Autore: tonino

Chjandèlle 

Chjandèlle s.f. = Plantare, soletta

Sottopiede per calzature.

Le solette sono fatte di sughero, feltro, cuoio, tessuto a spugna, ecc. e vengono adoperate per agevolare la comodità delle scarpe. Esistono solette ortopediche, e in questo caso sono specificamente chiamate plantari. Esistono anche plantari con rialzo per aumentare di qualche centimetro la statura delle persone che soffrono della loro scarsa prestanza.

Presumo che chjandèlle etimologicmente derivi da chjànde nel senso di pianta del piede con cui è destinata a combaciare e soggiacere.

In gergo volgare, per lo stesso motivo, fàrece ‘na chjandelle significava (o significa ancora): avere un rapporto sessuale.

Ringrazio il lettore Amilcare Teo Renato per il suggerimento.

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Chjànda-chjande

Chjànda-chjande s.m. = Piagnisteo.

Sconforto, afflizione, cordoglio , lamento, ecc. ecc.

Madò, so stéte au funeréle: e che chjanda-chjande! = Madonna! Sono stato al funerale: e che piagnisteo!

Chjànda-chjande: il termine dà la sensazione che il pianto sia diffuso, corale, anche se non è espresso.

A volte usato figuratamente per indicare devastazione, abbandono, rovina, desolazione, ad esempio una coltivazione finita in malora per siccità o alluvione.

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Chjamjinde

Chjamjinde s.m. = Fenditura, giuntura, fuga

Si usa generalmente al plurale. Questo termine indica fra gli Artigiani l’interstizio tra due o più elemento omogenei (dello stesso tipo di materiale).

In edilizia, ad esempio, indica la fuga fra le piastrelle della pavimentazione o del rivestimento. Talora, mediante opportuni distanziatori, le fughe sono volute ed evidenziate da una colorazione più marcata per ottenere un gradevole effetto cromatico. Ora con termine tecnico preso dalla lingua italiana, si chiamano ‘i füghe = “le fughe”.

Chjamjinde sono anche le giunture “aperte” – questa volta indesiderate – fra le basole di pietra lavica di Corso Manfredi, causa di inconvenienti ai tacchi delle scarpe femminili…

Anche nei cantieri navali le giunture nelle assi di legno del fasciame sono chiamate chjamjinde.
Per quanto si montino il più possibile accostate, lo spazio tra di esse si può colmare solo con l’operazione di calafataggio.

Si riempiono le fessure con stoppa pressata e poi si ricoprono con bitume o pece in modo che lo scafo diventi impermeabile.Operazione detta calafataggio.

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Chjamatöre 

Chjamatöre s.m. = Chiamatore

Fino a pochi decenni fa, i pescatori anziani si rendevano utili – data la scarsa propensione verso una sana e lunga dormita, a causa della carenza di sonno dovuta all’età avanzata – andando a svegliare di buon’ora quelli più giovani, invitandoli a prendere il mare e rassicurandoli sulle favorevoli condizioni meteorologiche.

Meh, fìgghje, meh, ca jì tàrde! Jàvezete e va a mére ca ‘u tjimbe jì bùne! Uhé scìttete före!

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Chjalètte

Chjalètte s.m. = Tarallini con glassa ( a occhialino)

E’ un prodotto dolciario casareccio.

Sono delle ciambelline composte di farina, zucchero, uova e ricoperte di glassa. Di dimensioni minori delle scarièlle.

Sono chiamati anche taralle ‘ngeleppéte , ossia ricoperti di giulebbe (glassa di albume e zucchero).

Si può scrivere come spesso viene pronunciato, col rafforzativo iniziale: cchjalètte.

Questi dolci fanno parte della tradizione culinaria di Pasqua di tutto il Sud Italia. Alcuni, in fase di preparazione, li cospargono di confettini colorati

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Chjachjille

Chjachjille agg. = Vile

Si tratta di un termine spregiativo. Indica una persona senza valori, sleale, di poco conto, spergiuro, vile, inaffidabile, ecc. ecc.

Nel dialetto siciliano gli uomini sono classificati secondo una precisa gerarchia: ommini, mezzi-ommini, omminicchi, e quacquaracquà.
Credo che il nostro “chjachjille” corrisponde all’ultima categoria degli infami.

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Chjachjerdöne

Chjachjerdöne agg.s.inv. = Chiacchierone/a, loquace

L’aggettivo è riferito a persona loquace, querula, che parla molto e volentieri. Caratteristiche stimate generalmente in negativo.

Il sostantivo invariabile indica la persona con queste “simpatiche” prerogative.

Il diminutivo è chjarchjolle

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Chjachjaròsche

Chjachjaròsche s.f. = Escremento animale.

Specificamente la cacca dei topi, nera e tondeggiante, o quella delle mosche attaccata ai vetri.

Anche quella degli ovini che rimane attaccata alla loro lana, quantunque abbia un nome specifico (vedi: il sinonimo tròzzele).

Per estensione qls macchia vistosa su indumenti da lavoro (grembiuli, tute, ecc.)

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Chjàcchjere nen ce ne vònne

Chjàcchjere nen ce ne vònne loc.id. = Verità sacrosanta.

Il nostro conterraneo Lino Banfi dice simpaticamente: “una parola è poca e due sono troppe”.

Noi ricorriamo a “chiacchiere non occorrono”, perchè già si è detto tutto e sarebbe del tutto inutile aggiungere anche una sola parola.

‘Ndànde ‘Giuànne ò vìnde e chiacchjere nen ce ne vònne = Intanto Giovanni ha vinto (la partita a carte) e non c’è altro da aggiungere, perché la posta è legittimamente sua…

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Chjacchjere mòrte

Chjacchjere mòrte loc.id. = Ciance, Parole parole parole…

Quando si ascoltano tante belle parole, tante promesse che non verranno mantenute, come le promesse elettorali, si classificano come chiacchiere vuote, morte, che non arrecano alcun beneficio reale, né ora né mai.

A volte quando qlcu minaccia o riferisce guai in arrivo da parte di terzi, lo si rimbecca classificando le sue come chiacchiere morte.

Va bene anche la locuzione chjàcchjere vacànde = parole vuote.

Che ste decènne? Quìste so’ chjàcchjere vacànde! = Che stai dicendo? Queste sono ciance.

Ringrazio l’assiduo lettore Michele Murgo per lo spunto fornitomi.

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