Mese: Maggio 2018

Sciavòrte

Sciavòrte s.f. = Agnellone

Nato di pecora che ha superato da poco l’anno di età.

Si tratta di bestia che si azzoppa e necessariamente dev’essere macellata e consumata in tempi brevi.

Non è ancora una pecora adulta, e per questo ha le carni meno tenere di quelle dell’agnello, ma sicuramente più gustose, specie se preparate a rijanéte o al ragù.

Per il fatto che la povera sciavorte  difettata non potrà essere sfruttata né per la produzione di latte, né per quella della lana (quindi praticamente inutile al tornaconto del pastore), il sostantivo nella forma aggettivata veniva usato come epiteto verso una donna poco virtuosa, svogliata e trasandata: praticamente inutile nell’economia domestica.

Allo stesso modo di quando usiamo asino o capra riferendoci a certi soggetti poco brillanti in intelligenza o in profitto scolastico.

Cungettèlle jì proprje ‘na sciavorte = Concettina è proprio una sciattona.

In questo caso è sinonimo di svertuéte (←clicca)

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Sciarabbàlle

Sciarabbàlle s.m. = Calesse

Carro leggero a trazione animale, munito spesso di un’ampia “capote” a mantice ripiegabile, per riparare il conducente e l’eventuale passeggero dal sole o dalle intemperie.

Era dotato anche di una coppia di freni, detta ” ‘a martellüne” = la martellina, azionata dal posto di guida con un’unica leva laterale.

I ceppi stringevano dall’esterno i cerchioni e rallentavano la corsa. Usato solo in discesa per evitare che il peso del calesse spingesse il cavallo in avanti e lo facesse cadere.

Il termine sciarabàlle identifica un veicolo a due ruote – a Napoli lo chiamavano sciarabballo, o anche ‘o ri’rote = il (carro a) due ruote – non è altro che la trascrizione fonetica, con lieve distorsione dovuta all’ignoranza del popolino, del francese “Char-à-bancs”, che si proncia “sciarabbànc” cioè “carro dotato di sedili a panca”.

Era costruito per il trasporto di sole persone. Sul retro e sotto il sedile c’era spazio solo per un sacco di biada e per un secchio vuoto per rifocillare la bestia durante una tappa.

Veniva usato per spostarsi dal paese alla campagna, o da una masseria all’altra.

Ovviamente era alla portata dei soli proprietari terrieri, dei medici per gli spostamenti nelle loro visite domiciliari, o dei mediatori per i loro commerci.

(Arch.fot. Manfredonia Ricordi)

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Sciapüte

Sciapüte agg. = Insipido, sciapo, privo di sapore

Riferito specialmente a vivanda preparata accidentalmente con poco sale, quindi con poco sapore.

Può applicarsi anche a persona insulsa, melensa, sciocca.

Quèdda Giuannüne jì proprje ‘na uagnöna sciapüte = La Giovannina è proprio una ragazza sciocca.

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Sciammèrje

Sciammèrje s.f. = Marsina, frac, tight

Abito maschile da cerimonia, nero, con falde a coda di rondine.

Il popolino, almeno fino agli anni ’60 lo conosceva solo per averlo visto indossato dal cocchiere ‘in alta uniforme’ alla guida del carro funebre.

‘U cucchjire pe ‘sta catòbbe e pe ‘sta sciammèrje stöve tüse tüse = Il cocchiere con il cilindro e il frac stava tutto impettito.

Infatti il volgo non era frequentatore di soirée di gran gala, o di concerti al Teatro Alla Scala, o di cerimonie mondane di qualsiasi genere.

Taluni lo pronunciavano anche sciammèreche in assonanza con Amèreche.

 Mi sono documentato!  All’origine del sostantivo c’è il nome del Maresciallo di Francia Charles Schomberg, (1601-1656) che introdusse la moda nell’uniforme militare (giacca con le code) durante la guerra in Catalogna intorno al 1650.
Durante la dominazione spagnola del Sud Italia il termine chamberga è rimasto con poche modifiche da noi e anche in altre località della Daunia.

Sciammèrje, in linguaggio gergale ormai desueto, significava avere un rapporto sessuale mercenario. 

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Sciallètte

Sciallètte s.f. = Sciarpetta, intingolo.

