Tag: sostantivo maschile

Stére

Stére s.m. = Staio

Dal latino sextarius. Designava presso i Romani la sedicesima parte di un moggio.
Fino all’Unità d’Italia – allorquando fu obbligatorio usare il sistema metrico decimale – le misure di capacità per aridi e liquidi, di peso, di lunghezza, ecc. erano di valore variabile da luogo a luogo.

Ad esempio lo “staro” d’olio napoletano di peso pari a rotoli 10 e 1/3 (uguale a kg 9,2069707) valeva litri 10,0811. Tuttora alcuni frantoiani parlano di stére d’ùgghje quando intendono riferirsi sia al contenitore usato per misurare, sia al quantitativo di olio di 10 liitri.

Ho sentito nominare da bambino in un trappeto anche il termine quartùcce… Non ho idea di quanto valesse. Forse la quarta parte dello staio?

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Stepöne

Stepöne s.m. = Armadio

Esattamente il termine alla lettera significa ‘stipone’, grosso stipo.

In effetti si differenzia dall’armadio perché non ha alcuno specchio sull’unica grande anta.

Nello stepöne non veniva posta la biancheria ma prevalentemente il pane e anche delle bottiglie di salsa, la tovaglia di uso giornaliero per il desco, un sacchetto di farina e una mezza pezzotta di formaggio (quando c’erano….).

Questo mobile non si usa più, perché le cucine moderne componibili hanno vari comparti in cui porre le derrate alimentari, le pentole, i piatti, ecc.

Io ricordo un ineffabile profumo di pane proveniente dall’interno, quando si apriva l’anta dello stepöne per prendere o riporre qualcosa.

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Stagnére

Stagnére s.m. = Lattoniere

Che fabbrica o ripara oggetti di latta d’uso comune; stagnaio, stagnino.

Ricorre il sostantivo ‘stagno’ perché il lattoniere se ne serviva per fare le saldature o per rivestire internamente le pentole di rame o le posate di ferro.

Ora i lattonieri nel senso dell’artigiano che costruiva oliere, brocche, coperchi ed altro con fogli di latta, a Manfredonia non esistono più. L’unico stagnére superstite si occupa solo di sigillare le bare di zinco, al cimitero, prima della tumulazione delle salme.

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Staggiöne

Staggiöne s.m. e s.f. = Stagione

1) Staggiöne s.m. = Tempo della mietitura.

Proprio se si vuole specificare, parlando ai non addetti ai lavori agricoli, si dice ‘u staggiöne de l’arje, al maschile;

2) Staggiöne s.f. = Stagione estiva. La bella stagione.

I ragazzi moderni dicono con un termine italianeggiante “l’estéte”…puah!
Ma jì tànda bèlle a düce ‘a staggiöne!

‘Sta staggiöne me ne véche a Sammarchìcchje, au frìške! = Quest’estate me ne andrò a Borgo Celano, al fresco!

Me pére mill’anne ca vöne ‘a staggiöne = Non vedo l’ora che venga l’estate

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Stàgghje

Stàgghje s.m. = Cottimo; Scorciatoia;

1) Nella locuzione “a stàgghje” = a cottimo.  Deriva dal latino estalium  Cottimo, lavoro a corpo e non a misura.

“Uagnü, jògge amma fé a stàgghje! = Oggi facciamo a cottimo. Cioè, oggi c’è questo lavoro da terminare: quanto più presto lo ultimiamo, più presto saremo liberi.

2) Nella locuzione “pe’ stàgghje” scorciatoia “Mò ce menéme pe’ stàgghje….” = ora ci lanciamo per la scorciatoia.

Esiste il verbo transitivo “stagghjé” v.t. = Far perdere il taglio ad un attrezzo tagliente usandolo impropriamente.

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Squìcce

Squìcce s.f., s.m.= Goccia, schizzo, rinzaffo.

