra le macerie e i luoghi incolti, vicino ai centri abitati, o nei lati più umidi e ombrosi dei boschi, dal mare alla montagna” (Wikipedia)

È un pianta erbacea della famiglia delle Urticacee con numerose specie diffuse n tutto il mondo, dalle zone tropicali a quelle temperate. Quasi tutte sono dotate di temibili peli urticanti sul fusto e sulle foglie.

Trova largo uso in erboristeria per le sue qualità antinfiammatorie e diuretiche.

Ho scoperto con raccapriccio che l’ortica è usata anche in gastronomia perché – udite udite! – alcuni la mangiano (dopo averla lessata) nei ripieni dei ravioli, nei risotti, o nel pesto con pinoli e pecorino, al posto del tradizionale basilico.

Ce la mangiàssere löre!

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Pöte

Pötes.m. s.f. v. intr.= Piede, potatura, può

1 – Pöte – al maschile significa semplicemente piede, riferito sia  a quello umano, sia a vari oggetti (pöte ‘u ljitte = piede del letto, pöte-u-vrascjire = piede del braciere, ecc.)

2 – Pöte – al femminile (‘a pöte o anche ‘a putatüre) indica l’operazione di sfrondatura delle piante coltivate (olivi o da frutta) allo scopo di accrescerne la resa.

3 – Pöte – Con lo stesso suono si indica la terza persona singolare del verbo putì, potere.  Ad esempio:
Giuanne nen pöte venì jògge= Giovanni non può venire oggi.
Mamme nen pöte mangé ‘a frettüre = mia madre non può mangiare la frittura (peccato!)

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Requèste

Requèste s.f. = Riserva, scorta

L’accantonamento si riferisce specificamente ad alimenti acquistati in sovrabbondanza per futuri utilizzi.
Ovviamente si tratta di derrate non deperibili, come legumi secchi, riso, pasta, scatolame, biscotti, farina, caffè ed altro.

La brava massaia ne tiene sempre in casa a requèste, per ogni evenienza.

A requèste un cubetto di lievito o una busta di affettati in frigo si trova sempre!

Come in italiano il sostantivo si fa precedere da una preposizione semplice ( di riserva, per scorta, in accantonamento, a deposito, in aggiunta), così in dialetto si usa la preposizione “a”: a requèste.

Ricevo dal prof.Michele Ciliberti, che qui ringrazio pubblicamente, un prezioso suggerimento sull’origine del vocabolo:
«Etimologia: dal latino re-quæro da cui anche quæstus e quæstua, con il significato di ricerca, richiesta, affare, guadagno e commercio. Mettere da parte ciò di cui si ha bisogno».

 

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Accònge

Accònge s.f. = Velo nuziale

Potrebbe somigliare al termine italiano ‘acconciatura’, ma questo indica solo pettinatura, messa in piega, taglio dei capelli.

L’accònge è il velo bianco che, opportunamente elaborato, arricchito da diademi vari, la sposa si pone sul capo per la cerimonia nuziale.

Spessissimo il velo ha una coda lunghissima, sorretta da due paggetti per non farla sporcare sul pavimento quando si avvicina all’officiante.

Più l’acconge era lunga e più destava ammirazione, specie tra le donzelle che miravano anch’esse al loro momento magico.

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Accesàgghje

Accesàgghje s.f. = Strage, uccisione, sterminio, sfacelo

Questo sostantivo è usato per lo più in forma metaforica. Insomma più che massacro, sterminio, eccidio, è usato in modo estensivo per indicare un disastro, una rovina, un grave danno.

U vjinde a Sepònde ò fatte n’accesàgghje d’àreve = Il vento, ha Siponto ha causato un’ecatombe di alberi (nella pineta).

Deriva da acciüde e acciüse = uccidere, ucciso.

Voglio scherzare riesumando – vista la somiglianza – un termine dell’italiano parlato nel 1400: uccisaglia!

L’Accademia della Crusca dice che a quell’epoca si usavano anche:

ucciderìa s.f.
uccidigione s.f.
uccidimento s.m.
uccisaglia s.f.
aucisaglia s.f.
occisaglia s.f.
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Abbunàneme

Abbunàneme s.f. = Buonanima

Allorquando, nel corso di una conversazione, si nominava una persona deceduta, si diceva abbunàneme de … = la buon’anima di… , in segno di rispetto verso l’anima del defunto.

