Vótte Sabbèlle! 

Vótte Sabbèlle! loc.id. = Forza, dài, coraggio.

È certamente un incitamento, incoraggiamento, un’esortazione, ma perché usare un nome proprio?

Vado per similitudini: “Gratte, gratte Marianne! Cchiù gratte e cchiù guadagne“. Era il grido del venditore di granite ottenute raspando con una specie di pialletta un blocco di ghiaccio (detto ‘u cannùle). L’imbonitore incoraggiava sua moglie di nome Marianna. Da lì è rimasto nel dialetto il termine Grattamarianne = Granita.

Quindi potrebbe essere anche questo “grido” una sollecitazione, un pungolo usato una prima volta verso una certa Isabella, e poi ripetuto e tramandato, dimenticandoci chi era costei, e in quale occasione fu pronunciato questa esortazione.

Adesso, si dice: “Mèh, jé, spicciàmece, dàmece da fé!” = Dài, su…forza sbrighiamoci, diamoci da fare.

I Napoletani dicono: Uagliù, vuttate ‘e mmane! = Ragazzi, muovete le mani, non state in ozio.

Ringrazio Tonia Trimigno per avermiricordato questa colorita espressione.
Chiederò conferma ai miei informatori, che sono più anziani di me.

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