Minuscola quantità di liquidi vari. Le gocce ad uso terapeutico si chiamano come in italiano.

Credo che derivi da schizzo, nel senso di spruzzo, spruzzata, macchia, chiazza, e quindi dal verbo squiccié = schizzare.

Ad esempio la pioggia, battendo contro un vetro, lascia attaccate tante squìcce= goccioline sulla sua superficie.

‘U lastre sté chjüne de squìcce/sté squicciéte = Il vetro è pieno di goccioline/è schizzato.

È più chiaro l’esempio di un’automobile che passa sopra una pozzanghera e si riempie di squìcce = schizzi di fango, in italiano specificamente diconsi zàcchere (sté squicciéte = è inzaccherata)

Altro esempio: nel tinteggiare una parete, inevitabilmente cadono sul pavimento delle squicce di pittura.

Un ulteriore esempio di squìcce: le goccioline che, dopo l’uso, restano attaccate sulle pareti del box doccia.

Non voglio essere truculento portando ad esempio gli schizzi di sangue…

Invece mi piace presentare l’immagine delle goccioline di caffè che si spandono sulla superficie della cucina quando si alza il coperchio della moka per vedere se la bevanda è completamente uscita. Ogni volta che lo faccio io, mia moglie dice che devo farmi i fatti miei!

Che ci posso fare? Non è vero che la curiosità è femmina!

Mi è venuto a mente proprio ora che lo stesso termine, volto al maschile, ha un altro significato.

Difatti ‘u squìcce è il rinzaffo e/o l’arriccio, un termine prettamente tecnico usato in edilizia.

Mené ‘u squìcce indica un’operazione del muratore che prepara una parete liscia ad accogliere l’intonaco per favorire l’adesione della malta in verticale. È una miscela di cemento e sabbione piuttosto plastica, che con la cazzuola viene con forza sbattuta alla parete da intonacare. Insomma una prima mano che, una volta rappresa dopo qualche ora, rende il muro rugoso, un vero e proprio scheletro sul quale la seconda mano di malta trova appiglio più facilmente e migliora la sua durata.

I muratori, se non ho ricordato bene il termine tecnico, sono pregati di correggermi.

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Spruìgne

Spruìgne s.m. = Pipistrello.

Alcuni pronunciano spruvìgne.
Io preferirei prolungare il suono della «u», come se pronunciassi: spruwìgne.

Il pipistrello (Pipistrellus pipistrellus) appartiene all’ordine dei Chirotteri (chiroptera).
Mammifero notturno con arti dotati di membrana che li rende atti al volo; cieco, di abitudini notturne, si serve di ultrasuoni per individuare gli ostacoli o le prede.
Di giorno si rifugia negli anfratti, nelle grotte, nei sottotetti, ecc.

Il termine spruìgne è usato da noi, per designare una persona molto magra e tuttavia agile e rapida nel muoversi.

Madò, ‘stu uagnöne m’assemègghje  proprje a ‘nu sprujigne! = Madonna, questo bambino mi sembra proprio un pipistrello!

Il prof. Francesco Granatiero di Mattinata asserisce che spruìgne ha una etimologia latina, derivante da vespro = crepuscolo:
… “[spervinculus, metatesi di vesperinculus, dal lat. vespertilio,-onis, con scambio di suffisso]”…

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Sprevelìgghje

Sprevelìgghje s.m. = Briciola

Piccolissimo frammento di pane, biscotto o sim. Per estens., minuscolo frammento di qcs.

Scrive oil lettore Jattöne: Quando mio padre andava a scuola,passava un tizio che vendeva delle briciole in cono di carta,queste erano chiamate i “sprevelìgghje”. Questo signore la mattina presto faceva il giro dei bar e delle pasticcerie,raccoglieva tutte le briciole avanzate nei vassoi dei dolci e delle paste e li vendeva ai ragazzi davanti alle scuole in un cono di carta. Per mio padre erano una leccornìa….

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