Garebbàlde

Garebbàlde sopr. = Garibaldi

Da noi il nome dell’Eroe dei due mondi è diventato un soprannome

Ricordo il simpaticissimo Vecjinze Garebbàlde , detto Gemì (Jimmy). Aveva un chiosco per gratta-marianne =granite, proprio sotto il castello.

Ai più aficionados dava anche un bicchiere di granita a credènze.

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Gagarjìlle 

Gagarjìlle s.m. = Elegante

Il termine, che deriva da “gagà” (giovane affettato, che ostenta eleganza e raffinatezza), era molto in voga nella moda degli anni ‘50,

Io lo ricordo bene. Quando avevo 16-17 anni, e mi vestivo con abiti appropriati per andare a ballare sulle terrazze, indossavo:

-il pantalone lungo di makò (cotone egiziano molto fine),
-la camicia bianca di nylon con gli immancabili stecchini per reggere dritto il colletto,
-la cravatta rossa,
-il gilet double-face rosso o nero,
-la giacca “a pioggia” cioè di tessuto sulla cui superficie a vista affioravano, come tanti piccolissimi nodi, tanti punti colorati con svariate gradazioni di beige.

Le ragazzotte dicevano tra di loro (ma io captavo): “Guard’a jìsse, c’jì vestüte accüme a ‘nu gagarille!”… = Guarda lui, si è vestito come un dandy!

Beh, mi faceva proprio piacere sentirlo dire…

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Fusüne

Fusüne s.f. = Anfora, giara

Grossa giara, quasi senza collo, dalla capacità di oltre 40 litri il cui nome deriva dal greco efesinon.

Usata come serbatoio domestico di acqua potabile.

Dotata di bocca larghissima per consentire di introdurre un secchiello per attingere l’acqua da bere o per la cucina, talora con manici appena accennati, e di coperchio di legno per evitare che vi entrassero accidentalmente delle impurità o della polvere.

La parte superiore era come una cupola, smaltata, e con un’apertura bordata. La parte inferiore, terracotta a vista, andava diminuendo di diametro fino alla base.

All’interno era smaltata di un bel color nocciola.

I bambini non potevano avvicinarsi troppo alla fusüne, perché c’era rischio di farla spaccare urtandola inavvertitamente con l’irruenza dei monelli vivaci.

Mi fa venire in mente il famoso divertente racconto di Pirandello “La Giara”, con  Don Lollò Zirafa e Zi’ Dima Licasi.

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Furnacèlle 

Furnacèlle s.f. = Fornacetta, barbecue

Contenitore metallico cilindrico a due piani, munito di due maniglie. 
Su quello superiore, bucherellato, o con aperture a griglia si ponevano i carboni a bruciare.
Sul piano inferiore, per caduta, si accumulava la cenere dei carboni man mano che si consumavano. 
Per consentirne lo svuotamento, la parete della fornacetta era dotata di una porticina della larghezza di una apposita paletta.
Per reggere un tegame o una padella,  sul bordo superiore erano incernierati tre occhielli di ferro a forma di goccia, che si potevano ribaltare verso l’esterno quando si caricava direttamente la graticola con gli alimenti da arrostire: carne, peperoni, seppie, sardine, baccalà, ecc..

Fatta a mano dai nostri bravi artigiani lattonieri. la furnacèlle era fissata a tre piedini di ferro ad asta, verticali, di altezza variabile.   Ora si trovano in commercio quelle prodotte delle industrie, rettangolari o quadrate. Pur assolvendo la stessa funzione, non hanno lo stesso fascino delle nostre

Per la grigliata  la furnacèlle veniva collocata dagli abitatori dei “sottani” sul marciapiede prospiciente l’uscio, per evitare troppi fumi per casa.

In compenso, per tutta la durata della cottura, essa spargeva  l’odore irresistibile delle sicce o degli sparrüne o dei pepedìnje  (seppie sparroni, o peperoni) per tutta la strada, gratificando abbondantemente i nasi fini…

Ho ricordo vivissimo di questi effluvi quando ragazzotto tornavo dalla spiaggia verso casa all’ora di pranzo,  e incrociavo lungo la strada due o tre furnacèlle che fumigavano deliziosamente, emanando dalla brace soavi fragranze di peperoni, o di agnello, o di cicale, o di sparroni, o di seppie arrosto! 

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Furmèlle

Furmèlle s.f.. = Bottone.

