Tag: sostantivo maschile

Stùrce

Stùrce s.m. = capricci, boccacce, atteggiamento lezioso o di ritrosia.

Fé ‘i stùrce = fare le bizze o le boccacce per evitare di dedicarsi a qualcosa di faticoso e spiacevole, o anche per non ingerire una medicina amara.

A volte se qlcu mostra ritrosia ed accettare un dolcetto, una bibita, gli si dice amichevolmente: Quanta sturce! = Quante storie!

Come sinonimo talvolta si usa mòsse.

Quanta mòsse! Mange, nen facènne cumblemènde! = Quante scuse! Mangia, non fare complimenti!

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Stüpe

Stüpe s.m. = Stipo

Mobile di varia foggia e dimensioni utilizzato per riporre e conservare biancheria e oggetti di uso comune. Armadietto che si tiene fissato al muro, spec. per contenere utensili da cucina o provviste alimentari.

Può essere anche ricavato da una nicchia nella parete: ‘u stüpe a müre= lo stipo a muro, dotato di due ante a vetro e ripiani sostenuti da braccetti di legno inchiodati nei fianchi montanti.

Accr. stepöne s.m. = armadio senza specchi.
Quello di mia nonna odorava di pane.

Dim. stepètte s.m. = mobiletto pensile.
Quello di mio padre in bottega conteneva tutte le punte per il trapano, la madrevite per filettare i perni, e la filiera con i maschi per filettare i dadi.

Ero curioso, mi piaceva ficcare il naso dovunque.

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Stumbarjille

Stumbarjille s.m. = Moncherino

È il diminutivo di stómbe.

Di solito sii dice stómbe per la menomazione ad un arto inferiore e stumbarjille per quello superiore, per la dimensione minore del moncherino.

Mia moglie scherzosamente dice che se le sue operose mani  fossero state soggette ad erosione (per quanti lavori ha fatto nella sua vita) ora si sarebbero ridotte a düje stumbarjille = due moncherini!

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Stumachére

Stumachére s.m.= Emorroidi, malattia emorroidaria

Questo è un antico termine, ormai desueto, sentito casualmente dalla viva voce del noto poeta dialettale Franco Pinto, un formidabile depositario del nostro dialetto.

Molti termini dialettali si sono italianizzati perché i ragazzi di oggi sono tutti più istruiti rispetto alla generazione precedente.

Ad esempio non si dice più ‘u vóvete per indicare il gomito, o ‘u tetìgne per l’ascella.

Nel nostro caso oggi ormai tutti dicono ‘i murròjede o anche ‘i merròide

Vi rimando a Wikipedia:
“Le emorroidi (dal greco haîma , “sangue” e rhéó, “scorrere”) sono strutture vascolari del canale anale che giocano un importante ruolo nel mantenimento della continenza fecale. Diventano patologiche quando sono gonfie o infiammate, causando una sindrome nota come malattia emorroidaria, alla quale spesso ci si riferisce, nel linguaggio comune e anche nella divulgazione, sempre con il medesimo termine di emorroidi.”

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Stùdeche

Stùdeche agg. e s.m. = Stupido

Dariva dal latino stolidum, Che è tardo nel comprendere, ottuso di mente, poco intelligente.

Al femminile fa Stòdeche.

Al plurale sia stùdeche sia stòdeche restano invariati.

‘Sàtele jì quìsti stùdeche = Lasciateli perdere questi stupidi.

Quìddi döje stòdeche = Quelle due stupide.

Accrescitivo invariabile al singolare: Stùdecacchjöne s.m, s.f. = Grosso/a stupido/a.

Al plurale femminile resta ancora uguale. Al plurale maschile fa Studecacchjüne.

Stùdeche ha una valenza, se possibile, ancora più negativa del normale ‘stupido’.

Stóbbete, aggettivo inv., più moderno, acquisito dalla terminologia italiana.

Anche per questo termine esiste l’accrescitivo stubbetacchjöne, con le stesse regole grammaticali.

Curiosità: stòdeche s.f. è sinonimo di scorreggia dal suono flebile…(scusate)

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Stùdecacchjöne

Stùdecacchjöne agg-, s.m. = ottuso, lento a capire

Accrescitivo di stùdeche = Grosso stupido, quasi scemo.

Al femminile è stòdecacchjöne anche al plurale: ci accorgiamo dall’articolo se è singolare o plurale.

Al plurale il maschile è studecacchjüne.

