Tag: sostantivo maschile

Pagghjére

Pagghjére s.m. = Pagliaio

In origine era un deposito di paglia dalla quale ha preso il nome.

Generalmente si definisce pagghjére una piccola costruzione rurale a secco, isolata nei campi, adibita a deposito di zappe, vanghe, aratri e altri attrezzi agricoli.
È simile ad un piccolo trullo.
I pagghjére si trovano numerosi nel Salento (detti pajaru, o pagghiaru) e nella Puglia piana.

Fungevano anche da rifugio temporaneo per i braccianti durante i lavori nei campi. Infatti fornivano un eccellente un riparo sia dalla calura estiva nelle ore più calde della giornata, e sia da acquazzoni improvvisi.

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Piócce

Piócce agg., s.m. = Sempliciotto, trasandato

Piócce, secondo me, è il diminutivo di Pio.
Sarebbe come dire:
Felócce = Raffaelluccio o Felicino o Felicetta;
Pavelócce = Paoluccio, Paolino.
‘Ndeniócce = Antoniuccio;
Mattiócce = Matteuccio, Teuccio;
Peppócce o Peppózze = Beppuccio, Peppino, Giuseppino:
Pascócce = Pasquina;
‘Calócce = Micheluccio, Micheluzzo, Michelino;
‘Cailócce = Michelina, Micaela. E così via.

Il nome proprio Pio era diffuso, almeno inizialmente (ora anche altrove), per lo più S.Giovanni Rotondo, e per questa stessa origine, a torto, veniva associato da noi – presuntuosi abitanti della “marina” – a un tipo un po’ sempliciotto, o trasandato nel vestire.
D’altronde questi pellegrini che si muovevano a piedi o con carretti non erano certo modelli di eleganza.
L’equazione era questa: Pio = Sangiovannaro = montagnaro = trasandato.
Quindi Pio = trasandato. Stereotipo questo assolutamente insostenibile.

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Nzumelìcchje

Nzumelìcchje s.m. = gruzzoletto, denaro accumulato

Piccola somma di denaro nzumeléte raggranellata nel salvadanaio.

Sommetta faticosamente .racimolata con sacrificio soldino dopo soldino, assommando tutte le monete del salvadanaio.,

L’amico Prof. Michele Ciliberti  afferma che derivi dal latino in cumulum, cioè mettere insieme, accumulare denaro .

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Nzólte

‘Nzólte s.m. = Insulto (med.)

In medicina si definisce insulto un attacco, un accesso, un’insorgenza improvvisa e violenta di una manifestazione patologica. Per esempio: un insulto d’asma, un attacco cardiaco, infarto letale.

Puverjille, ‘nu crestiéne anziéne ò ‘vüte ‘nu nzólte e l’ànne truéte mùrte ‘nde la chése = Poveretto, un uomo anziano è stato colpito da un infarto ed è stato trovato morto in casa sua.

Era usato come improperio contro qlc manigoldo cui non si poteva controbattere in altro modo. La famosa “sendènze!

T’uà venì ‘nu nzólte….t’uà venì jüne e bùne! = Ti deve colpire un attacco cardiaco! Ti deve insorgere uno solo, ma intenso!
Esiste una variante dell’anatema che non dà scampo: T’uà venì ‘nu nzólte malìgne! = Ti deve colpire un attacco cardiaco maligno, che non ti darà scampo!

Quale sinonimo le nostre nonne parlavano di delöre matröje = dolore supremo, come dire che è generato dalla madre (cattiva, la matrigna) di tutti i dolori, tipico dell’infarto cardiaco o dell’angina pectoris. Altre dicevano delöre matröne forse perché riportato male di bocca in bocca. Facile l’errore perché la pronuncia differisce solo nel finale, non accentato.

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Nódeche

Nódeche s.m. = Nodo

Legatura di due capi di una corda (o di un filo, nastro lacci ecc.), eseguita in maniera consona alla funzione che vuol si ottenere.

Al plurale è invariabile.

In marineria di sono centinaia di nodi differenti per allacciare le cime.

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Njirve

Njirve s.m. = Nervo, staffile

1) Njirve = Nervo, ciascuna delle strutture anatomiche, di forma per lo più allungata, che trasmettono gli impulsi nervosi e le sensazioni in ogni parte del corpo; veramente si dovrebbe dire ‘u nèrve al singolare (‘u nèrve ngalvacchéte = il nervo accavallato): ma come si fa a sapere quanti nervi sono interessati dall’accavallamento?

2) Njirve = Staffile costituito di tendini di bovini essiccati e intrecciati, usato per incitare i buoi al traino dell’aratro o, un tempo, come strumento di difesa;

Tenì ‘i njirve = stato di estrema tensione, ansia e inquietudine. Tutti abbiamo i nervi, anatomicamente parlando, manca il completamento “a fior di pelle”. Ma sappiamo tutti la capacità di sintesi del dialetto.

