Mese: Maggio 2018

Cucciarde 

Cucciarde s.f. = Allodola

Uccello di piccole dimensioni, con ha livrea grigio-bruna, becco acuto e lunga unghia posteriore, detta nel napoletano cucciarda terragnola cucciarda pugliese.

Altro nome dialettale: taragnöle 

Il nome è usato scherzosamente per descrivere o appellare qualche bambina dispettosa o imbronciata.

‘A vì, quella cucciarde! = La vedi quella dispettosa.

Il prof. Ciliberti mi specifica che a Monte S.Angelo, oltre al significato propriamente avicolo,  cucciarde (dal greco kokloux) indica la ragazza civettuola e anche pettegola.

Il nome terminante in -arde mi fa pensare a una probabile origine francese (come canard, billard, clochard, montagnard, ecc.)

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Cucchjére 

Cucchjére s.f. e s.m. = Cucchiaio

Nella forma maschile ‘u cucchjére significa semplicemente la posata da tavola costituita da una paletta concava ovale usata per raccogliere e portare alla bocca cibi liquidi o non compatti. Dim. cucchjiarüne = cucchiaino.

cucchiaio-di-legnoNella forma femminile ‘a cucchjére designa quella di legno usata per rimestare gli intingoli durante la cottura in pentola. Diminutivo: cucchjarèlle.

 

 

 

cazzuola

Indica altresì la cazzuola, arnese costituito da una lama di metallo di forma grossolanamente triangolare con un manico di legno, usato dai muratori per stendere la malta.

 

 

frattazzo‘A cucchjére amerechéne = La cazzuola americana altri non è che un frattazzo (in dialetto ‘u frajàsse) con piano di metallo, usato per stendere l’intonaco fino.

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Cucchjarèlle

Cucchjarèlle s.f. = Schiumarola

La schiumarola è un utensile metallico da cucina, costituito da una coppa o da un disco del diametro variabile fino a 26 cm, bucherellato, sulla quale è innestato con rivetti o anche saldato, un lungo manico dello stesso metallo.

È prodotta ora solo in acciaio inox. Io ricordo quella di alluminio ed era usata per lo più per togliere dall’acqua bollente i maccheroni cotti, in tre o quattro movimenti di affondo e riemersione, in modo che tutta quell’acqua rimasta nella pentola venisse riciclata per il lavaggio dei piatti.

La cucchjarèlle descrive altresì un cucchiaio di legno di fattura artigianale, lungo oltre 30 cm., usato dalle mamme in cucina per rimestare i cibi in cottura e… in casa per mazzolare i frugoletti che si comportavano da monellacci.

Anche quella della misura più piccola,per girare il sugo, dev’essere chiamata cucchjarèlle, allo stesso modo. Sarà il contenuto della frase che ci farà capire di quale tipo si sta parlando.

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Cucceljé 

v.t. = Coccolare

Vezzeggiare qlcu con l’intento di rincuorarlo, o di incoraggiarlo. Trattare qlcu in modo attento e affettuoso.

Pàteme stöve ‘ncazzéte, allöre ‘Ngiolètte l’ho cucceljéte ‘nu pöche e pò l’ho fatte trasì jind’u cìneme = Mio padre era irritato, allora Angela l’ha coccolato un po’ e dopo lo ha fatto entrare nel cinema.

Mi piace pensare che cucceljé significhi carezzare teneremante qlcu, come si fa con un cucciolo di cane.

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Cuccelìcchje

Cuccelìcchje s.m. = Bovolo, Cassidaria, Elmetto tubercolato

Con il nome di cuccelìcchje, diminutivo di cùccele si designano dei gasteropodi (Galeodea echinophora o Cassidaria echinophora), di dimensioni fino a 7 cm, vengono catturati di frequente nella pesca a strascico in tutto il Mediteraneo.

Alcuni, generalizzando, li chiamano curlìcchje, che secondo me sono dei gasteropodi più piccoli e sfinati, fino a 3 cm.

In Abruzzo e nelle Marche vengono chiamati Lumaconi di mare. Credo che il nome corretto in italiano sia Bovolo o Cassidaria. Se alcune spire presentano delle protuberanze regolari e distanziate il gasteropodo viene chiamato Elmetto tubercolato. La mia foto riprende quelli con le scanalature regolari.
Per la cronaca le ho mangiate lessate e condite in insalata di mare.

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Cùccele

Cùccele s.m. = Doglio o Elmo

Questo grosso gasteropodo appartiene alla specie detta Tonnidae (Tonna galea o Doglia galea) vive in tutti i mari caldi o temperati a profondità variabili, e fino a 600 m.

Ho sentito pronunciare anche cùcce invece di cùccele, così come avviene con còzze al posto di còzzele.

In latino vuol dire “barile” a forma di “elmo o casco”, intendendo per elmo quello romano in pelle.

Conosciuto volgarmente in altre parti d’Italia come Doglio, questo mollusco gasteropode ha dimensioni che si aggirano intorno ai 15-20 cm di diametro ma che non stentano a raggiungere in alcuni casi i 30 cm.

La sua forma anticamente, la rendeva utile come recipiente per contenere o travasare olio. Prima dell’avvento della plastica, il guscio del doglio era usato nelle nostre nonne per contenere il sale grosso.