È usato anche stubbetacchjöne, dal suono esplodente della doppia bb, per rintronare ulteriormente il poveretto che se lo sente dire:

‘stu stùbbetacchjöne!! = (Ma guarda che cosa è capace di fare) questo grosso stupido!

I ragazzi di oggi non ci mettono molto a usare un termine che fa rima con veglione. ?

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Strungöne

Strungöne s.m. = Segaccio, segone.

Grossa sega la cui lama contiene alle due estremita, fissati in appositi occhielli tubolari, due manici a verga.

Azionata a mano da due persone, specie dai costruttori di barche, serve per tagliare grossi tronchi e ricavarne assi di legno.

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Struculatüre

Struculatüre s.m. = Stropicciatoio

Asse di legno dentato per lavare i panni a mano.

Una volta le lavandaie stropicciavano la biancheria su lisce lastre di scoglio alle sorgenti salmastre del Mandracchio o alla sorgenti “San Pietro” e “Santa Maria” dietro l’edificio scolastico ex nautico (Ginnasio-Liceo) vicino alla Sirenetta.

Ammessa anche la pronuncia struchelatüre. In Calabria ho sentito pronunciare stricatùru, riferendosi al verbo streché = compiere azione di sfregamento.
Il termine deriva dallo spagnolo estrecadero

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Stróppele

Stróppele s.m. = Stroppo, stroppolo

Strano: sembra un termine tipico manfredoniano (con la ó stretta, quasi u) e invece l’ho trovato sul Dizionario Italiano di Devoto-Oli: Stroppo o stròppolo: nell’attrezzatura navale, pezzo di cavo ad anello, utilizzato per legare oggetti ai quali debba essere consentito un certo movimento: per esempio il cavetto che collega il remo allo scalmo [Lat:stroppus ‘corda’, che è dal greco stròphos]

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Strónzele

Strónzele o strónze s.m. = Stronzo

Escremento solido di forma cilindrica.

Figuratamente (volg.): persona stupida o spregevole, spec. come insulto.

Ué strónze, avvecìnete se sì capéce! = Ehi stupido, avvicinati se hai fegato.

Scherzosamente : Nen facènne ‘u strónze! = Non fare il cretino (non sgarrare)

In questi ultimi tempi, tempi di magra e di stitichezza, la parola si è ridotta a ‘u strónze, perdendo un pezzo per via…. Va bene anche così.

Ovviamente ha anche – per par condicio – la versione al femminile, pronunciato con la ò larga ‘a strònze, ed è generalmente usato dai mariti separati quando si riferiscono alle rispettive ex mogli, giusto per dire una carineria.
‘A strònze ho caccéte all’avvuchéte ca tenöve e ho mìsse a n’ate = Costei ha cambiato avvocato.

Come accrescitivo e diminutivo è corretto dire rispettivamente strunzelöne (insulto) e strunzelìcchje (fisicamente ridotto) e non strunzöne e strunzìcchje.

Dopo questa delizia mi viene a mente un proverbio napoletano: ‘O strunzo, pure si ‘o ‘mbriache ‘e rumme, nun pò deventà mai babbà. = Per quanto tu possa inzupparlo di rum, lo stronzo non diventerà mai un babà (dolce napoletano al rum).
Ossia se uno è carogna, resta sempre carogna anche se lo addolcisci in mille modi. Il Capo Uffcio è l’esempio tipico delo stronzo, che è stronzo sempre e con tutti, tranne che con i suoi lecchini, che non avvertono il fetore perché essi stessi sono stronzi, fatti della medesima sostanza. Meno male che ora il mobbing può essere perseguito per legge!

Non posso fare a meno di citare anche una famosa poesia napoletana, recitata dall’impareggiabile Aldo Giuffrè. Se non vi reca disturbo cliccate (visto l’argomento, e chiedo scusa, mi veniva da scrivere “cacate” qui!) (strunzo). Vi consiglio di aggiungere il link tra i “preferiti” di ascoltarla ad occhi chiusi, pensando intensamente alla persona cui volete dedicarla. È un vero rito liberatorio contro lo stress…

Scusate se mi sono dilungato troppo su questo fetido argomento….

Tutti sono capaci di scrivere, ad esempio:

Strónze = stronzo
Peddìtre = puledro
Cucchjére = cucchiaio.

Senza esempi e senza commenti.

Ma il nostro è un vocabolario speciale. Allora, se vantiamo lettori costanti in tutto il mondo, ci sarà pure un perché!

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