Mjizze-quìnde

Mjizze-quìnde s.m.  = Ettogrammo

Letteralmente significa mezzo quinto, ossia un decimo (di chilogrammo o di litro).

Si usa anche dire mjizze quìnde per etichettare una persona minuta, gracile, con voce querula e scarsa.

Insomma una cosina di poco peso.

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Mjizze-cüne

Mjizze-cüne s.m. = Mezzo chilo

Nel sistema metrico decimale è una unità di peso sottomultiplo del kg, del valore di 500 g

Se una seppiolina pesa 350 g si dice ‘nu quinde e mjizze e cenguanda gramme (calcolo mentale rapido 200+100+50).

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Miškammìške

Miškammìške s.m. = Miscuglio, accozzaglia, guazzabuglio

Mescolanza confusa e disordinata di elementi disparati.

Per estens.: insieme di persone di condizione, di estrazione differenti.

Figuratamente: accostamento, mescolanza disordinata e confusa di concetti o idee contrastanti.

Agghje accumenzéte a parlé e pò agghje fatte ‘nu miškammìške… = Ho cominciato a parlare, e poi ho detto un guazzabuglio di idee disordinate.

Deriva dal verbo Mešké (o meškéje): mettere insieme, combinare, fondere, miscelare, mescere, mescolare.
Alla lettera: mischia-mischia.

Nota linguistica:
Il segno š – usato nell’alfabeto dagli Scandinavi (es. Škoda), ha il suono dell’italiano sc(di scena, non di scarpa). I Francesi lo rappresentano con ch (change), i tedeschi con sch(schnell), gli Inglesi con sh (sheriff).

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Miseröre

Miseröre s.m. = Miserere

Si tratta dell’incipit del Salmo di Davide n. 51, un salmo penitenziale molto sentito dai fedeli anche dai non cattolici.
Miserere mei Deus secundum magnam misericordiam tuam” (“Pietà di me, o Dio, secondo la tua grande misericordia”).

La tradizione cristiana pone questo Salmo nella veglia funebre e nella liturgia dei Defunti.

Nella prima metà del scorso, data l’ignoranza del volgo, questa parola era intesa come indicativa dell’ora della morte.

Quando qualcuno era in fin di vita lo si descriveva colpito dal “miserere”.

Madonne möje, coddu pòvere Mattöje, nen ge pötete cchjó arrecògghje sté p’u Miseröre! = Madonna mia, quel povero Matteo non riesce a riprendersi da questo male!

Talvolta, non solo a titolo di cronaca, si usa il termine miseröre per indicare che qualcuno è già passato a miglior vita.

Infatti se si augura la morte di qualcuno – cosa abominevole in ogni caso, anche se questi fosse il nostro peggior nemico – gli si lancia l’improperio:
T’àgghja venì a candé ‘u Miseröre! = Verrò io a salmodiarti il Miserere [sopra la tua bara, come fa l’officiante prima della sepoltura della salma….]

Lo so che ci gratificherebbe talora lanciare questa invettiva verso qualche specifica persona, augurandoci di vederla in posizione orizzontale, ma non si fa!

Con questo termine si designava anche una malattia dolorosissima e spesso mortale, un tumore o una  occlusione intestinale. Insomma non c’era nulla da fare se non salmodiare il Miserere.

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Mìgghje

Mìgghje s.m. = Miglio

Unità di misura di lunghezza in uso fino all’introduzione del sistema metrico decimale, avvenuto con l’unità d’Italia nel 1861.

Ora viene usato solo in marineria o in aviazione per definire le distanze.

Per una forte assonanza, al posto di “veglia”, viene usato erroneamente nella locuzione tra mìgghje e sùnne = fra veglia e sonno, nel dormiveglia. Anche perché non esiste in dialetto il corrispondente originale di “veglia”. Più verso gli anni ’50 si coniò “vegliöne” sull’onda delle manifestazioni carnevalesche. Ma è un termine importato dall’italiano.

Aspetto eventuali precisazioni per migliorare la trattazione di questo termine.

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Mìcule

Mìcule s.f. = Lenticchia

Lenticchia (Lens culinaris); è una leguminosa nota sin dall’antichità, e appartiene alla famiglia delle Fabacee.

Sulla scorta del latino lenticula, significa piccola lente.

È una dicotiledone annuale. I frutti sono dei baccelli che contengono due semi rotondi appiattiti, commestibili, ricchi di proteine.

Rinomate quelle di Castelluccio di Norcia, sui Monti Sibillini, in Umbria.

Parola quasi in disuso, usata solo da persone ultra settantenni. Ora si dice lendìcchje, quasi come l’italiano.

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Mezzéne

Mezzéne s.f. = Triglia

Pesce del Mediterraneo (Mullus surmuletus), di colore rosso, pinne dorsali corte ed è ricercato per la bontà delle sue carni.

Riporto i nomi attribuiti alle varie varie dimensioni delle triglie, in ordine crescente, dalle più piccole alle maggiori:

Justenèlle pl. inv.
Mezzéne pl. inv.
Trègghje pl. inv.
Tregghjelöne, pl. Tregghjelüne

La grandezza dipende ovviamente dall’età dei Mullus surmuletus. Le triglie, di qualunque dimensioni, sono sempre e comunque squisite.

Buon appetito.

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Mezzanüne

Mezzanüne s.m. = Soppalco

Locale ricavato suddividendo orizzontalmente un ambiente di notevole altezza.

Si tratta di un sottotetto, un controsoffitto, generalmente un piano di legno sostenuto da travi, costruito all’interno di una stanza dal soffitto particolarmente alto, in modo da ricavare una superficie da adibire a deposito. Si accedeva da una scala esterna a pioli

Se lo spazio era abbastanza alto, e il soppalco diventava abitabile, e accoglieva un letto per l’ ospite inatteso.

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Mezzanöne

Mezzanöne top. = Borgo Mezzanone

Enclave manfredoniana in territorio di Foggia.

Borgo sorto ad opera dell’Ente Riforma Fondiaria nell’immediato dopoguerra.

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Mezzanèlle

Mezzanèlle top. = Mezzanelle, terreni tra il monte e il piano.

Toponimo indicante il territorio in pendenza da Via Barletta alle pendici del Gargano sotto Pulsano.
Per secoli sono state invase da piante di fichidindia. Usato anche come pascolo. Terreno sassoso e roccioso, che non consentiva altro tipo di coltivazione.

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