Me so’ sunnéte abbunaneme di pàteme….
Oppure: Me so’ sunnéte a pàteme, bbunàneme invece di abbunàneme.

Perché si è usata o si usa ancora tanta riverenza verso il defunto, era obbligatorio? Al Nord dicono “il povero Tizio”, “la povera Tizia”

Questa la mia opinione (opinabile): ritenendo che l’anima della persona si trovasse alla presenza del Creatore, la nostra chiamata in causa lo avrebbe sicuramente distolto per farlo avvicinare alla vacuità delle nostre povere chiacchiere.

Ovviamente la nostra intromissione sarebbe stata inopportuna perché è irriverente verso Dio.

Al femminile suona abbonàneme o bbonàneme

Quando si nominava una persona deceduta in giovanissima età, si usava al maschile benedìtte  o al femminile  benedètte.

Döpe tand’anne, mamme pènze sèmbe alla benedetta Luciüje = Dopo tanti anni (dal decesso), mamma pensa sempre alla povera Lucia.

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Rìnje

Rìnje oppure arìnje s.f. = Origano

L’origano comune (nome scientifico Origanum vulgare, è una pianta perenne aromatica appartenente alla famiglia delle Lamiaceae (da Wikipedia).

È una pianta spontanea e infestante, che attecchisce facilmente nei terreni collinari o sassosi.

Nella cucina mediterranea si utilizza come pianta aromatica, spiluccandone le foglioline e la cima ben essiccate.

Immancabile sulla pizza, e negli intingoli di pesce o carne

L’articolo determinativo a causa dell’omofonia (la rìnje o l’arìnje) si può scrivere indifferentemente in due modi diversi  Nella frase che non richiede articolo prevale rìnje.

Per esempio: 

Accattéte l’arìnje (o la rìnje o ‘a rìnje)?
Mìtte ‘nu pöche de rìnje.

Quella raccolta sul Gargano è molto aromatica.
Nella Daunia è pronunciato arìghene,  napoletano è detta arègheta.

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Apparazziöne

Apparazziöne s.f. = Luminarie

Addobbo luminoso con cui si orna un luogo pubblico per una ricorrenza, una festa ecc.(Sabatini-Coletti).

Tecnicamente in italiano sono dette luminarie anche le luci di Natale. In dialetto l’apparazziöne è solo quella della Festa Madonne = Festa della Madonna, festa patronale.

Deriva dallo spagnolo aparar con il significato di “aggiustare; rendere uniforme, lineare; rendere più piacevole alla vista; togliere quello che è diseguale”.

Le ho sentite chiamare così da sempre. Attenti a non confondere  apparazziöne con  “apparizione”, visione.

Hanne accumenzéte a mètte l’apparazziöne = Stanno montando le luminarie.   Si approssima la Festa grande

(Foto di Chiara Piemontese-2017)

 

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Ciamarüche mósse mòdde

Ciamarüche mósse mòdde s.f. = Chiocciole (lumache) novelle

Queste chiocciole si riconoscono dalla fragilità del loro guscio dovuto alla loro  giovane età.

Questo fatto non significa che non siano buone per prepararne il tradizionale sughetto.  Solo bisogna stare attenti a maneggiarle per evitare lo schiacciamento del loro  guscio.

Si paragona scherzosamente a una ciamarüche mósse mòdde quel tipo insopportabile di adolescente schizzinosa, che non mangia volentieri quasi nulla perché ritiene qualsiasi pietanza degna della pattumiera e non del suo stomachino delicatino.

Attenti alla pronuncia delle “o” , che è stretta su mósse e larga su mòdde.

Il lettore Michele Castriotta asserisce che queste chiocciole erano conosciute in dialetto col nome di jaródde.

 

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Acquaforte

Acquaforte s.f. = Varichina, candeggina

Si tratta di una soluzione acquosa di ipoclorito di sodio, comune nelle nostre case, usato come sbiancante e disinfettante degli impianti sanitari.

Va usato con precauzione perché, se mischiato all’acido muriatico, sviluppa un gas tossico, e nemmeno con l’ammoniaca e l’etanolo perché innesca la formazione di gas irritante.

 

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