Tag: Verbo transitivo

Arrassé

Arrassé  v.t. = allontanare, distanziare, scostare.

Ho letto in un testo napoletano che questo verbo deriva  dall’arabo harasa che significa semplicemente lontano.  Tipica l’espressione campana arrassu sia = lontano sia, non sia mai!

Quindi anche i derivati  arrassé e arràsse, e (clicca qui→) daràsse  hanno una chiara etimologia araba.

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Zumbé

Zumbé v.t. = Saltare

Zómbe-zumbètte = Salta saltello, gioco fanciullesco.

Voglio divertirmi a coniugare il verbo zumbé:
Jüje zòmbe, tó zómbe, jìsse zòmbe, nüje zumbéme, vüje zumbéte e löre zòmbene.

La pronuncia delle “o” gravi o acute è essenziale per la comprensione della persona che compie l’azione.

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Zuché 

Zuché v.t. = Succhiare

Si può anche usare, come per molti verbi dialettali, la versione “prolungata” zuchéje.

Specificamente, aspirare un liquido stringendo le labbra sul punto da cui può fuoriuscire.

Zuché ‘u ciuccètte = Succhiare dal biberon.

Fà ‘u pertüse all’ùve e züche, ca jì frìške!= Fa’ un forellino al guscio dell’uovo e succhia, perché è fresco!

Il sinonimo surchié si riferisce a tirar su col naso quando si è raffreddati o quando si piange. È un atto da bimbetti non da persone ben educate.

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Vutté

Vutté v.t. = Spingere, soffiare,

1) Spingere: Esercitare una pressione su qlcu. per farlo cadere, o su qlco. per spostarla.

2) Soffiare: Emettere aria con la bocca socchiusa; spirare del vento; fuoruscire di fumo dal camino, dal vulcano, ecc.

Vutté deriva dal francese bouter = buttare, menare, riferito ad agenti atmosferici. Vòtte ‘u vinde, jogge stéme a chése = Spira il vento, oggi restiamo a casa (non usciamo a pescare).

Per il vento si usa anche il vento “mené”. Möne ‘stu sorte de vjinde! = Spira questo gagliardo ventaccio

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Vumeché

Vumeché v.t. = Schiumare

Schiumare, in italiano ha anche il significato di liberare dalle scorie, dai residui.

Nel nostro caso, appropriatamente, indica l’operazione di pulitura delle vongole o delle cozze per levare la sabbia o altre impurità dai loro gusci. Si passano sotto l’acqua corrente e si stropicciano una contro l’altra una manciata per volta.

Quann’jì ca vé a vumeché ‘i còzzele? = Quando vai a schiumare le cozze?

Non sono certo, ma anche per l’operazione di pulitura del polpo dalla sua patina viscida si usa lo stesso verbo.

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Vedegné

Vedegné v.t. = Vendemmiare

Raccogliere l’uva giunta a maturazione.

dal latino vinum = vino, uva e de imere = nel senso di togliere,levare.

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Tuzzelé

Tuzzelé v.int. = Bussare

Picchiare su una porta e simili, per farsi aprire o per annunciarsi (Sabatini-Coletti)

Esiste la variante tuzzeljé più nel senso figurato, come per dire ripetere sempre la stessa richiesta di denaro, di prestazioni, di beni.

Tuzzeljije a quèdda pòrte = Bussa a quella porta.

Evògghje a tuzzelé! Nen ce sté nesciüne! = “È inutile bussare qui! Non vi aprirà nessuno” (Toto Cutugno, “Soli”)

Si usavano le nocche delle dita per bussare. Ora si bussa a mano solo per chiedere di entrare nell’ambulatorio del medico o in un ufficio pubblico.

Una volta i portoni erano dotati di un battocchio metallico, dalle più svariate fogge, perché gli abitatori del piano superiore potessero sentire quelli che bussavano. Un ingegnoso tirante azionato manualmente riusciva ad aprire il portone senza bisogno di scendere le scale.

Poi sono stati inventati il pulsante sul portone che azionava campanello elettrico al piano e dal piano il pulsante elettrico che azionava l’apriportone. Successivamente è arrivato il citofono e il video citofono a colori…

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Trizzjé

Trizzjé v.t. = Succhiellare, scoprire le carte da gioco.

Corretta anche la pronuncia trezzjé.

Non so se in italiano esiste un verbo che corrisponda al nostro trizzjé. In Abruzzo dicono trizzicà, in Basilicata spizzicà in Campania dicono quasi come da noi: trizzià. Insomma il dialetto possiede un verbo transitivo che l’italiano forse non ha (o almeno è ignorato da me).

Il verbo riguarda il gioco delle carte.

Io provo a descrivere l’azione di trezzjé (o trizzjé) per i non avvezzi.

Si devono scoprire una per volta le carte ricevute, con lentezza e abilità, sperando di trovarvi quella favorevole al proprio gioco.

Ovviamente la prima carta è già visibile e nasconde le altre, che una alla volta verranno scoperte in un lento strip-tease mediante scorrimento della prima sulla seconda, e poi di questa sulla terza, ecc.

Perché si usa talvolta trizzjé le proprie carte? Forse per accrescere la tensione, per scoraggiare l’avversario, per stimolare l’adrenalina?

Mò m’a vògghje trezzjé ‘sta carte = Adesso mi voglio proprio gustare la scopertura di questa carta.

Nella tranquilla Canasta domestica ogni giocatore tiene in mano le carte ben scoperte verso di sé, e non ricorre a questo vezzo da incalliti professionisti.

Il dott. Matteo Rinaldi mi ha rivelato il corrispondente verbo italiano: “succhiellare”, e di questo lo ringrazio pubblicamente.
Tuttavia ritengo che il nostro trizzjé sia più accattivante, sintetico e musicale di quello corrispondente in lingua italiana.

Capita spesso!

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Travanàrece

Travanàrece v.t. = Bagnarsi completamente, infradiciarsi

Spec. quando qlcu viene sorpreso dalla pioggia senza ombrello o altro riparo, e viene investito da un temporale o abbondantemente da acqua in genere (anche da ‘nu mùgghje = un gavettone,
un’onda anomala).

Si dice c’jì travanéte = si è inzuppato completamente.

Forse deriva da trapanare, nel senso che l’acqua della pioggia inzuppa prima i vestiti e si poi s’insinua fino alla pell

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Tenìrece a…

Tenìrece a… v.t. = Trescare con…

Avere una relazione amorosa, una tresca con qualcuno/a.

Quando qlcu aveva l’amante, una volta si diceva: Ce töne a…. Oggi si dice che lui/lei è legato/a da affettuosa amicizia con lei/lui.

Domanda diretta: Ma te tjine angöre a quèdde? = Ma sei ancora legato da affettuosa amicizia con quella?

Più brutalmente l’amante (donna) era etichettata con ‘a mandenüte, la mantenuta, perché dipendeva in tutto e per tutto dall’uomo che provvedeva al suo mantenimento e alle sue necessità finanziarie. Questione di affetto o di sesso sicuro?

Rappresentava uno status sociale avere quasi obbligatoriamente, oltre alla famiglia tradizionale, anche un’amante fissa, come per dimostrare di aver larghe possibilità economiche. Tutti conoscevano la tresca, compreso i componenti del proprio nucleo familiare, e tutti facevano finta di niente. Era tollerato o ritenuto inevitabile.
Altri tempi?

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