Tag: sostantivo maschile

Chjómme 

Chjómme s.m. = Piombo

È un metallo tenero, pesante, malleabile. Di colore bianco azzurrognolo appena tagliato, esposto all’aria si colora di grigio scuro e rimane inalterato per sempre, perché l’ossidatura esterna protegge gli strati interni.

Usato nella marineria per zavorrare le reti da pesca.

Altri usi: munizioni per armi da fuoco, batterie di accumulatori, in lega con altri metalli, ecc.

Per antonomasia si dice: pesànde accüme ‘nu chjómme = pesante come un piombo.

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Chjìtre

Chjìtre s.m. = Ghiaccio

In effetti il sostantivo indica il ghiaccio.

Ma non quello che, triturato, usano i pescivendoli per tenere al fresco il pesce sulle bancarelle, né quello a blocchi usato un tempo dai venditori di (clicca→)  gratta-marianne.

Specificamente si riferisce al ghiaccio che si forma nelle pozzanghere nelle (rare) notti invernali particolarmente rigide. “C’jì fatte ‘u chjìtre stanotte, guarde che frìdde ca c’jì stéte!” = Si è formato il ghiaccio questa notte, figurati che freddo che c’è stato!
Ho sentito la voce verbale chjatréte = raggelato, ghiacciato.

Ho letto da qualche parte che termine deriva dal greco antico kletron = gelo.

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Chjìrecöne 

Chjìrecöne s.m.= Grossa chierica, o grossa scorreggia, o scorreggione.

Leggete il significato di chjìreche da cui questa voce deriva.

Difatti il termine chjìrecöne può definire sia una grossa chierica, sia una grossa scoreggia, e sia anche colui che non possiede alcun senso del pudore, perché libera ovunque, spesso, e rumorosamente i suoi mefitici gas intestinali. Un tipo decisamente scorreggione.

Si definisce così anche una persona presente casualmente in un gruppo, incapace di avanzare in alcun modo idee o iniziative. Inutile, insignificante. Difatti che c’è di buono in un pestilenziale peto?

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Chjìreche

Chjìreche s.m. e s.f. = Peto, chierica

Secondo il genere, maschile o femminile, il sostantivo cambia di significato.

1) ‘a chjìreche s.f. = chierica; rasatura circolare della sommità del capo portata obbligatoriamente da alcuni religiosi e, per estensione, zona calva sulla sommità del capo;

2) ‘u chjìreche s.m. = Peto, scorreggia, gas intestinale emesso rumorosamente.

Vi rimando a chjirecóne (←clicca)

Digitate nel rettangolino bianco la parola “scorreggia” e cliccate su “cerca”. Vi delizierete con tre paginette dedicate a questo argomento di carattere olfattivo…..

Volutamente qui non aggiungo alcun commento per evitare facili sconvenienze, perché io sono una personcina educata.  😉

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Chjattìlle

Chjattìlle s.m. = Piattola

Insetto parassita (Pthirus pubis) che si annida e vive fra i peli del pube,

E’ una delle tre specie di pidocchi che vivono su altre parti del corpo umano, oltre al pidocchio del corpo (Pediculus humanus corporis) e il pidocchio del capo (Pediculus humanus capitis)

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Chjarüle

Chjarüle s.m. = Schiaritore

Qualcuno usa chiamarla anche chjaródde.

I due termini, se non vado errato, dovrebbero riferirsi a quella bottiglietta di olio che i cacciatori di favolli (’i pelöse, per capirci, i granchi) portano appesa a collo.

Con l’ausilio di una penna di gallina, spargono sulla superficie increspata del mare, qualche goccia di olio per chiarire l’acqua e per vedere meglio le tane quindi stanare le pelöse.

Quindi il termine potrebbe deriva da chiaro, chiarire. Oppure da ugghjiarüle = oliera

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Chjàrfe

Chjàrfe s.m. = Sputo

Espettorato, muco, sputo “grasso” e sostanzioso.

Quando frequentavo l’autoscuola ed ero infarcito di termini motoristici, avevo osservato che l’esecuzione del ‘chiarfo’ avvenisse, scientificamente, in quattro tempi, proprio come il motore a benzina: aspirazione, compressione, scoppio e scarico.

Non fate adesso le prove però…

Si usa spesso il suo sinonimo (clicca→) rarechéte.

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Chjanùzze 

Chjanùzze s.m. = Pialla

Attrezzo da falegname costituito da un largo scalpello incastrato obliquamente in un ceppo parallelepipedo, usato manualmente per spianare e lisciare le superfici asportando materiale.

Il sottile materiale asportato dicesi vambógghje = truciolo.  Usato come esca per accendere il fuoco perché brucia facilmente

Esistono chjanuzze  di varie dimensioni e con lama variamente sagomata per ottenere effetti svariati.

Quelle fisse, professionali. di grandi dimensioni, diconsi piallatrici. Il termine nuovo è reso in dialetto-simil-italiano piallatrüce.

Nota linguistica.
Il termine, data l’azione spianatrice dell’attrezzo, deriva dal latino planus.
Vi rammento che in dialetto molte parole che iniziano con pia- diventano chia- (pianura, piazza, piove = chjanüre,chjazze, chjöve).

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Chjanjille

Chjanjille s.m. e sopr. = Pianella

Pantofola con tacco basso o priva di tacco, che lascia scoperto il calcagno. Usata generalmente in casa dalle nostre mamme durante lo svolgimento delle faccende domestiche o in cucina.

Raramente uscivano di casa con le pianelle. D’estate per andare fuori di casa calzavano i sandali.

Talvolta era usata come arma da lancio per raggiungere i figli discoli che le sfuggivano. E ci azzeccavano!

Ho appena appreso che esiste anche un soprannome Chianjille forse dal lavoro che esercitava il capostipite di questa famiglia. Una specie di ciabattino che risuolava scarpe e fabbricava pianelle

 

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Chjangöne

Chjangöne s.m. e sop. = Ciottolo.

Grosso frammento di pietra, masso, macigno. Generalmento inteso come sasso da lancio, ma va bene anche come masso per edilizia adatto a preparare un vespaio di drenaggio nelle fondazioni.

Il soprannome Chjangöne deriva dal fatto che il soggetto era di conformazione massiccia e pesante, come una roccia.

Figuratamente una pietanza indigesta che fa “peso” nello stomaco viene paragonata ad un chjangöne = macigno. Il comico Nino Frassica l’ha efficacemente definita mappazza.

Da ragazzotti avevamo battezzato “a chjangöne” una specie di tuffo dalla banchina del faro del molo di levante.

Un tuffo senza alcuna pretesa di stile olimpionico, eseguito in tre fasi:
-rincorsa,
-lancio, con raggomitolamento (rannicchiandosi e stringendo con le braccia le proprie ginocchia unite sotto il mento) durante il volo,
splash finale, come se in acqua fosse caduto un macigno che ovviamente provocava l’innalzamento di una fragorosa colonna d’acqua.

Generalmente si entrava e si sprofondava di culo, quindi senza l’impatto doloroso della spanciata… Un tuffo molto facile e divertente: lo sapevamo fare tutti!

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