Tag: sostantivo maschile

Ciavattöne 

Ciavattöne  agg. = Pasticcione

Confusionario, arruffone, che lavora in modo disordinato e confuso.

Forse deriva da ciabattino, ossia di colui che è abile solo a riparare le scarpe, certamente inferiore all’antico calzolaio, che eera capace di confezionare scarpe su misura e lavorava di fino.

Se il ciabattino si cimentasse a confezionare le scarpe otterrebbe un lavoro acciavattéte, non rifinito.

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Ciannózze

Ciannózze s.m.= Vulva

Vedi peccjöne e sinonimi. In questo caso è al diminutivo

Simile al precedente ciannódde . Deriva da ciànne.

Vedi peccjöne e sinonimi. In questo caso è al diminutivo

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Ciamùrre 

Ciamùrre s.m. = Raffreddore, cimurro.

Accettabile anche la voce più antica ciamùrje.

Il nome deriva dal greco antico kimos = umore e reo = scorrere.

Il fastidioso raffreddore, nonostante la somiglianza del nome ciamurre con “cimurro” non prende questo nome dalla malattia dei gli animali  (Morva ), ma forse solo dalla caratteristica  estrema contagiosità di entrambe..

Tjine ‘u ciamùrre? Fàtte ‘nu belle decòtte de cambumìlle e fjüre de malve! = Hai il raffreddore? Preparati un bel bel decotto di camomilla e fiori di malva.

Era, e forse è ancora, l’unico palliativo contro questo malanno stagionale.

Ringrazio il prof. Michele Ciliberti per avermi fornito l’etimologia del termine, e il dott. Enzo Renato per le preziose notizie di carattere veterinario.

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Ciammjire

Ciammjire s.m. = Pastone, pastura

Corretta anche la versione ciammìrre, o ciammire.

Miscuglio di diversi ingredienti usato come pasto per gli animali d’allevamento.

Il lettore Luciano Nicola Casalino mi scrive:
«Ciammire, alias “lo zimbello”. Usato dai vecchi uccellatori manfredoniani (Agostino Bronzino, Andonjie “Maccarone”, “Scattazze”, “Ciocciamére ecc). Il povero volatile veniva imbragato e legato ad una asticella azionata dall’uccellatore mediante una corda. Serviva come richiamo visivo per con scopi specifici. Il termine dovrebbe significare ” si ammira/si fa ammirare”».

In ambito marinaresco si intende una poltiglia composta da interiora e da scarti di pesce che si lancia in mare allo scopo di far radunare sgombri, o altre specie di pesci di media grandezza e poterli catturare più numerosi con la rete da lancio (‘u resàcchje).  Insomma una specie di esca. Nel nord tarantino lo chiamano ggiamiélle.

In entrambi i casi di tratta di un “richiamo” per animali vivi.

Quando i pescatori vogliono descrivere un affollamento, un assembramento, dicono che le persone radunate acchessì stèvene, a ciammjire = così stavano, come stanno addossati i pesci che si radunano veloci a banchettare quando il pastone viene gettato in mare.

Nell’evidenziare acchessì = così, univano e staccavano le punte delle dita contro il pollice ripetutamente per almeno tre volte per significare la calca, uno addosso all’altro.

Una curiosità: al tempo dell’antica Roma, la poltiglia suddetta di interiora e scarti di pesce, si faceva fermentare a lungo sotto i raggi del sole.   Si otteneva una pastella molto usata per condimento. Il famoso garum, ritenuto prelibato a quei tempi.

Io penso che semplicemente faceva schifo… a meno che con la fermentazione non assumesse il profumo delle acciughe e l’agro dell’aceto. Chissà.
Ho visto in commercio una cosa simile, chiamata “colatura di alici”, ma non so com’è.

Ho assaggiato invece il “garo” calabrese, fatto di bianchetto e peperoncino, da spalmare sul pane come la nutella. Beh, questo lo raccomando anche ai delicati di stomaco.

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Ciaciùtte 

Ciaciùtte agg. e s.m.= Grasso, pingue, grosso, obeso, cicciuto.

Come sostantivo vale grassone, ciccione,: uì, mo vöne ‘u ciaciùtte = ecco, ora arriva il grassone.

Essere bene in carne una volta era segno di buona salute. Adesso l’essere solo un po’ fuori forma diventa un disagio esistenziale che ci costringe a insopportabili diete.

Come aggettivo : Jöve nu baccalà, bèlle ciaciutte = era un baccalà bello grosso

Al femminile suona ciaciòtte.

Molto spesso si semplifica in ciùtte e ciòtte.

Come superlativo va bene ciutte-ciutte, e ciòtta-ciotte.

Nella locuzione fàrece ciutte-ciutte (o ciotta-ciotte) si intende rimpinzarsi, riempirsi, ingozzarsi, abbuffarsi.

Vedi anche il simile togliersi quattro pieghe…

(foto tratta dal web)

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Ciaciàcche

Ciaciàcche agg e s.m..= Donnaiolo

I francesi dicono Tombeur de femmes, colui che fa cadere le donne.

Gaudente, donnaiolo, libertino e immorale, spende i suoi averi con donne di malaffare e in gozzoviglie.

Difficilmente si pente come il figlio prodigo della nota parabola evangelica.

Quando inevitabilmente rimane senza risorse economiche finisce come un miserabile (vedi Chiapparüne). C’jì fruscéte tutte cöse = Si è sperperato tutto quanto possedeva.

Quei parassiti, che erano stati suoi compagni di gozzoviglie, gli gireranno inesorabilmente e impietosamente le spalle.

Dispreg. Ciaciaccöne

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Ciacciógghje

Ciacciógghje s.m. = Imbroglio, pastrocchio

Inganno realizzato con subdoli stratagemmi e artifici per sorprendere la buonafede altrui.

Significa anche un lavoro fatto alla meno peggio.

Al plurale suona ciacciùgghje.

In età scolare si dice anche mamùrce

Deriva dal verbo (clicca→) ciacciugghjé. o acciacciugghjé.

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Ciaccapröte 

Ciaccapröte s.m. = Rullo compressore.

Significato letterale: schiaccia pietre. Ammessa anche la dizione Acciaccapröte (= schiacciasassi)

Macchina semovente con pesanti rulli al posto delle ruote, che schiaccia e spiana il fondo stradale.

Per un’azione più efficace esistono quelli vibranti.

Il fondo stradale così costipato chiamasi MacAdam cementato.

 

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Chjùppe 

Chjùppe s.m. = Pioppo

Maestoso albero (Populus nigra della fam.delle Salicacee) detto pioppo nero o pioppo cipressino per la sua forma alta e slanciata che ricorda i cipressi. L’albero può superare i 30 metri di altezza.

Esiste anche il pioppo bianco (Populus alba) da cui si ricava un legno di scarso pregio, usato per farne compensati o carbone. La famiglia dei pioppi conta una trentina di specie diverse.

Nell’antichità questo albero, come il cipresso, era infatti considerato pianta funeraria.

Difatti nel nostro dialetto si ricorreva a questa pianta per ricordare il luogo ove venivano portati i defunti, o più semplicemente per indicare la il sopraggiungere della morte: jerecìnne all’àreve ‘i chjùppe = andarsene agli alberi dei pioppi. Andarsene al cimitero, morire. Insomma un eufemismo.

-Jöve ‘nu mónne ca nen vöte a Giuànne…-Eh, ce n’jì sciüte all’àreve ‘i chjùppe! = È da molto (tempo) che non vedo Giovanni….Ahimè, se n’è andato fra i più.

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