Tag: verbo intransitivo

Scapparecìnne

Scappàrecinne v.i. = Fuggirsene

In siciliano, voce ormai accettata anche dal Vocabolario Zingarelli, dicesi fuitina, scappatella.

Vale qui quello che ho spiegato con menàrece jìnde, che vi chiedo di visitare cliccando qui.

La differenza tra menàrece jìnde e scapparecìnne è solo sul luogo dove si consumava l’atto d’amore, ossia se esso avveniva nel domicilio della fanciulla (jìnde = dentro casa sua) o fuori di esso, presso compiacenti ‘complici’ che fornivano loro una camera temporaneamente, fintantochè le cose si fossero appianate con il ritorno a casa dei due colombi ‘fuggitivi’.

Se pàtete nen völe, scappamecìnne! = Se tuo padre non vuole, fuggiamo via insieme!

Quando io ero proprio piccino, e sentivo che due fidanzati se ne erano scappati, immaginavo un inseguimento per le vie di Manfredonia!…Gli sposi avanti che correvano e le guardie o i genitori di entrambi dietro di loro, come nelle comiche dei film di Charlot! ? ?

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Scapezzé

Scapezzé v.intr. = Sonnecchiare

Deriva da capèzze, briglia.

Scapezzé significa propriamente scrollare il capo, come fa il cavallo quando vuole liberarsi della cavezza.

Questo gesto, trasferito all’uomo, ricorda il sonnellino “rubato” stando seduti sulla sedia, con il capo che improvvisamente cede al sonno e ciondola in avanti.

Me sò fatte ‘na scapezzéte = ho fatto una dormitina.

A volte il sonno si fa proprio recandosi a letto, non sulla sedia, come una pennichella pomeridiana. Allora assume il nome di (clicca→) fiurètte.

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Scambé

Scambé v.i. = Cessare, uscire illeso, salvarsi.

Specificamente si riferisce alle precipitazioni atmosferiche (pioggia, grandine, neve) che cessano, che hanno termine, o quanto meno che calano di intensità

Chjöve angöre? No ho scambéte = Piove ancora? No, ha cessato.

Aspettéte ca scàmbe e po’ ve ne jéte = Aspettate che cessi (la pioggia) e poi potrete andarvene.

Etimo: spagnolo escampar; latino ex-campo .

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Scacagghjé

Scacagghjé v.i. = Balbettare

Balbettare, tartagliare. Disturbo del linguaggio che si manifesta con esitazioni, interruzioni e iterazioni, dovuto a spasimo intermittente dei muscoli deputati alla fonazione.

Il soggetto affetto da balbuzie è detto:.

scacàgghje s.m. scacàgghjöne  s.m. ndartagghjöne  s.m.= Tartaglione

 

 

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Sberbjé

Sberbjé v.i. = Bighellonare

Corretta anche la grafia sbirbjé.

Gironzolare, passeggiare, girovagare, passeggiare senza dedicarsi ad un’attività utile.

Addu jì ca ve ne jéte sberbjànne? = Dov’è che ve ne andate girovagando? Andate compiendo malefatte? Andate a sfottere i passanti?

Deriva da birbante, briccone, birbone, scherzoso modo di apostrofare i ragazzini un po’ monelli. In italiano esiste il verbo birbanteggiare.

– Addj’ì ca sté fìgghjete? – Sàcce! A quest’öre ce ne vé sèmbe sbirbjànne = Dov’è tuo figlio? Non lo so? A quest’ora se ne va sempre gironzolando.

Se la figlia era femmina si chiedeva: Addj’ì ca sté ‘a fìgghja töve? / töje

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Sbaljé

Sbaljé v.int. = Sragionare

Andare fuori di testa, non connettere, parlare a vanvera, delirare.

Jöve sbaljànne accüme a ‘nu pàcce = Andava sragionando, come un pazzo.

Nella locuzione sbalié ‘u sùnne si intende: allontanare, distogliere il sonno, svegliarsi e non riuscire a riprendere sonno.
Stanòtte ‘u crjatüre m’ho fàtte sbaljé ‘u sùnne = Questa notte il bambino (lattante) mi ha fatto allontanare il sonno (dopo aver allattato non mi sono più addormentata).

Il termine deriva dallo spagnolo Desvariar = farneticare.

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Sbafàrece

Sbafàrece v.i. = Sgasarsi

Riferito a bibite gassate, che dopo un po’ di tempo perdono le “bollicine” perché l’acido carbonico aggiunto per renderle frizzanti dopo un po’ si smaltisce da sé, spontaneamente.

Cum’jì ‘sta bìrre? Stöve japèrte…C’jì sbaféte? = Com’è questa birra? (La bottiglia) era aperta… Si è sgasata?

Si usa dire anche quando si smaltisce una sbornia, per indicare che sono terminati i vapori del vino.

Meh? C’jì sbaféte a ‘mbriachèzze? = Beh? È evaporata l’ubriacatura?

Le giovani generazioni lo usano come sinonimo di mangiare, trangugiare avidamente e velocemente qlco.

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Rumanì

Rumanì v.i. = Restare

Trattenersi in un posto; fermarsi senza procedere, non stare al passo con altri.

Rumjine allà, nen ce venènne! = Resta lì, non venire
Löre ce ne sò jüte e jüje sò rumàste ‘ngambàgne = Loro se ne sono andati e io sono rimasto in campagna.

Significa anche “restare di stucco” o come dicono i giovani di oggi, “restare basito”, rimanere perplesso, sorpreso, allibito.
Sono tutti sottintesi: si dice solo il verbo rumanì coniugato a seconda delle circostanze.

Quànne me decètte ca l’jöve mòrte ‘a megghjöre jü sò rumàste! = Quando mi disse che gli era morta la moglie, restai allibito (senza parole, di sasso, di stucco, come un fesso).
Il p.p. rumaste si può anche dire rumése

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Rucelé

Rucelé v.i. e v.t. = Ruzzolare, far cadere

Rucelé v.i. = Cascare ruzzoloni, spec. se si cade dalla scala (col verbo aus. essere).
So’ ruceléte schéle schéle = Sono ruzzolato lungo la scalinata.

Rucelé v.t. = Far cadere, spingere verso il basso un oggetto tondeggiante, una botte, una balla, ecc. (col verbo ausiliare avere)

Agghje ruceléte ‘a vòtte söpe ‘i sdànghe fine abbàsce ‘u sutterrànje = Ho rotolato la botte sulle travi fin giù al seminterrato.

Usato anche figuratamente:nu penzjire me rucelöje nghépe = un pensiero mi rigira nella testa, ossia un sospetto mi sta frullando per il capo.

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