Tag: aggettivo

Accadènte

Accadènte agg. = Appropriato

Che cade a proposito, adatto, opportuno, azzeccato, attinente.

Può essere accadènte una dichiarazione o una risposta in tema, un vestito ben cordinato con scarpe, borsetta, pettinatura, ecc.

Per il contrario esiste il simptiiicissimo scucchiande.

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Abbunéte

Abbunéte agg. = Ingenuo, bonaccione

Detto di chi è eccessivamente ingenuo, sì da sembrare di poco senno.

Che non ha malizia, che agisce con ingenuità, semplicità, dabbenaggine, alla buona.

Ovviamente da non confondere da chi è abbonato a un giornale o alle corse degli autobus.

Per evitare confusione suggerisco la locuzione: tenì l’abbunamènde au..giurnéle, au tröne, alla cerculére = Aver l’abbonamente al..giornale, al treno, alla circolare.

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Acciuppenéte

Acciuppenéte agg. = Paralizzato, immobile

Accettabile anche la versione acceppenéte

L’aggettivo si riferisce a persone che non possono muoversi autonomamente, e vivono purtroppo sempre a letto o sulla sedia a rotelle.

Sògreme sté acceppenéte ‘nda ‘nu ljitte e ce so’ japjirte i chjéje! = Mia suocera è immobile in un letto e le si sono aperte le piaghe da decubito.

Deriva dal verbo acciuppenàrece= diventare come un ceppo, duro e immobile.

Talvolta usato dalle nostre mamme come iperbole per indurci a frenare la nostra esuberanza.
Stàtte ‘nu pöche acciuppenéte söpe a ‘sta sègge! = Stai un poco fermo e seduto su questa sedia!

Il prof Ciliberti, cui va il mio ringraziamento, mi fornisce l’etimologia: proviene dal latino “ad cippum“, cioè “stare al ceppo” legato e immobile ad un palo, ad una colonna. Molti condannati venivano legati a una colonna ed esposti al pubblico ludibrio.

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Ammurechéte

Ammurechéte  agg. = rauco, roco

Colpito da raucedine, alterazione della normale voce, ove appare aspra e stridula o bassa e cavernosa, tremolante, oppure con un tono più alto o basso (da Wikipedia).

Alcune volte è causata da raffreddori stagionali. Con le bevande calde e con la permanenza in ambiente caldo si risolve in poco tempo.

Altre volte è la  conseguenza di grida incontrollate lanciate al campo sportivo per incitare i propri favoriti o …. per inveire contro le sviste dell’arbitro, notoriamente cornuto!!!

il Prof. Raffaele Stranieri, calabrese, asserisce che il termine deriva dal greco bragcos, bran’cos oppure brekhòs.  Difatti nel suo dialetto si dice abbraghatu.

Altri ritengono che derivi dal latino raucus, ab raucatus

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Nzìste

Nzìste o anche, con termine più antico, Ndìste.  agg. = Vivace, attivo, ingegnoso.

L’aggettivo è attribuito alla persona che usa proficuamente la sua intelligenza, la sua capacità risolutiva, la sua dinamicità

La sua valenza positiva desta sicuramente molta ammirazione.

E mmò lu frjiche a Giuànne! Códde jì acchessì ‘nzìste! = Non è per ora che(difficilmente) riuscirai a raggirare Giovanni. Costui è così sveglio e abile!

Nel dialetto napoletano invece si indica con “Ommo ‘nzisto” una persona spavalda, prepotente.

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Zìnghere

 Zìnghere o zìngre s.inv., agg = Zingaro

Oltre al significato tradizionale di girovago,  nel nostro dialetto assume una valenza molto negativa.

Se una persona viene definita zìnghere, zingaröne, significa che è capace di creare dissidi tra famiglie rapportando ora a una, ora all’altra, fatti travisati o inventati di sana pianta.

Insomma fa zingramjinde o zingarüje = contrasti, pettegolezzi intricati, noiosi, e dannosi.