Piccolo oggetto di vario materiale, spec. a forma di dischetto, generalmente con fori al centro, che, cucito a un lembo di stoffa e inserito in un occhiello, serve a chiudere un indumento, un capo di biancheria (giacca, camicia, pantaloni, federe dei guanciali), e può essere usato anche solo come guarnizione.

Nei secoli passati li facevano di osso o di madreperla. Ora li fanno di plastica.

Quelle di qualità scadente erano usate come fiches nei giochi fanciulleschi (sottomuro).

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Furmechjille

Furmechjille s.m. sopr.= Formichino.

Dim. di formica. Al femminile dovrebbe fare furmechèlle . Per estensione si è passati al maschile. Era un tipo piccolo e minuto come un formichino.

Furmechjille era anche un soprannone di un barbiere di cognome Virgilio. Aveva la bottega in Corso Manfredi dove adesso c’e’ un fotografo (uno dei figli di Losciale

Ringrazio l’amico Amilcare per il prezioso suggerimento.

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Furcenèlle

Furcenèlle s.f. = Fionda ad elastici

Arnese per lanciare sassi costituito da una forcella di legno, ricavata da un ramo biforcuto, a forma di Y.
Dalle due estremità superiori partono due fettucce di elastico unite da un rettangolino di cuoio che tratteneva un sasso con gli elastici in tensione.

Un giocattolo un po’ pericoloso, perché il sasso lanciato spesso colpiva la nuca di qualche compagno di giochi…o qualche vetro di finestra colpevole di trovarsi sulla traiettoria del proiettile.

Tutta costruita a mano, si impiegavano vecchie camere d’aria tagliate a strisce e ritagli di cuoio reperiti dal ciabattino.

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Furcèlle 

Furcèlle s.f. = Forcella

Oggetto o parte meccanica formata da un’asta che si biforca in due bracci.

Noi intendiamo specificamente un ramo opportunamente tagliato e scorticato ed aveva due dimensioni standard.

Quella più piccola, di un metro circa, aveva la funzione di sollevare all’interno del pagliericcio, detto saccöne, dotato di apposite feritoie, le foglie di mais dell’imbottitura.

Quella più grande, alta anche più di due metri, per sostenere la cordicella alla quale si attaccava con le mollette la biancheria lavata a mano.

Furcèlle significa piccola forca.

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Furce

Furce s.f. = Forbice

Strumento per tagliare formato da due lame d’acciaio, incrociate e fermate al centro da un perno, lame che hanno all’estremità due anelli in cui si infilano il pollice e un altro dito della mano.

Mentre in italiano per alcuni sostantivi si usa prevalentemente il plurale (gli occhiali, le brache,  le forbici, le tenaglie, le pinze…) in dialetto si adopera sempre il singolare: ‘a fùrce.

Generalmente con ‘a fòrbece si intendeva quella da sarto o quella da barbiere, con le lame lunghe.

L’uso  italianizzato del termine fòrbece, ormai prevale sull’antica  versione furce

Si distinguono quelle particolari, secondo l’uso specifico:
fòrbece da stagnére = da lattoniere, in italiano dette cesoie, a lame larghe e dagli ampi occhielli
forbece da lettrecìste = da elettricista, a lama corta adatte anche come spelacavi
fòrbece pe puté = per potare, con una lama larga e una stretta
fòrbece pe tusé = per tosare, pervenuteci tali e quali dall’antichità, le cui lame non sono imperniate ma unite ad arco flessibile al termine dei loro manici.

Le forbicine usate nei lavori di ricamo per recidere i fili e per intagliare i centrini, o quelle per tagliare le unghie e i peli nel naso, sono chiamate in dialetto, al singolare: ‘a furbecètte.

Ricordo vivamente, quando ero in età pre-scolare, e frequentavo l’Asilo Infantile “Stella Maris”, la sorridente Suor Vincenza, che portava sempre con sé le sue forbicine, appese con una catenella al cordone che le cingeva la vita. 
Un flash-back che mi ritorna puntualmente in mente quando cerco le mie forbicine e non le trovo al loro posto

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Furbeciöne

Furbeciöne s.m. = Pettegolo

Persona che sparla dei fatti e comportamenti altrui. Di solito è un tale chiacchierone e maldicente.

Generalmente si riferisce a soggetti femminili. Vi assicuro che ci sono anche i maschietti dediti al gossip.

Se poi si mettono in due…(i famosi Furbeciüni, Franco Rinaldi e Lello Castriotta) immaginate quanti panni addosso sono capaci di tagliare!

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