1 ) sciallètte = Lunga fascia di lana o di altro tessuto che si porta attorno al collo per ornarsi o per ripararsi dal freddo (Sabatini-Coletti). Una volta gli elegantoni la indossavano sotto il cappotto, in verticale dal collo in giù, senza nemmeno iaccavallarne i lembi. Ora si indossa alla meno peggio, a mio avviso in modo molto rustico e anticonvenzionale, con un orribile nodo, improponibile negli anni della mia giovinezza.

2) sciallètte, detta anche acquaséla càvete (per distinguerla dall’acquaséla frèdde) e sciallètte de purtjàlle = intingolo molto semplice.

La sciallètte era usata per inzuppare, o meglio, per ammorbidire tozzi di pane duro e vecchio. Come companatico valeva ben poco.

Suggerito dalla carenza di mezzi, consisteva in un mestolo di acqua, calda e condita con sale, che si versava in un piatto dentro cui era stato in precedenza spezzettato del pane molto raffermo e due fettine di arancia. Un filo, ma proprio un filo, di olio di oliva completava l’inusuale portata, che d’inverno rappresentava una vera e propria cena molto povera, in mancanza di altro.

Se questa sciallètte era monotonamente servita ogni sera, veniva accolta e apostrofata come sciacquapecciöne.

In Basilicata è detta “cialledda”. Presumo che abbia origine dal francese chaleur, chaud = calore, caldo.

Ora grazie a Dio, qui da noi nessuno soffre più la fame come una volta. Il pane che ora avanza viene spesso buttato nella spazzatura, perché è ritenuto “immangiabile”….e noi della vecchia generazione son sopportiamo questo scempio.

Il termine acquaséla usato all’inizio significa ‘acqua e sale’. L’acquaséla fredde era la versione estiva della sciallètte, e si compiaceva di avere, oltre all’acqua e al sale, anche una cipolla affettata che sostituiva l’arancia (purtjàlle) ed era arricchita dal pomodoro fresco affettato. L’origano era del tutto facoltativo.

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Scialepjé

Scialepjé v.i. = Parlare con blesità

Parlare con difetto di pronuncia di alcune consonanti (L, R assente o alla francese, S, SH).

Giuànne scialepejöje = Giovanni parla con difetto di pronuncia (non credo che esista in italiano bleseggiare…)

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Scialacquöne

Scialacquöne agg s.m. = Scialacquatore

Sinonimo Strusceljìre = sprecone

Spendaccione, sciupone, sperperatore, dilapidatore di patrimonio, prodigo fino a ridursi sul lastrico,“de cule,ndèrre, cioè de cule a chiapparüne” = di culo per terra, ossia di culo ai capperi.

Chiaramente a questo punto i compagni di bagordi si sono tutti dileguati….

La parabola evangelica del Figluol prodigo addita proprio lo scialacquöne per eccellenza.

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Sciaddöje

Sciaddöje s.f. = Sciatto.

Persona dall’aspetto trascurato, trasandato, disordinato. Spec. se si tratta di individuo di sesso femminile, su cui appare ancora più evidente la trascuratezza (pulizia carente, pettinatura scarmigliata e abbigliamento sbracato…puah).

Mariè, aggióstete ‘mi pöche: ‘u vüte ca assemìgghje a ‘na sciaddöje? = Maria, rassettati un po’: lo vedi che sembri una persona trasandata?

Al plurale femminile è invariato, ma al plurale maschile fa sciaddüje.

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Ho letto da qualche parte che è usato anche in Campania:  «Donna inconcludente, senza spessore, sbandata e anche sciatta e non curata…..dovrebbe venirci dal greco SKEDAO con lo stesso significato» …diventa poi SCIADDEA poi SCIARDEA”

Sinonimo: zolla-zolle

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Sciàcque

Sciàcque agg. = Guasto

eggs

Specificamente si riferisce a uova “scadute”, ossia deposte da molto tempo, riconoscibili dal rumore acquoso che emettono agitandole energicamente, come quando si sciacqua una bottiglia.

Forse il fatto delle uova “sciacque” deriva proprio da questa empirica azione di controllo che le nostre nonne eseguivano prima di acquistarle.

Luciè, nen me dànne l’öve sciàcque! = Lucietta, non mi vendere le uova scadute!

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