Quèdde jì ‘na zìngre!= Guàrdati da costei, non confidarti con lei,  perché è una persona ingannevole e menzognera, capace di farti trovare al centro di una bega.

Il suo difetto minore è la sua riconosciuta trascuratezza nel vestire.

Te sì vestüte accüme a ‘nu zìngre = Ti sei abbigliato come uno zingaro.

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Zumbafùsse 

Zumbafùsse agg. = Saltafosso.

È un agettivo scherzoso per definire un pantalone troppo corto rispetto alla lunghezza delle gambe della persona che li indossa. Quindi pantalone corto sì, ma non nel senso di pantaloncino.

‘U cavezöne a zumbafùsse = Il pantalore a mezz’asta.

Succedeva quando i ragazzi adolescenti crescevano rapidamente, e i loro pantaloni dell’anno precedente purtroppo non crescevano anch’essi in lunghezza.

In ristrettezze economiche o lo si passava al fratello minore, o lo si lasciava indossare ancora una stagione in modo da farlo logorare completamente .

Quindi gli adolescenti della mia epoca e delle precedenti avevano molto spesso i pantaloni a zumbafùsse.

Qualcuno, ricordando un certo Raffaele, detto Lallüne, che portava perennemente i pantaloni in cotal guisa (vi piace cotal guisa? eh eh eh…), ha definito lo stile “a mezz’asta” con questo nome, che forse è ancora usato ai giorni nostri: ‘U cavezöne alla Lallüne = Il pantalone alla maniera di Raffaele.

Anche le mutande da uomo con la gambetta (ora si chiamano box) scherzosamente erano chiamate‘u cavezunètte a Lallüne = La mutanda (alla maniera di) Raffaele.

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Zóppe-zóppe

Zóppe-zóppe agg. = Intriso, inzuppato, fradicio

Riferito a persona che si è bagnata perché sorpreso dalla pioggia mentre era privo di qls riparo, oppure intrisa di sudore.

Madò, sté zóppe-zóppe de sedöre! Vàtte müte! = Madonna, sei tutto madido di sudore. Va a cambiarti!

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Zòlla-zòlle

Zòlla-zòlle agg. = Trasandato.

Segno di evidentissima ineleganza, riconducibile al  forzato “casual” degli anni ‘30, quando la miseria non consentiva di vestirsi in modo decente.

Per esempio, si diceva Giuà, te sì vestüte accüme a ‘nu zolla-zolle = Giovanni, ti sei vestito come un barbone!

Ossia con abiti raccogliticci, la giacca di un colore, i pantaloni di un altro, le scarpe di un altro ancora….  Era normale che gli indumenti dei fratelli maggiori passassero in riciclo a scalare, rattoppati fino al loro completo disfacimento, ai fratelli minori.

Mi viene un sospetto: che si tratti di un soprannome, e non di un aggettivo, perché mi ricordo anche che si diceva:”…accüme a Zolla-zolle”, non solo “…accüme a ‘nu zolla-zolle”

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Zìcche-zìcche

Zìcche-zìcche agg. = Preciso, esatto.

Della misura precisa, che ha giustezza ponderale, cromatica, dimensionale rispetto ciò che ci si aspettava.

Me sò museréte i scarpe töje, e me vanne zìcche-zìcche = Ho misurato le scarpe tue, mi calzano a pennello.

Va bene anche detto ironicamente quando qualche sciocco si paragona ad altri che hanno doti chiaramente più eccelse.

Je sacce candé téle e quéle a Pavaròtte! – Sì. Zìcche zìcche, nen te manghe njinde… = Io so cantare proprio come Pavarotti! – Sì, nello stessa maniera, non ti manca niente…

Il prof. Michele Ciliberti  dice che l’etimologia è dal latino sic sic, cioè “così così”!

Nota fonetica:
La “z” va pronunciata sorda (come marze = marzo) e non sonora (come zöre = zero). Vedi la differenza di pronuncia tra zìcche-zìcche e ‘nzìcchete-‘nzìcchete.

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