Grande e globosa, quasi sferica, la conchiglia presenta un’apertura molto ampia e allungata verso il basso; la superficie esterna è ricoperta di grossi cordoni a spirale appiattiti; quel che ne risulta, complessivamente, è una forma insolita e molto attraente.

Sappiamo che appartiene ad una specie protetta, e se pescato va ributtato in mare. Difatti sono pochissimi dogli che si trovano al mercato, solo alcuni di piccole dimensioni restano impigliati nelle reti a strascico.

Ho mangiato da giovane gasteropodo, lessato e condito in insalata. Devo dire che non mi ha entusiasmato come gli altri frutti di mare.

(Foto reperita nel web)

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Cubbüje

Cubbüje s.f. = Cubìa, occhi di cubìa.

In italiano si pronuncia, con l’accento sulla ‘i’ come in fobia. Altri dicono cùbia, come come in rabbia.

In dialetto lo usano solo gli uomini della marineria perché è un termine specifico dell’arte navale.

Si tratta di due rilievi decorativi poste sulla murata delle imbarcazioni a proravia, vicini ai due fori creati per consentire lo scorrere della catena quando si cala o quando si salpa l’ancora.

Essi tecnicamente sono e si chiamano “occhi apotropaici” (dal greco ἀποτρόπαιος apotròpaios, derivato di ἀποτρέπω che significa allontanare), cioè che allontanano gli influssi malefici.

Questi antichissimi fregi furono usati da Egizi, Romani, Fenici e Greci in tutto il bacino del Mediterraneo. Fino agli anni ’60 erano in uso sui natanti della costa Adriatica, dalla Puglia alla Romagna, sia sui battelli da pesca, sia su quelli da carico.
Le imbarcazioni moderne, ahimé, non si fregiano più di questi simboli del passato, ritenuti forse troppo “primitivi”.

I cubbüje…il termine ha un suono che mi piace.  Le  cubie a forma di occhi, in rilievo, colorati di rosso, e fissati sulla prua dei nostri trabaccoli, esercitavano su di me adolescente un’enorme attrazione. Dopo la Messa mi concedevo una passeggiata in esplorazione o all’interno del Castello o sul Molo di Levante. Restavo a lungo a mirare questi misteriose e affascinanti cubie.

Il lettore Mario Brunetti, che ringrazio, mi scrive:
«L’occhio di cubìa è un capolavoro di funzionamento: la catena dell’ancora deve scorrere nel giusto verso senza accavallare le maglie e viceversa in risalita. In pratica è lo sviluppo di un’elica. E’ una piccola medaglia per il carpentiere che la realizza.»

Nella foto (dal wb) un antico trabaccolo restaurato all’ancora nella laguna veneta.
Le cubìe sono diventate l’emblema della città adriatica di Cattolica.

 

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Crumatüne 

Crumatüne s.f. = Cromatina. Cera per lucidare le scarpe.

Va bene anche scritto crumatïne.

La denominazione commerciale “Cromatina” dal greco χρμα –ατος = colore) diventò un nome comune per indicare il lucido per scarpe, ed era largamente usato anche in italiano.
Ora si preferisce adoperare l’aggettivo sostantivato “lucido” per designare questo prodotto.
Fino agli anni ’70 era commercializzato in pasta piuttosto solida, contenuta in scatolette metalliche rotonde, con il coperchio rimovibile.  Ricordo le varie marche dell’epoca: le più diffuse Tana e  Marga; quindi Brill, Emulsio, Ebano, Lion noir, Guttalin e Sutter, nei vari colori: nero, testa di moro, marrone, rosso, giallo.
Si applicava sulle calzature mediante una specifica spazzola

Poi fu distribuito in forma cremosa in comodi in tubetti, come quelli del dentifricio.
Ora si vende in flaconcini dotati di un pratico tampone a spugna, sotto forma di liquido speciale autolucidante.

Da non confondere con cré-matüne = domani mattina

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Crudìvele

Crudìvele agg. Difficoltoso a cuocere

E’ in contrario di cucìvele = cottoio, che si cuoce facilmente riferito specificamente ai legumi-

Non penso che in lingua italiana ci sia un aggettivo specifico che renda l’idea.

Potrebbe andare, forse, ‘refrattario’ ma così si passa alla terminologia dei fornaciai.

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Crjüse 

Crjüse agg. = Ridicolo, buffo.

Ammessa anche la pronuncia: crejüse crijüse. Al femmilile fa crjöse, crejöse, crijöse.

Simile all’italiano curioso, buffo di aspetto, strano, bizzarro. O che fa affermazioni che contrastano con le nostre (che ovviamente sono quelle giuste).

Che sté decènne, ‘u sé ca sì crjüse? = Che stai dicendo? Lo sai che sei bizzarro, strampalato?

Può designare l’aspetto non proprio da Adone di qlcu. In questo caso si usa al vezzeggiativo, quasi a scusarne le fattezze.

‘Stu giovene jì un pöche crjüsjille = Questo ragazzo è un po’ sgraziato.

L’italiano “curioso” nel senso di desideroso di sapere, o che vuole sapere ogni cosa per conoscere fatti altrui dicesi ndrjànde.

Grazie a Lino Brunetti per il suggerimento.

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