Tag: sostantivo maschile

Currüfe

Currüfe s.m. = Stizza, irritazione, rabbia repressa

Moto di sdegno, causato dall’impossibilità di intervento per correggere un’ingiustizia o una mala azione perpetrata a danno proprio o di terzi.

È anche il cruccio represso di non aver conseguito o completato unìopera o un’azione secondo le proprie capacità o aspettative.    Spesso questa forte repressione, trattenuta a lungo, trova uno sfogo in uno scoppio di pianto.

Da non confondere con l’italiano “corrivo”, che significa condiscendenza.

Anche in Campania usano currivo, o corrivo con lo stesso nostro significato. A tal proposito riporto qui di seguito quello che il napoletano prof. Carlo Iandolo (1940-2016) scrisse in “Pillole linguistiche napoletane” a proposito di “currivo”:

«Accanto a un originario sostantivo sottinteso quale “impulso, umore, sentimento” ecc., ecco la probabile presenza dell’aggettivo (poi reso sostantivato) “conrosívus = incline a rodere”, usato in senso traslato. Del resto, anche la lingua italiana mostra frequenti casi di sostantivizzazione col suffisso “-ívus = volto a…, atto a…”: cfr. lemmi maschili come “distintivo, purgativo, educativo…” e specie femminili quali “aspettativa, prospettiva, corsiva / corsía…”
Anche nel nostro caso c’è la sincope, così com’è normale la trasformazione fonetica in “u” delle originarie vocali pretoniche: *curr(us)ívo > currivo = sentimento / impulso che induce al rodimento, all’ira. »

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Curlìcchje

Curlìcchje s.m. = Chiocciola di mare a torre

curlicchjeGasteropodo (CerithiumVulgatum) molto diffuso nei nostri mari. Viene spesso spiaggiato, La conchiglia a elica è molto allungata. Dà l’impressione di un fuso o di una trottola (‘u córle) da cui probabilmente prende il nome dialettale.

Comunque col nome generico di curlicchje si indicano tutte le chioccioline di mare, anche quelle commestibili.

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Cuppüne

 Cuppüne s.m. = Mestolo

Letteralmente significa un oggetto piccolo a forma di coppa.

Grosso cucchiaio spec. di metallo, di forma piuttosto incavata e fornito di lungo manico, usato in genere per travasare cibi liquidi o cremosi da un recipiente a un altro

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Cuppe

Cuppe s.m. = guadino, cono,

1) Guadino (o salabro) – retino da pesca a forma di sacco o di cono, fissato all’estremità di una pertica, utilizzata per la pesca dei molluschi in fondo al mare e talvolta per la raccolta del pesce dalle reti di maggiori dimensioni.

2) Cono – cono in genere: sia quello di cialda per il gelato artigianale, sia quelli di carta per porvi noccioline, semi di zucca, ecc.. dim. cuppetjille

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Cunzùle

Cunzùle s.m. = Pranzo funebre

Una nostra usanza è quella di preparare un pranzo per i familiari di un defunto, al termine della sua tumulazione.

Difatti essi, dopo una lunga veglia, sono tutti letteralmente sfiniti fisicamente e moralmente.

Generalmente a  organizzare questo pranzo consolatorio (da cui il nome, peraltro derivato dal latino consolor ) s.m., consolazione, conforto) provvedoono altri familiari, o vicini affettuosi, o amici stretti o tutti assieme.

Rappresenta un modo di onorare il deceduto soccorendo in sostanza e con immediatezza i membri della sua famiglia in quel momento di dolore.

Una bella ed estroversa dimostrazione di solidarietà e di umanità, sentimenti questi che, lo dico con fierezza,  al sud Italia sono ancora particolarmente diffusi.

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Cüne

Cüne s.m. = Chilogrammo

Unità di misura si peso. Simbolo universale kg.

Multipli:
cundéle (cjinde cüne)

tunnelléte (djice cundéle)

Sottomultipli
Mjizze cüne = mezzo kg
‘na quarte = (un quarto) = 250 g
‘nu quìnde = (un quinto) = 200 g
mjizze quìnde = (mezzo quinto) = 100 g = un ettogrammo
cenguanda gramme = 50 g (mezzo etto).

Se una seppiolina pesa 350 g si dice ‘nu quinde e mjizze e cenguanda gramme (calcolo mentale rapido 200+100+50)

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Cundéle

Cundéle s.m. = Quintale

Nel sistema metrico decimale, unità di peso pari a 100 chilogrammi.

Veniva chiamato anche ‘u cjinde cüne = il cento chili

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Cumblemènde

Cumblemènde s.m. = Pasticcini, contrarietà

1) Cumblemènde = I dolcetti sono intesi in modo estensivo per indicare le cibarie offerte in una festa particolarmente importante, come in un rinfresco di nozze.

Infatti la domanda Quann’jì ca ce àmma mangé i cumblemènde? = Quando ci mangeremo i pasticcini? non si riferisce certamente all’atto di assaporare pe paste, ma all’epoca della auspicata festa di nozze. Insomma la domanda diretta è: quando ti sposi?

2) Cumblemènde = ironicamente indica danno materiale o morale, grattacapo, contrarietà, ecc.

Jògge àgghje avüte ‘stu bèlle cumblemènde: ‘a vettüra sfascéte e fìgghjeme au sputéle!= Oggi ho avuto queste bel regalo: l’auto distrutta e mio figlio in ospedale!

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Cumbére

Cumbére s.m. = Compare

Nel Centro-Sud equivale a padrino di battesimo o cresima o testimone di nozze.

Figura molto rispettata, acquisito come un vero e proprio membro della famiglia.

Talvolta assume una valenza negativa perché intende indicare un socio, complice in azioni disoneste o poco pulite.

Mò vöne Mattöje e ‘u cumbére süje = Ora viene Matteo e il suo compare.

Al femminile fa cummére = madrina.

Le puerpere chiamavano sempre cummére la levatrice, quantunque non ci fosse con lei alcun rapporto di cumbarìzzje = comparatico vero e proprio. Presumo solo per una forma di rispetto.

Quando si vuole indicare che un uomo sposato ha un’amante ‘a mandenüte, si dice ca töne ‘a cummére = che ha la ‘comare’. In linguaggio giornalistico moderno si dice che costui “è legato da affettuosa amicizia”.

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Cumbarìzzje 

Cumbarìzzje s.m. = Comparatico

Rapporto, di solito molto stretto, fra il padrino di battesimo o di cresima e il figlioccio.

Nell’Italia centro meridionale cumbarìzzje è anche il legame molto sentito fra la coppia degli sposi e quella dei testimoni di nozze.

Dalla momento della cerimonia di battesimo, cresima o matrimonio e per tutto il resto della loro vita, padrini, madrine, figliocci e sposi e testimoni si chiamano fra di loro anteponendo al nome il “titolo” rispettosissimo di cumbé = compare o cummére = comare.

Jì passéte cumbé Giuànne ca te vulöve saluté = È passato compare Giovanni che ti voleva salutare.

Va d’a cummére Mariètte e addumanne se völe venì a mangé quà duméneche = Va dalla comare Marietta e chiedi se vuole venire a mangiare da noi domenica prossima.

Ce sté ‘u cumbarìzzje p’u mjizze… = C’è di mezzo il comparatico (e quindi il massimo rispetto con costui)

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