Invece per il verbo “innervosirsi” si adopera una la locuzione Tuccàrece de njirve.
Me fé tucché i njirve 
= Mi fai innervosire.
Me tòcche de njirve = Mi innervosisco.

Qualche volta ho sentito, quale commento, come una chiosa a un discorso non troppo gradito, l’interiezione: “ ..e njirve!

‘Stu presedènde ò ditte ca alla vutazöne uà vènge jìsse a forze”. “E njirve!” = “Questo Presidente ha detto che alle elezioni deve vincere lui per forza” ” Sì, lallèra!”

(Dal “Dizionario della Lingua Italiana” di De Mauro: lallèra = inter., esprime indifferenza, distacco o noncuranza, ecc.)

Talora si usa per dare dello stupido o dell’inetto a una persona. Presumo perché in una pietanza il nervetto della carne, duro, non commestibile, è inesorabilmente scartato assieme all’osso e al grasso: non serve a nulla.

Sì pròprje nu njirve! = Sei proprio un incapace!

È usato anche quale sinonimo di membro virile in erezione.

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Nirje-mànde

Nirje-mànde s.m. = Moro

Indica una persona che ha un colorito molto scuro naturale, o acquisito a seguito di lunghe esposizioni al sole. Alla lettera nero di vello, come una pecora nera.

Per assonanza somiglia al termine italiano “negromante”, che però significa indovino, chiaroveggente.

Invece la seconda parte di nirje-mànde è solo un rafforzativo. Come se si dicesse nìrje-nìrjenìrje-ncaccavüte = Nero nero, nero come pentola (da ngaccavéje), o come una pecora nera.

Veniva pronunciato con una punta di disprezzo – niente razzismo, per carità – perché quel colore era acquisito dai cafoni o dai pescatori a causa del loro duro lavoro all’aperto.

In una scala sociale, fortunatamente ora non accettata più da nessuno, i pescatori e i lavoratori della terra erano collocati tra le ultime posizioni. Il loro colore bruno li faceva risaltare a prima vista.

Un ingegnere, un artigiano, un negoziante non diventava mai nìrje-mànde, nemmeno a volerlo.

Al femminile fa nèrja-mànde.

Il prof. Michele Ciliberti  – cui va il mio ringraziamento – a proposito dell’etimologia di questo termine mi scrive:
«Non conosco direttamente l’espressione, però sono più che convinto che derivi proprio da “negromante” con il significato etimologico di “mania per l’abbronzatura”.   La prima parte nirje deriva da niger, cioè nero, mentre la seconda dal greco “mainomai” che significa essere folle, mania, avere il furore di.
Negromante, invece, deriva dal greco “necros“, cioè morto (si pensi a necrosi), e “mainomai” che significa pure indovinare, quindi divinazione mediante i morti.»

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Nìcchje

Nìcchje s.m.= Loculo

Per curiosità, loculo deriva dal latino Loculus, dimin. di locu = luogo, posto.

Nicchia interrata o murata che, in cimiteri, catacombe o altri luoghi di sepoltura, serve a contenere una bara o un’urna cineraria.

L’acquisto del loculo è diventato lo scopo principale di vita dei pensionati ultrasettantacinquenni, per il quale sono disposti a fare ulteriori sacrifici.

Uì, Mattöje c’jì accattéte ‘u nnìcchje: mò jà vedì d’accaramìlle püre jüje = Ecco, Matteo si è comprato un loculo: adesso devo vedere di acquistarlo anche io.

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Ngjinze

Ngjinze s.m. = Incenso; censo, rendita

1) “incenso” = oleoresine secrete da arbusti locali della Penisola Arabica.

Tali resine, una volta raccolte e cristallizzate, sono in grado di liberare nell’aria un forte e penetrante profumo al momento della loro combustione.

Conoscevamo fino a pochi anni fa solo l’incenso bruciato nelle chiese cattoliche durante le funzioni solenni, a simboleggiare la preghiera che si eleva verso il Creatore.

Abbiamo conosciuto anche altri tipi di incenso, venduti sottoforma di stecchetti, usati per deodorare ambienti o per creare atmosfere esotiche.

2) “rendita” = censo o censuo (dal latino Census).

Nel Medio Evo era un tributo sulla rendita, o meglio sull’usufrutto, dei terreni o degli immobili in genere.

Poi più genericamente si è identificato il termine “censo” con qualsiasi rendita, sia da interessi su capitale liquido, sia da locazioni di terreni o di case.

Quindi, la nota frase ho perse ‘ngjinze e capetéle, vuol significare che qlcu si è avventurato in un’operazione finanziaria finita male, nella quale ha perduto il capitale impiegato nonché l’interesse che sperava di guadagnarci.

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Nghjüme

‘Nghjüme s.m. = Punto di imbastitura

Punti larghi dati a mano dai sarti per tenere insieme due stoffe che successivamente dovranno essere cucite definitivamente a macchina.

Si usa un filo di cotone “da inghjemé” = da imbastire

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